“La valutazione dello Startup Act italiano” è il titolo del Report realizzato dall’Ocse in collaborazione con la Banca d’Italia e presentato la scorsa settimana alla Camera. Lo studio fornisce una valutazione indipendente e approfondita dell’impatto economico e sociale del quadro d’intervento italiano per le imprese innovative (Startup Act), introdotto dal Decreto legge 179 del 2012. La strategia è tesa a creare un ambiente favorevole per le piccole startup innovative attraverso una serie di strumenti complementari, tra cui figurano una modalità di costituzione rapida e gratuita, una procedura di fallimento semplificata, incentivi fiscali per gli investimenti in equity e un sistema pubblico di garanzia per l’accesso al credito bancario.
Sostenere le nuove imprese innovative, siano esse digitali, industriali, artigianali, sociali, legate al commercio o all’agricoltura, come pure ad altri settori dell’economia, significa innanzitutto tentare di innescare un’inversione di tendenza in fatto di crescita economica e di occupazione, in particolare giovanile. Ma significa anche spingere affinché il nostro Paese diventi più veloce e dinamico, capace di tornare a scommettere su nuove energie.
Dall’analisi dei dati emerge come le startup innovative tendano ad incrementare corposamente il proprio valore della produzione già durante il primo anno di partecipazione alla policy. Le imprese innovative che hanno avuto accesso alla policy nel 2015, ad esempio, hanno in media raddoppiato il loro fatturato nel 2016, quelle iscritte nel 2013 e nel 2014 lo hanno triplicato.
La grande maggioranza delle startup continua a presentare valori della produzione inferiori ai 100.000 euro, anche a qualche anno di distanza dall’iscrizione. Una parte non trascurabile di questo gruppo, circa il 20%, supera però tale soglia già a partire dal secondo bilancio. Di conseguenza, il numero di imprese innovative incluse nelle classi di fatturato maggiori risulta in costante aumento. Più di un terzo di tutte le startup iscritte in sezione speciale nel 2013, superano ora i 100.000 euro di produzione annua, e più del 10% i 500.000 euro.
La distribuzione territoriale evidenzia una concentrazione più forte al Nord (quasi il 60%), soprattutto in Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna. Le metriche economico-finanziarie espresse da tali imprese confermano come si tratti di società giunte a uno stadio di maturazione più avanzato rispetto alle startup: il valore della produzione aggregato fatto registrare dalle Pmi innovative di cui al momento della redazione di questo testo si dispone dei dati sui bilanci 2016 (l’86% del totale), supera il miliardo di euro (1.316.887.551 euro), il numero complessivo degli addetti (9.313) è assimilabile a quello delle ben più numerose startup innovative, e il capitale sociale depositato è mediamente più ingente.
Nel primo semestre di quest’anno sono 1.626 le startup innovative costituite con la nuova modalità digitale e gratuita, introdotta dal decreto del Mise del 17 febbraio 2016 e operativa a partire dal 20 luglio dello stesso anno. Si tratta di ben 911 imprese in più rispetto ai dodici precedenti e solo nell’ultimo trimestre 2018 le nuove startup registrate online sono state 243.
Sebbene il Rapporto dell’Ocse si concentri unicamente sull’Italia, lo “Startup Act” può essere considerato come una sorta di laboratorio per l’elaborazione di policy a sostegno dell’imprenditorialità innovativa in tutti i Paesi membri dell’Ocse. La valutazione sottolinea che l’impatto dello “Startup Act” sulle imprese beneficiarie è stato complessivamente positivo, ma che sono necessarie azioni complementari in altre aree di policy per realizzare appieno il potenziale delle startup innovative italiane.