Gran parte delle azioni del nuovo Piano triennale, identificate come prioritarie nella lotta al caporalato, riguardano la prevenzione del fenomeno che riguarda sia i lavoratori stranieri che tanti nostri connazionali. Il Piano triennale finanziato dal Ministero del Lavoro prevede 85 milioni di euro su dieci assi d’intervento, tra i quali: sistema informativo, protezione e assistenza, sensibilizzazione, vigilanza e contrasto, filiera produttiva agroalimentare, intermediazione offerta e domanda di lavoro agricolo, rete del lavoro agricolo di qualità.
“E’ mia intenzione – ha detto il Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Nunzia Catalfo – che dai lavori del Tavolo emerga con forza una procedura che disinneschi totalmente il ruolo del caporale. Questo si può ottenere esclusivamente rendendo trasparente e scevro da condizionamenti esterni il processo di selezione dei lavoratori attraverso la messa a punto di un sistema informativo per incrociare domanda e offerta di lavoro. Se realizziamo questo sistema, attacchiamo alla radice il problema e possiamo sconfiggerlo”.
Soprattutto in determinate aree di emergenza, si dovrà intervenire a tutto campo con azioni coordinate su alloggi, trasporti, intermediazione legale del lavoro, controlli. “Se fai un intervento solo su uno di questi aspetti – ha sottolineato il titolare delle Politiche agricole, Teresa Bellanova – il caporale resta lì e offre i servizi mancanti. Vogliamo, invece, una più equa distribuzione del valore nella filiera agroalimentare e trovare un’alleanza col cittadino. È il consumatore che deve aiutarci a spezzare la catena dello sfruttamento, perché se un prodotto viene venduto sotto il costo di produzione, c’è qualcuno che quel costo lo paga. Sia il lavoratore in nero o l’azienda agricola o di trasformazione che non ce la fa. Sulla Rete del lavoro agricolo di qualità, infine, il piano stesso segnala l’esigenza che condivido di rendere effettiva la sua essenza di precontrollo delle aziende, orientando così i controlli sui non iscritti, e va rafforzata nell’apertura delle sezioni territoriali e nelle premialità collegate”.
Nel sistema, i cosiddetti” caporali”, al di fuori dei normali canali di collocamento e senza rispettare le tariffe contrattuali sui minimi salariali, svolgono illegalmente il ruolo di intermediari con i datori di lavoro, arruolando la mano d’opera e trattenendo per loro stessi una parte del compenso (una sorta di tangente). Una delle criticità de losco affare è data inoltre dal monopolio del sistema di trasporto, che costringe i braccianti a pagare anche lo spostamento verso i luoghi di lavoro.
Stando alle stime del IV Rapporto dell’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai-Cgil (2018) le infiltrazioni mafiose nella filiera agroalimentare e nella gestione della domanda e offerta di lavoro attraverso la pratica del caporalato muovono un’economia illegale, sommersa di oltre 5 miliardi di euro. Si consideri, infine, che sono oltre 400.000 i lavoratori stranieri esposti al rischio di ingaggio irregolare, di essi ben 130.000 versano in condizione di grave vulnerabilità.