Sesto San Giovanni, ex Stalingrado d’Italia, roccaforte della Resistenza e base rossa della sinistra, nonché area industriale dalle antiche vestigia (soprannominata pure “piccola Manchester”) diventerà presto una smart city a pieno titolo. Anzi, una Next City, come scrivono in un dettagliato articolo, pubblicato da Industria Italiana, Filippo Astone e Stefano Casini.
Il “miracoloso evento” dovrebbe materializzarsi alle porte di Milano addirittura entro mille giorni. Secondo la tabella di marcia, il progetto, che si presenta faraonico, prevede la realizzazione di buona parte delle infrastrutture (edifici, scuole, ospedali, centro commerciale) entro il 2021. Diamo un’occhiata ai numeri. Estesa su un’area di un milione e 400mila metri quadrati, di cui un’oasi verde di 65 ettari, Milanosesto (questo il nome) è l’opera di riqualificazione urbana più grande d’Europa. A regime, il nuovo quartiere conterà 15mila residenti, 8.600 tra alloggi pubblici e privati, 15mila nuovi posti di lavoro, 10 edifici pubblici, comprese scuole e asili. E comprenderà la futura Città della Salute e della Ricerca, con le nuove sedi dell’Istituto Nazionale dei Tumori e dell’Istituto Neurologico Besta, e l’ospedale San Raffaele 2. Ovviamente, il successo dell’iniziativa dipenderà dalla positiva concatenazione di numerosi fattori e circostanze.
Siamo, dunque, alle prese con un’operazione di grande respiro e di notevole ambizione che ci costringe a riflettere persino sul concetto di “smart city”, ormai abusato, in relazione a quello contiguo di Next city. Tema di riflessione colto anche dagli autori dell’articolo di Industria Italiana che richiamano la definizione offerta da un report dell’ufficio studi della Cassa depositi e prestiti, diretto da Edoardo Reviglio e redatto in collaborazione con Mario Calderini e altri docenti del Politecnico di Torino. Probabilmente una delle più lucide ed esaustive apparse nella pubblicistica di questi anni. La smart city, si legge nello studio, “è una proiezione astratta di comunità del futuro, un perimetro applicativo e concettuale definito da un insieme di bisogni che trovano risposte in tecnologie, servizi e applicazioni riconducibili a domini diversi: smart building, inclusion, energy, environment, government, living, mobility, education, health e molto altro ancora. Tali tecnologie, servizi e applicazioni non costituiscono di per sé né singolarmente né collettivamente una Smart City, se non vengono integrate in una piattaforma che assicuri interoperabilità e coordinamento, ma soprattutto consenta la definizione di appropriati strumenti di governance e finanziamento, elementi essenziali alla realizzazione della visione politica e sociale costitutiva della Smart City. La Smart City è quindi in primo luogo una collezione di problemi rilevanti da affrontare e d’idee per risolverli, un insieme di modelli d’inclusione, di regole d’ingaggio tra sistema pubblico e privato, di nuova strumentazione finanziaria, d’innovazione nella Pubblica Amministrazione; di procedure di procurement, di azioni di semplificazione e trasparenza, di regolamentazione, su cui la Pubblica Amministrazione sappia formulare promesse credibili nel medio periodo”. Tutto ciò si attaglia a Milanosesto? Sembrerebbe proprio di sì.
Il nuovo quartiere intelligente ospiterà piattaforme e soluzioni tecnologiche di ultima generazione, molte delle quali targate Hewlett Packard Enterprise (Hpe), che il colosso statunitense sta applicando anche in altri progetti in giro per il globo: a Dubai, Singapore, Toronto. Si tratta di sistemi in grado di gestire uno “Smart District”, elaborare enormi quantità di dati, ottimizzare consumi, risparmiare energia, effettuare connessioni multiple. Un esempio per tutti: i nuovi lampioni “intelligenti”, che diventeranno un integratore di diverse tecnologie, dall’illuminazione variabile, alla connettività Wi-fi, dalla sicurezza con telecamere integrate al monitoraggio della qualità dell’aria e infine alla possibilità, ancora inedita e allo studio, di veicolare anche contenuti pubblicitari, attraverso pannelli e video al Led. E poi un sistema di mobilità che comprenderà anche una rete di mini-bus elettrici, modulari, senza conducente, i quali attraverseranno in lungo e in largo il nuovo quartiere, pilotati a distanza da Software e applicazioni di Intelligenza artificiale.
Tutti questi sono sistemi e servizi si baseranno su tecnologie di Edge Computing Hpe, dotate di piccoli server che raccolgono e analizzano i dati in loco, senza dover passare preliminarmente da grandi elaboratori centrali. Diversi i vantaggi: minori costi e più velocità delle operazioni, migliore affidabilità dei sistemi, meno minacce di cyber-attacchi e violazioni, più sicurezza, meno larghezza di banda necessaria, niente duplicazioni superflue di dati, e sincronie istantanee tra strumenti diversi. Perché una Smart city interconnessa produce Terabyte di dati, che devono essere elaborati in modo veloce ed efficiente. Da qui la necessità di avere forza computazionale all’altezza del compito da svolgere, con server distribuiti ovunque, e potenza elaborativa centralizzata.
L’ investimento complessivo per lo sviluppo della Next City viene valutato attualmente in circa 3 miliardi di euro.