E’ stato pubblicato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, il Rapporto di monitoraggio Isee riferito al 2016, seconda annualità d’implementazione della riforma avviata nel 2015. Nel 2016 sono stati oltre 4 milioni e mezzo i nuclei familiari che hanno presentato una dichiarazione a fini Isee, per un totale di oltre 14 milioni di persone, pari al 23,4% della popolazione residente. Dal punto di vista territoriale, è il Sud l’area in cui sono state presentate più dichiarazioni, con quasi una persona su tre coperta da Isee (30,4%), mentre al Nord il dato si colloca su valori prossimi a una su cinque (18,1%) e al Centro sulla media nazionale (23,3%). Rispetto al passato, tuttavia, la distribuzione territoriale è risultata più omogenea.
La “popolazione Isee” rappresenta il complesso di nuclei familiari che accede alle diverse prestazioni di welfare per le quali è necessaria la prova dei mezzi. Si tratta cioè di una popolazione che dipende dall’offerta di servizi esistente a livello nazionale e locale. Si va da servizi rivolti alla generalità della popolazione (nidi d’infanzia, mense scolastiche, diritto allo studio universitario) o a segmenti molto ampi della stessa (bonus bebè) a prestazioni rivolte solo a chi è in condizioni economiche disagiate (sostegno al reddito ai nuclei in povertà) o a chi è in una particolare condizione di bisogno non necessariamente legata alle condizioni economiche (prestazioni socio-sanitarie per persone con disabilità o non autosufficienti). E’, insomma, una popolazione variegata che non può essere confusa né con la popolazione povera o bisognosa, né con l’intera popolazione residente. E’ piuttosto la sfaccettata rappresentazione del mondo di chi richiede prestazioni sociali, ciascuna col suo grado di universalità, che proprio per queste caratteristiche è utile mettere a confronto con la popolazione residente nel suo insieme.
In media si tratta di nuclei familiari composti da 3,1 membri, un po’ più numerosi che nel totale delle famiglie residenti (2,4 membri); in essi sono presenti, molto più frequentemente che nel resto della popolazione, componenti minorenni (circa metà dei nuclei Isee contro circa un quarto del totale dei nuclei residenti); nel 90% dei casi vi è almeno un componente di cittadinanza italiana (gli stranieri sono l’8,3% della popolazione residente); i nuclei jobless (ovvero le famiglie in cui nessuno lavora) sono quasi uno su tre, il doppio che nella popolazione complessiva; altrettante sono le famiglie in piena occupazione (dove ad essere occupati risultano tutti i componenti in età da lavoro), che nel totale della popolazione sono il 40%. Tra le famiglie con occupati, in tre casi su quattro, si tratta solo di lavoratori alle dipendenze e in uno su dieci solo di lavoratori autonomi. I nuclei Isee vivono in abitazione di proprietà in meno della metà dei casi, a fronte dell’80% di proprietari della popolazione complessiva.
Indicativamente l’Isee si attesta sugli 11.000 euro, quello medio (ovvero il valore che separa la metà più povera delle famiglie da quella più ricca) è di circa 7mila 700 euro, mentre un Isee su dieci risulta pari a 0. Molto diverse tra loro sono le differenze territoriali dove oltre due su tre degli Isee rilasciati nel Mezzogiorno è inferiore a 10.000 euro, quota che nel Centro-Nord scende a poco più della metà. Ancora più significativo il gap tra le grandi città: a Firenze la media è di 11.700 euro, a Catania e Palermo, invece, intorno ai 4.000 euro. Diversificato anche il quadro rilevato per “sottopopolazioni”, dove la media dell’Isee nelle famiglie con minorenni è di poco superiore ai 9.500 euro, valore che sale ad oltre 20.600 nel caso di nuclei con universitari, mentre scende a meno di 8.700 euro quando nel nucleo vi sono persone con disabilità (in metà dei casi si tratta di anziani).
Il Rapporto redatto dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali evidenzia, infine, l’esercizio effettuato di natura longitudiale, dato dal monitoraggio nel tempo, delle famiglie che avevano presentato l’Isee sia prima sia dopo la riforma. In questo modo è stato possibile stimare in maniera più attenta il cosiddetto effetto “emersione” ottenuto con il nuovo sistema dei controlli che precedentemente era stato commentato con riferimento particolare al patrimonio mobiliare (conti correnti, titoli, ecc.), osservando il calo delle dichiarazioni a patrimonio nullo (da circa il 70% prima della riforma a meno del 7% nel 2016). In tal senso selezionando le famiglie con Isee sia prima che dopo la riforma, è emerso che il valore del patrimonio mobiliare dichiarato è cresciuto in media di 7.400 euro e, in un caso su dieci, di oltre 20.000 euro.