Le malattie rare sono da sempre la triste condanna di molte persone nel mondo che si vedono costrette a combattere una battaglia di non facile successo. Nella maggior parte dei casi, infatti, la mancanza di conoscenza di tali patologie preclude la possibilità di accedere a una cura efficace. I medici spesso si trovano di fronte a problematiche mai riscontrate prima di allora e lavorano per tentativi e terapie tutte da verificare.
‘Rari, mai invisibili’ è il talk show, visibile sul canale Youtube e su Facebook, da cui prende il nome la campagna, presentata lo scorso 20 febbraio a Roma, che ha l’obiettivo di sensibilizzare il pubblico attraverso la diffusione sul web di materiale informativo e testimonianze.
Il cortometraggio, I- VISIBLE, interpretato dagli attori Elisabetta de Vito e Ciro Scalera, diretto dal regista Dario Baldi, è il mezzo cinematografico scelto per entrare nel cuore della gente e diventare virale, sul modello dell’Ice bucket, per coinvolgere quante più persone possibile nella condivisione e nella diffusione del messaggio.
L’iniziativa è promossa dall’Istituto superiore di Sanità in collaborazione con Uniamo, Federsanità Anci, Farmindustria e con il patrocinio del ministero della Salute e del Centro per la Pastorale Familiare del Vicariato di Roma. «Le malattie rare rappresentano una sfida paradigmatica in sanità – afferma Walter Ricciardi, presidente dell’Iss – ci pongono il problema dell’equità nell’accesso ai farmaci, all’assistenza, ai servizi, ci mostrano con chiarezza come sia impossibile un modello regionalizzato dove servizi, e a volte anche terapie, siano offerti in un luogo e non lo siano più a pochi kilometri di distanza. La comune base genetica della maggior parte di esse richiede con forza la condivisione delle conoscenze per affrontare la ricerca – continua il presidente – Oggi il nostro registro conta 195.452 casi di malattie rare che però si riferiscono solo a quelle riconosciute con il codice d’esenzione. Sono la punta di un iceberg di una realtà molto più complessa, dove ancora una malattia su quattro resta senza diagnosi».
Il tema più spinoso riguarda le patologie non diagnosticate, per le quali, il Centro nazionale malattie rare dell’Iss, sta investendo molte energie nel coordinamento di Undiagnosed Diseases Network International (UDNI), il network internazionale, al quale partecipano paesi come Giappone, Canada e Stati Uniti, nato con l’obiettivo di aumentare a livello globale le conoscenze sui pazienti affetti da una malattia rara.
Un dato positivo riguarda i passi avanti compiuti riguardo ad alcune patologie e le diverse ricerche attivate in questo settore anche in Italia: «Possiamo dire che è stato un 2016 che ha visto il raggiungimento di importanti obiettivi – dichiara Tommasina Iorno, neo eletta presidente di Uniamo. La legge sugli screening neonatali allargati, per esempio, che in tema di diagnosi precoce salverà la qualità di vita di molte persone e la legge sul Dopo di noi, che finalmente ha affrontato un tema che sta molto a cuore a chi abbia figli con gravi disabilità. Anche dai Lea finalmente arrivano buone notizie, ma resta la criticità dovuta alle autonomie sanitarie. Soltanto dieci regioni, infatti, hanno recepito il Piano nazionale malattie rare, mentre il percorso di presa in carico stenta a decollare, perché manca un finanziamento specifico in grado di attivare misure sociosanitarie essenziali ai pazienti e alle famiglie per affrontare questo tipo di patologie».
Ed è proprio l’assistenza uno dei nodi da sciogliere per affrontare queste patologie, spesso invalidanti e bisognose di essere integrate nel tessuto sociale. «In occasione del Rare Disease Day abbiamo cercato di riunirci intorno ai bisogni dei pazienti con patologia rara per confrontarci sulla possibilità di creare sinergie ancora più forti – dichiara Angelo Del Favero, Presidente di Federsanità Anci – Serve una direzione certa su cui indirizzare risorse e progetti soprattutto nel contesto di una sanità frammentata in tutto il paese che vede mettere in campo mezzi e strumenti diversi. È per questo che il nostro contributo potrà essere quello di avviare un monitoraggio dello stato dell’assistenza nelle Asl rispetto alle malattie rare per poter rilevare i bisogni sul territorio per indirizzare le politiche sanitarie».
Ricerca e assistenza sono un binomio indissolubile e per coniugarlo serve lo sforzo di tutti, cittadini compresi, chiamati all’integrazione nella scuola, nel lavoro e nel quotidiano. La ricerca non può prescindere dalla rete. «Ricerca e hi tech hanno ormai cambiato gli scenari di cura, anche per le patologie rare – afferma Massimo Scaccabarozzi, Presidente di Farmindustria – Sono infatti 129 i medicinali per le malattie rare che hanno ottenuto l’autorizzazione per l’immissione in commercio in Europa e 209 le designazioni di farmaci orfani nel 2016, quasi triplicate nell’arco di dieci anni (erano 80 nel 2006). E in Italia 1 sperimentazione su 4, autorizzata nel 2015, è nelle malattie rare. Risultati che dimostrano l’impegno nella R&S dell’industria farmaceutica. C’è ancora tanto da fare. Ecco perché è necessario unire sempre più le forze».
Un’alleanza che su un altro fronte può includere anche la Chiesa. A sopperire ai bisogni dei malati e alla mancanza dell’assistenza è molto spesso, infatti, la famiglia, anch’essa bisognosa di sostegno anche psicologico e di orientamento soprattutto nella crescita dei figli e nell’integrazione scolastica, oltre che nei percorsi di inclusione sociale. Ed è per affrontare questo aspetto che il Centro per la Pastorale Familiare del Vicariato ha avviato, con il Centro Nazionale Malattie Rare dell’ISS, una collaborazione con i consultori familiari della Diocesi di Roma per il sostegno e l’orientamento ai malati e alle famiglie: «Nei prossimi mesi verranno formati dall’Istituto Superiore di Sanità una trentina di operatori professionali presenti nei nostri consultori familiari per supportare i pazienti e le loro famiglie, in collaborazione con il Telefono Verde Malattie Rare, verso i centri di diagnosi e terapia, per ascoltarli e sostenerli anche psicologicamente qualora ce ne fosse necessità – spiega Monsignor Andrea Manto, Direttore dell’Ufficio pastorale familiare del Vicariato – È un primo passo per spezzare il cerchio di isolamento che sperimentano le famiglie quando incontrano la malattia e per promuovere una rete di accoglienza e ospitalità per chi viene da fuori regione».