Con la legge regionale n.84 del 2015 e successivamente con la legge regionale 11 del 2017, è diventato centrale il ruolo delle Zone distretto all’interno del Sistema Sanitario Regionale e, ampliando il raggio d’azione, per realizzare una piena integrazione di policies sociali e sanitarie. La traiettoria che definisce la sfida dei prossimi anni, passa per il consolidamento attuativo del principio della salute in tutte le politiche contemperato con l’equità e l’accesso alle cure, ovvero con la questione dirimente delle diseguaglianze di salute.
Le Zone distretto hanno oggi la normativa adeguata a definirne le funzioni e a delimitarne i confini. Ma questo non basta per poter affermare che ci sia stata una riforma. Troppo spesso nel nostro paese si è pensato che maggioranze di vario tipo, cambiando il governo, potessero modificare le politiche precedenti in una sorta di riformismo permanente che non ha risparmiato alcun settore. Le riforme, per essere tali, devono considerare non soltanto la deliberazione normativa, ma anche i processi attuativi, che sono la modalità attraverso la quale si vanno a modificare i comportamenti degli attori del sistema: Istituzioni, professionisti del pubblico e del privato, associazioni e famiglie.
Le Zone distretto hanno una chance, costituita dalla nuove norme, che non possono giocare in difesa, ma devono vivere da protagonisti. Il rischio, altrimenti, è che tutto rimanga com’è.
Dobbiamo individuare le linee di azione che permettano di trasformare le norme in processi attuativi. Possiamo individuare tre componenti del processo attuativo di cambiamento delle Zone distretto:
• la funzione: la LR 84/2015 pone grande attenzione alle attività territoriali innovando fortemente l’art. 64 della 40/2005; la zona-distretto è considerata l’ambito ottimale di valutazione dei bisogni sanitari e sociali delle comunità, nonché di organizzazione ed erogazione dei servizi inerenti alle reti territoriali sanitarie, sociosanitarie e sociali integrate;
• la struttura: la legge regionale 40/2005 dispone che ogni zona possa scegliere tra due diversi modelli organizzativi: la Società della salute (rilanciata con forza dalla leggere regionale n.11/2017) oppure la Convenzione sociosanitaria. I comuni sono liberi di scegliere, a livello di Conferenza zonale, quale modello preferiscono, ma sono obbligati a scegliere, il limbo non è ammesso per le attività sociosanitarie (art.70 bis l.r.40/2005).
• il sistema operativo: i muscoli di un’organizzazione (funzione + struttura) dipendono dal sistema operativo che la governa, dal modo nel quale si fanno le cose. March e Simon parlano di programming focalizzando su: definire in anticipo attività e responsabilità; specificare i risultati attesi; valorizzare lo scambio di informazioni che retroagisce come feedback.
*Settore Politiche per l’integrazione socio-sanitaria Regione Toscana