Il Libro Bianco sull’Economia Digitale – elaborato dal Centro Economia Digitale, fondato da Rosario Cerra e presentato a Roma presso al Regione Lazio a cura dell’Ansa – si prefigge un obiettivo ambizioso: identificare gli elementi chiave per un disegno organico di policy sull’economia digitale in grado d’imprimere un’accelerazione allo sviluppo di un’Italia Digitale su cui fondare la ripartenza e una crescita economica duratura e sostenibile dal punto di vista sociale e ambientale. Questi, in sintesi, i temi cruciali della discussione – moderata dal direttore dell’Ansa, Luigi Contu – che ha visto gli interventi di alcune personalità di rilievo della politica e dell’imprenditoria.
“In Italia mancano scuole per imprenditori: si fa l’imprenditore per eredità o imparandolo sul campo – ha affermato in primis il Ministro allo Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli, e ha poi aggiunto – Stiamo cercando di colmare questo vuoto anche grazie alle iniziative delle nostre aziende pubbliche partecipate”.
“Noi abbiamo una presenza in tutto il mondo. Il Covid sta provocando ancora difficoltà ovunque. In questo momento la digitalizzazione ci ha aiutato moltissimo – gli ha fatto eco l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi – Abbiamo una grande capacità di calcolo. In Eni abbiamo una grande cultura del digitale – ha proseguito vantando le qualità della propria azienda – Nel giro di qualche ora a fine febbraio circa 21 mila postazioni sono passate in smart working. Quasi tutta la parte operativa è digitalizzata e questo ci ha permesso di garantire la continuità operativa e l’integrità di tutti gli asset. Il Covid ci ha consentito di sperimentare tutte le nostre potenzialità digitali”.
“Come tutte le aziende abbiamo sospeso le guidance 2020 perchè la visibilità è molto bassa. Ma siamo ottimisti, la nostra azienda ha reagito in modo fortissimo e non rivediamo i nostri piani d’investimento sia per innovazione che nel fisico”. E’ stata la replica dell’Ad di Leonardo, Alessandro Profumo, che ha osservato come sia aumentata la superficie che può essere “attaccata dal cybercrime e quindi occorre ripensare la sicurezza digitale. Il mondo è in movimento, ci proponiamo come player che presidia queste tematiche”.
“Pubblico e privato insieme, dovremmo fare un patto per mostrare un ranking più adeguato all’Italia – ha sottolineato, invece, il Ceo di Tim, Luigi Gubitosi. Nel DESI (Digital Economy and Society Index), l’indice europeo che monitora le prestazioni digitali globali dell’Europa siamo alla 28esima posizione, ma non è la connettività il problema dell’Italia quanto la mancanza di competenze digitali. La grande difficoltà è sul capitale umano – ha spiegato – dove siamo ultimi: mancano competenze di base, processo che parte dalla scuola e per questo abbiamo creato Risorgimento Digitale (l’iniziativa di formazione di Tim). L’Italia può comunque essere protagonista nel digitale: non c’è nessun destino già scritto, è nelle nostre mani”.
“La strategia per accelerare la copertura dell’Italia con la fibra per chiudere il digital divide interno, ma anche per recuperare il gap con l’Europa, deve avere un approccio tattico, ma non populistico” ha chiosato l’Ad di Open Fiber, Elisabetta Ripa. La parola è poi passata al Centro Economia Digitale. “Gli investimenti in alta tecnologia e innovazione digitale rendono 2,4 volte il capitale investito e così si può fondare la ripartenza e una crescita economica duratura e sostenibile dal punto di vista sociale e ambientale. Si tratta di scegliere di allocare una parte significativa delle risorse del Recovery fund a favore di investimenti nell’alta tecnologia e nell’innovazione digitale – ha affermato Rosario Cerra, fondatore del Centro – La nostra proposta è quella di destinare annualmente per il periodo 2021-2024 una quota pari all’1% del Pil, 17 miliardi per un totale di 68 miliardi di euro. Secondo le nostre analisi questo potrebbe generare un moltiplicatore sul pil di 2,4 volte con un impatto complessivo di oltre 160 miliardi”.