Sono online i Rapporti annuali dedicati alle comunità migranti in Italia, curati dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – Direzione Generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione con la collaborazione di ANPAL Servizi SPA.
Elaborando dati provenienti da diverse fonti istituzionali, i Rapporti illustrano le caratteristiche e i processi di integrazione di ciascuna delle 16 comunità più numerose: albanese, bangladese, cinese, ecuadoriana, egiziana, filippina, indiana, marocchina, moldava, nigeriana, pakistana, peruviana, senegalese, srilankese, tunisina e ucraina. Quest’anno la linea editoriale dei Rapporti Comunità è stata sottoposta a un generale ripensamento, privilegiando sintesi e restituzione grafica. Ai 16 rapporti si affianca un ampio rapporto di confronto e un’appendice statistica.
I cittadini non comunitari regolarmente soggiornanti in Italia al 1° gennaio 2021 sono 3.373.876, provenienti principalmente da Marocco, Albania, Cina e Ucraina (complessivamente il 38% delle presenze). Si registra un equilibrio di genere quasi perfetto (uomini 50,5%, donne 49,5%), con significative differenze tra le comunità.
La popolazione extra UE in Italia è decisamente più giovane di quella italiana: i minori sono 744.302, ovvero il 22,1% della popolazione non comunitaria, a fronte del 16,2% rilevato sulla popolazione di cittadinanza italiana. La quota di minori risulta massima per le comunità marocchina (28,8%), egiziana (34,1%) e tunisina (28,5%).
Le restrizioni alla mobilità delle persone, introdotte per contrastare il diffondersi del virus SARS-COV 2 a livello globale, hanno determinato un drastico calo degli ingressi, 106.503 nel 2020, ovvero 70.751 in meno dell’anno precedente, con una flessione pari al 40%. La riduzione è netta per tutte le principali comunità straniere.
Per la maggior parte delle nazionalità il principale motivo di ingresso nel Paese sono i motivi familiari, che raggiungono l’incidenza massima, superiore all’80%, per Sri Lanka (89%), Marocco (85,4%), Filippine (84,3%) ed Ecuador (80%). Fanno eccezione a tale dinamica la comunità cinese, con una quota pari al 50% di ingressi per studio e la pakistana, che vede prevalere come motivazione di ingresso la richiesta o detenzione di una forma di protezione. L’India è invece l’unica comunità a fare rilevare una quota di nuovi titoli di soggiorno rilasciati per motivi di lavoro superiori alla media complessiva: 16,5% a fronte di 5,3%.
Nel corso del 2020 sono stati 118.513 i cittadini di origine non comunitaria divenuti italiani (il 4% in più rispetto all’anno precedente), originari prevalentemente di Albania e Marocco – che insieme coprono quasi due quinti delle acquisizioni.
Il significativo grado di integrazione della popolazione non comunitaria nel nostro Paese è rilevabile anche dal costante aumento della quota di titolari di permesso di soggiorno di lungo periodo sul totale dei regolarmente soggiornanti: al 1° gennaio 2021 è pari al 64,4% (era il 63,1% nel 2020). Le comunità che fanno rilevare una maggiore quota di lungo soggiornanti sono la moldava, l’ecuadoriana, l’ucraina, la tunisina, la marocchina, la filippina e la peruviana,
Il 7,1% della forza lavoro è di cittadinanza non comunitaria. Il 2020 ha segnato un sostanziale mutamento nelle tendenze del mercato del lavoro consolidatesi nel corso dell’ultimo decennio, facendo rilevare per la popolazione non comunitaria nel suo complesso un calo dell’occupazione e un incremento dell’inattività.
Il tasso di occupazione femminile, pari al 41,5% sul totale dei non comunitari, risulta più elevato nelle comunità filippina (72,5%), peruviana (63,2%), ucraina (61,9%), e cinese (59,6%), mentre risulta minimo nelle comunità pakistana (4,3%), bangladese (5,8%) e egiziana (7,8%). Grande attenzione merita infine il tema dell’inattività femminile che per molte comunità raggiunge valori allarmanti: una quota superiore all’80% delle donne egiziane, pakistane, bangladesi e indiane di età compresa tra 15 e i 64 anni risulta in condizione di inattività.
Rilevante anche il protagonismo della popolazione non comunitaria in ambito imprenditoriale, sono infatti 498.349 le imprese guidate da cittadini extra UE nel 2020, in aumento del 2,5% rispetto all’anno precedente. Nel complesso, rappresentano l’8,2% delle imprese del Paese.
Nel 2020, nonostante le ripercussioni generate dalla pandemia, sono in crescita le rimesse inviate dal nostro Paese verso Paesi Terzi, con una variazione positiva del 16% rispetto al 2019. Si tratta di circa 6 miliardi di euro diretti prevalentemente verso l’Asia (41,3% delle rimesse in uscita dall’Italia).
I Rapporti, il Quaderno di confronto e l’Appendice statistica sono pubblicati anche sul Portale integrazione migranti e sul sito di ANPAL Servizi Spa.
Fonte: Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali