L’iniziativa è stata presentata ieri a Roma con l’obiettivo di promuovere l’uso sostenibile ed efficiente del suolo e delle sue risorse. Capofila del progetto: Legambiente, Ispra, CIA Agricoltori italiani, CCIVS, Crea, ERSAF, Politecnico di Milano, Comune di Roma e Zelena Istria.
Una rete di soggetti europei che vedrà lavorare insieme partner italiani, francesi e croati in una corsa contro il tempo. Il tema del consumo di suolo, studiato a livello multidisciplinare già a partire dagli anni Settanta, è tornato ad imporsi oggi con improrogabile urgenza non solo per le implicazioni ambientali (in termini di distruzione del paesaggio agrario, di equilibrio idrogeologico, di alterazioni climatiche), ma anche per la crisi energetica ed economica di portata internazionale che impone un ripensamento degli attuali modelli di sviluppo.
Il progetto SOIL4LIFE, cofinanziato dalla Commissione europea, vede coinvolti associazioni ed enti di ricerca uniti dalla convinzione che il suolo vada preservato con azioni e politiche sempre più concrete, supportate da analisi e studi capaci di predisporre le informazioni necessarie agli interventi, anche normativi, per contrastare il consumo e il degrado di questa fondamentale risorsa naturale non rinnovabile.
Si tratta di un vero e proprio impegno, sottoscritto dall’Unione europea e dall’Italia al tavolo delle Nazioni Unite aderendo agli obiettivi globali di sostenibilità, a fare tutto quanto compete affinché, entro il 2030, vengano aumentati gli sforzi per combattere il degrado del suolo. Per questo il focus del progetto Soil4Life è rappresentato dall’implementazione nazionale e dalla comunicazione delle linee guida per la gestione sostenibile dei territori.
Nulla da dire sul fatto che il suolo sia una risorsa fondamentale. Per sua natura al centro di un sistema di relazioni tra uomo e cicli naturali che assicurano il sostentamento della vita. Esso non è solo riserva di biodiversità, ma anche base per la produzione agricola e zootecnica, per lo sviluppo urbano e degli insediamenti produttivi, per la mobilità di merci e persone, per il benessere ed il godimento dei valori estetici. Tuttavia è ormai noto che, soprattutto a causa delle attività antropiche e delle scelte di uso poco sostenibili, il consumo di suolo avanza e continua a generare la perdita irreversibile di preziose risorse ambientali e funzioni ecosistemiche, influendo negativamente sull’equilibrio del territorio, sui fenomeni di dissesto, erosione e contaminazione, sui processi di desertificazione, sulle dinamiche di trasformazione e sulla bellezza del paesaggio. Tutto questo porta all’impoverimento della biodiversità e della produttività, compromettendo altresì la disponibilità di risorse fondamentali per lo stesso sviluppo della nostra società.
Il progetto SOIL4LIFE muove dall’importanza che il suolo riveste nella lotta ai cambiamenti climatici, che sono anche una minaccia per la sicurezza alimentare e per altri equilibri fondamentali. Bastano alcuni dati per comprendere pienamente la dimensione del problema: nei suoli del pianeta sono stoccati 1.550 miliardi di tonnellate di carbonio, una quantità pari a ben sei volte l’aumento della CO2 atmosferica dall’epoca preindustriale ad oggi. Questo significa che uno squilibrio a livello globale della biochimica del suolo è in grado di moltiplicare gli effetti del cambiamento climatico per come li abbiamo conosciuti fino ad ora, ma anche che, per contro, una buona gestione di coltivazioni, pascoli e foreste può dare un grande contributo allo sforzo globale di riduzione delle emissioni climalteranti, permettendo di sottrarre all’atmosfera enormi quantità di carbonio.
Per il nostro Paese questo significa affrontare due grandi emergenze: mettere un freno al consumo indiscriminato di suolo e sviluppare un’efficace politica di orientamento rivolta al settore agricolo.
Sul fronte della riduzione del suolo libero, siamo davanti ad un fenomeno che non accenna a fermarsi e che porta con sè conseguenze spesso irreparabili. A confermarlo sono gli ultimi dati di Ispra, che attestano il consumo di suolo nel 2017 su una media di 15 ettari al giorno, ovvero 54 chilometri quadrati all’anno.
Una trasformazione di poco meno di 2 metri quadrati di suolo che, nell’ultimo periodo, sono stati irreversibilmente persi ogni secondo.
Dagli anni ‘50 al 2017 la copertura artificiale del suolo è passata dal 2,7% al 7,65% (+180%), intaccando ormai 23.063 chilometri quadrati del nostro territorio.
Per dare una dimensione concreta del problema, attraverso i dati di dell’Ispra è possibile vedere la situazione in Lazio e in Lombardia.
Nella prima delle due regioni, nel 2017, risultava coperto suolo per 144.583 ettari (l’8,4% del totale), mentre nella seconda il consumo arrivava a 310.156 ettari (il 13% del totale).
