E’ opinione diffusa e consolidata che alla crisi della democrazie e della rappresentanza si risponda efficacemente con una maggiore partecipazione dei cittadini alla vita e alle scelte della politica. Se l’assunto è vero, ne consegue che le istituzioni debbano promuovere forme e strumenti innovativi della partecipazione pubblica. Di qui le molteplici esperienze dei Comuni – prima linea istituzionale sul territorio – nell’impiego dell’ICT proprio al fine di stimolare l’intervento dei cittadini, con suggerimenti, critiche e proposte, nei processi di progettazione della città del futuro, altrimenti detta “smart city”. Ecco perché, in collaborazione con l’ANCI, ForumPa ha creato la community PartecipaNet allo scopo di connettere le migliori pratiche urbane a livello nazionale sul tema dei processi partecipativi. Quattro i temi principali seguiti dall’organismo: bilancio partecipativo, piattaforme digitali, dibattito pubblico, strumenti normativi a supporto della partecipazione. Obiettivo dell’iniziativa, elaborare un Rapporto sull’ innovazione digitale applicata alla partecipazione. I primi risultati sullo stato dell’arte saranno presentati da FPA nel corso della sesta edizione della Manifestazione ICity Lab il 24 e 25 ottobre 2017.
L’approccio analitico su cui si basa la ricerca focalizza – come rileva Marina Bassi – le criticità emerse da parte degli amministratori, da quando i processi partecipativi hanno cominciato a essere un punto all’ordine del giorno nelle agende locali. Una di queste – e forse la più preoccupante – afferisce a un’estrema eterogeneità delle pratiche partecipative e degli strumenti che oggi sono offerti o praticati dalle istituzioni locali italiane. Alcuni – il Comune di Bologna in prima istanza – si sono dotati di uno strumento normativo atto a favorire la partecipazione di tutti i portatori di interesse legittimo; altri – come il Comune di Cremona – invece, stanno optando sempre di più sulle partnership pubblico-private (PPP). Resta ancora da approfondire una questione di fondo: è disponibile una metodologia condivisa o condivisibile per la partecipazione, che possa valere trasversalmente, se non in tutti, almeno nella maggior parte dei territori? E’ comunque opinione corrente fra gli esperti del settore – va detto – che non si dia un modello valido a prescindere dal contesto in cui è attivato. Di conseguenza – sottolinea la Bassi – “se partiamo dal presupposto che i cittadini non portano solo problemi e istanze, ma anche tante soluzioni, è chiaro che la cultura di ciascuno di loro influenzi anche gli strumenti e i percorsi intrapresi. Il nostro proposito è piuttosto quello di fornire una visione di contesto sull’ innovazione digitale applicata alla partecipazione, al fine di indicare una roadmap utile alla definizione di obiettivi e finalità per uno sviluppo coerente, omogeneo e sostenibile. In altre parole, possiamo affermare che in qualche misura a contesti simili che utilizzano strumenti partecipativi simili corrispondano conseguenze simili?”