La precarietà è giovane e donna: forme contrattuali non standard per il 46% delle giovani lavoratrici, part time involontario per il 20,9%. Il welfare aziendale è conosciuto dal 64,9% degli occupati, se le integrazioni del reddito sono apprezzate, ci si attende anche un supporto per raggiungere una qualità della vita più alta, decisiva per rimotivare i collaboratori in azienda e attrarne di nuovi, in particolare giovani.
I lavoratori giovani sono rari: nel decennio 2012-2022 gli occupati 15-34enni sono diminuiti del 7% e quelli con 35-49 anni del 14%, mentre i 50-64enni sono aumentati del 40% e quelli con 65 anni e oltre del 68%, tutto ciò ridisegna un mercato del lavoro mobile e con meno giovani.
I lavoratori invecchiano e diminuiscono: si stima che nel 2040 le forze lavoro diminuiranno ancora dell’1,6%, come esito della transizione demografica che il Paese sta vivendo; nei primi 9 mesi del 2022, ogni giorno 8.500 italiani si sono dimessi dal lavoro: più del 30% rispetto allo stesso periodo del 2019. Al contempo, ogni giorno 49.500 italiani hanno iniziato un nuovo lavoro: il 6% in più rispetto al 2019, numeri che fotografano un mercato del lavoro dinamico, in cui la ricerca di una occupazione migliore) è la bussola che orienta le decisioni e i comportamenti.
La fascia della precarietà è ancora ampia: il 21% dei lavoratori è occupato con forme contrattuali non standard e la percentuale oscilla dal 27% delle lavoratrici donne al 16,5% degli uomini e al 39% dei lavoratori 15-34enni; tra i giovani occupati la percentuale dei contratti non standard raggiunge il 46% tra le femmine, rispetto al 34% dei maschi. Il part-time involontario, con meno ore lavorate e retribuzioni più basse, coinvolge il 10% dei lavoratori italiani: il 16% delle donne e il 13% dei 15-34enni. Tra i giovani occupati, la percentuale del part-time involontario raggiunge il 20% tra le femmine e si ferma al 9% tra i maschi; la precarietà è giovane e donna, e alimenta una parte significativa della mobilità nel mercato del lavoro, questo è quanto emerge dal 6° Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale, realizzato in collaborazione con Eudaimon con il contributo di Credem, Edison e Michelin.
Il 46% degli occupati se potesse lascerebbe il lavoro, il 50% dei giovani e il 45% degli adulti, il 58,6% degli operai, il 41,6% degli impiegati e solo il 26,9% dei dirigenti; il 64% degli occupati dichiara di lavorare solo per ricavare i soldi per vivere e fare le cose che piacciono, senza altre motivazioni e questo vale per il 69,7% dei giovani e per il 75,6% degli operai.
Quali sono le ragioni dell’inquietudine che avvolge il rapporto con il lavoro? In primis le difficoltà di carriera: per il 65% degli occupati le opportunità di avanzamento sono insufficienti; in secondo luogo, le retribuzioni sono insoddisfacenti: il 44% considera lo stipendio non adeguato alle esigenze (per i giovani: il 53%). Poi c’è la paura di perdere il posto di lavoro: teme di ritrovarsi disoccupato il 42,6% dei lavoratori (51,6% tra gli addetti delle piccole imprese, rispetto al 34,9% di quelli assunti nelle grandi aziende), una precarietà attuale e concreta.
Lo Smart working è promosso, se alternato con il lavoro in presenza, lavora da remoto il 12% degli occupati (4,9% nel 2019), il lavoro da casa piace perché per l’81% consente una conciliazione tra vita privata e lavoro e per il 74% riduce lo stress legato alla presenza e permette di lavorare in contesti migliori del luogo di lavoro deputato, per ben il 70% migliora la qualità della vita; ma per il 72% il giudizio è positivo se lo smart working è alternato con i giorni di lavoro in presenza. Per il 71% non è vero che in smart working si lavora di meno e il 52% sostiene che si generino benefici per i datori di lavoro, il 75% sostiene che fa risparmiare le aziende, perché si trasferiscono alcuni costi sui lavoratori e per il 65% si innalza la produttività, per il 54% c’è solo un rischio: si potrebbe erodere il senso di appartenenza aziendale.
Oggi gli strumenti di welfare aziendale sono conosciuti dal 64% dei lavoratori in merito alle tipologie di servizi e prestazioni richieste; il 79% dei lavoratori desidera un supporto personalizzato, tagliato su misura rispetto alle esigenze e chiede maggiori opportunità di conciliazione tra vita familiare e lavoro ed integrazioni del reddito; il 78% un aiuto per risolvere i problemi burocratici nel rapporto con le amministrazioni pubbliche; il 68% una consulenza psicologica per affrontare le difficoltà quotidiane. Se le integrazioni del reddito sono apprezzate, dal welfare i lavoratori si attendono anche un supporto per migliorare la qualità della vita; un welfare che costituirà uno strumento essenziale per i responsabili delle risorse umane per rimotivare chi è in azienda e attrarre nuovi lavoratori giovani.
Fonte: Censis