Il confronto tra le due aree regionali in sé direbbe poco, in quanto si tratta di realtà che sviluppano contesti profondamene diversi. A questo punto può essere utile osservare come siano avvenuti gli incrementi del consumo di suolo più recenti, quelli misurati tra il 2016 e il 2017, in rapporto ai bilanci demografici. In tal senso il valore, espresso in rapporto alla popolazione, si traduce in un aumento di suolo impermeabilizzato pari a 0,53 mq/ab in Lazio e a 0,60 mq/ab in Lombardia. Valori non molto differenti, se non per un dato (non proprio trascurabile): la Lombardia lo scorso anno ha avuto una crescita di consumo di suolo in presenza di un aumento di abitanti (+17.092), mentre in Lazio si è consumato suolo a fronte di una popolazione in lieve calo (-1431 abitanti).
In altre parole, è come se in Lombardia fosse sorta dai campi una nuova cittadina di 17.000 abitanti, mentre nel Lazio ne fosse sorta un’altra, ma fatta solo di case, senza abitanti.
Facendo poi il punto sulle rispettive città metropolitane, Roma lo scorso anno ha visto crescere il consumo di suolo di 102 ettari, mentre Milano ha avuto un aumento di 121 ettari.
Nel confronto pro capite, questi dati si traducono in una crescita di 0,23 mq/abitante di consumo di suolo nella città metropolitana di Roma, e di 0,37 mq/ab in quella di Milano: una notevole differenza, in parte spiegabile con gli andamenti demografici: nella metropoli romana la popolazione ha avuto un lieve incremento (+1987 abitanti), mentre in quella milanese l’aumento è stato di 16.457 abitanti.
Se si considera per entrambe l’aumento di consumo di suolo, nel solo territorio comunale, vediamo che Roma ha consumato 36 ettari (incremento procapite pari a 0,13 mq/ab), mentre Milano ha consumati 19 ettari (+0,14 mq/ab). Rispetto all’andamento demografico vediamo che a Milano la popolazione da anni in crescita, +14.618 abitanti negli ultimi dodici mesi, mentre a Roma è stazionaria (dal 2017 ad oggi -694 abitanti). La crescita di consumo di suolo, insomma, è ormai slegata dall’aumento dei fabbisogni abitativi. Nonostante ciò, gran parte del nuovo suolo consumato si è sviluppato nelle province più periferiche. Peraltro, il comune di Roma ha consumato molto di più nel corso degli anni, ma in rapporto ad un territorio (amministrativo) ben più grande di quello di Milano, che ha costruito un po’ meno ma in un territorio più ristretto e quindi densamente urbanizzato. Nel 2017, in entrambe le città si è continuato a costruire, in modo particolare nei comuni dell’hinterland, in modo più significativo in quelli del capoluogo lombardo e, anche in questo caso irrompe il paradosso: è stato costruito molto di più in una vasta cintura urbana in cui, al contrario del capoluogo, la popolazione è cresciuta pochissimo.
I dati nel confronto tra Roma e Milano confermano un trend che procede da anni: non si consuma suolo per soddisfare nuovi bisogni abitativi ma, al contrario, si cementifica molto più territorio proprio dove la popolazione ristagna o decresce, nei comuni di cintura metropolitana e, ancor più, nelle province più periferiche. Al contrario, realtà come quella di Milano riescono ad avere una vivace crescita demografica senza per questo sacrificare nuovi territori: un elemento in più per affermare che consumare suolo il più delle volte non serve a innescare autentico sviluppo.
“Le conseguenze del consumo di suolo sono sempre più evidenti ed è urgente intervenire – ha dichiarato il presidente dell’Ispra Stefano Laporta- E lo è in particolare nel nostro Paese, dove i livelli di suolo consumato, sia pur procedendo ad una velocità più lenta nel corso degli ultimi anni, sia pur in presenza di un territorio particolarmente fragile, sono quasi il doppio della media europea. Ispra – ha concluso – ha il dovere non solo di seguire le trasformazioni del territorio, ma anche di collaborare per promuoverne un uso e un riuso di quello già consumato, efficiente e sostenibile. Per questo progetti come Soil4life rivestono un’importanza strategica”.
“Occuparsi di salvaguardia del suolo può sembrare molto accademico. In realtà – ha detto il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani – si tratta di un’attività meno astratta di quanto si pensi considerando che la perdita di suolo è sotto gli occhi di tutti e che i fenomeni estremi che lo coinvolgono, come il dissesto idrogeologico e l’estrema aridità, lasciano ogni anno segni sempre più tangibili sulla pelle del nostro Paese. Con questo progetto intendiamo promuovere la conoscenza e le pratiche che garantiscono una maggiore tutela di questa risorsa naturale tra gli ‘addetti ai lavori’, tra chi ha un rapporto quotidiano con il suolo, ossia agricoltori e allevatori, ma anche professionisti, come architetti, ingegneri, agronomi e geometri, e personale delle amministrazioni regionali. Perché gli studi si trasformino inattività e le attività in risultati. Perché chi coltiva, chi fa pianificazione urbanistica e chi stabilisce le regole lo faccia seguendo criteri che ne garantiscano la massima protezione possibile”.