Robot e automazione affascinano gli italiani ma non li rassicurano. Li fanno sentire più sicuri a strada e in casa, meno sul posto di lavoro, che temono di perdere, sostituiti appunto da robot e macchine infernali. L’Internet delle cose, l’innovazione digitale che avanza, un po’ li spaventa. E la paura cresce tra le classi sociali più deboli o meno istruite. Il robot che fa la pizza d’altra parte come può entusiasmare chi ha fatto dell’impastare acqua e farina il suo mestiere?
Che impatto hanno avuto le innovazioni degli ultimi vent’anni sull’economia e sulla società italiana, le speranze e le paure di un Paese che sta cambiando: sono questi i temi affrontati dal Rapporto 2017 Agi-Censis ‘La cultura dell’innovazione’ che presentato ieri a Montecitorio, alla presenza della presidente della Camera, Laura Boldrini, del direttore di Agi, Riccardo Luna, e del segretario generale del Censis, Giorgio De Rita, nel corso l’evento “#InnovazioneItalia: storie, idee e persone che cambiano il mondo” promosso da Agi.
Il rapporto fotografa la “voglia di futuro” degli italiani concentrando l’attenzione sulla disponibilità ad aderire ai nuovi schemi: dalla sharing economy alla web tax. Accanto alla “voglia di futuro” emergono con forza nuove domande di sicurezza, diritti ed equità. Molte le attese per le opportunità della rivoluzione energetica.
Il 55% degli italiani ritiene opportuno introdurre una legge per tassare i profitti generati in Italia dai più grandi del web, ma è un consenso non uniforme in tutte le fasce di età (tra i più giovani la quota è più bassa). Il 42,1% degli italiani pensa che i robot sottraggono lavoro e non pagano le tasse e questo alla lunga finirà per impoverirci. In generale per il 51,4% degli italiani i processi di innovazione hanno prodotto nuovi divari sociali, mentre il 47,8% è convinto che abbia contribuito a ridurli. A temere soprattutto i ceti sociali più bassi (66,7%).
Sospetto anche sulla possibilità che le spinte innovative possano costituire una risposta concreta per produrre più occupazione. Secondo il 37,8% degli italiani i processi di automazione sempre più spinti e pervasivi determineranno un saldo negativo di posti di lavoro. Mentre il 33,5% ritiene che genereranno nuove opportunità in uno scenario di nuovi lavori ancora inesplorato. E il 28,5% crede che a cambiare sarà più la tipologia di lavoro. I più preoccupati, anche in questo caso, gli italiani con un livello socio-economico e istruzione più bassi.
Quasi 1 cittadino su 3 (30,1%) tra quelli che hanno avuto accesso ai servizi digitali, è convinto di non aver ottenuto nessun vantaggio sostanziale rispetto ai servizi erogati attraverso i canali tradizionali (il 30,7% sottolinea vantaggi connessi ad una maggiore “comodità” di accesso). In generale gli italiani sono favorevoli alla digitalizzazione della PA, ma si aspettano che a ciò corrisponda soprattutto una semplificazione delle procedure (29,1%) e una velocizzazione dei processi (25,5% delle risposte).
La digitalizzazione disintermedia: per oltre il 70% della popolazione la sharing economy sui diversi ambiti di applicazione (turismo, mobilità, housing, ecc.) è una soluzione interessante che consente di risparmiare nell’accesso ad alcuni servizi. Di fronte alla prospettiva di aderire a queste opportunità per integrare il reddito familiare o per avviare un’attività imprenditoriale, la percentuale scende rispettivamente al 55,2% e 52,5%.
Dall’innovazione arrivano le risposte più importanti per affrontare la sfida della sostenibilità e della progressiva decarbonizzazione. Tra le infrastrutture più gradite agli italiani ci sono i parchi fotovoltaici (82,4%) e i parchi eolici (73,3%). Tra gli impianti non graditi al primo posto le raffinerie di petrolio (77%) e al secondo le centrali elettriche a carbone (76,5%). Infine il Il 65,6% degli italiani è convinto che diventeremo tutti in qualche modo produttori di energia in uno scenario no-grid (o smart-grid), dove la produzione di elettrica – e non il solo consumo – diventerà un fatto collettivo.
Diverso il discorso quando si tocca il tema sicurezza. Ben vengano allora per gli italiani le tecnologie digitali che garantiscono maggior controllo anche se dovessero sottrarre qualcosa alla privacy e alla libertà di movimento, solo il 15,4% degli italiani paventa una possibile riduzione della stessa.
Resta “problematico” il rapporto tra cittadini e Pubblica Amministrazione, appesantita dalla burocrazia e dalla scarsa semplificazione. Per ringiovanirla e metterla al passo con i tempi, è necessario assumere i ‘nativi digitali’ e colmare così il gap di innovazione. Altro fattore che potra’ incidere nel traghettare la Pa verso un futuro profondamente digitalizzato, si legge nel report, sarà il turn over che interesserà tutti i comparti. Nei prossimi anni andranno in pensione per raggiunti limiti di età circa mezzo milione di dipendenti pubblici, oltre il 20% del totale.
L’apertura di così tante posizioni è un’occasione straordinaria per ringiovanire tutta l’amministrazione pubblica.
La digitalizzazione porta a un più facile e immediato accesso alle informazioni e alla disintermediazione fra domanda e offerta di beni e servizi. Per oltre il 70% della popolazione i servizi online sono un utile mezzo per risparmiare ma quando si prospetta di usare questi servizi per integrare il reddito familiare o costruirci un’attività imprenditoriale la percentuale scende rispettivamente al 55,2% e 52,5%. Pur esistendo, quindi, una differenza fra chi guarda a questi servizi online soltanto come cliente e chi invece pensa che possano essere un’opportunità da sfruttare in prima persona, entrambe queste due facce della medaglia sono oramai “interiorizzate” nella maggior parte della popolazione. E’ molto piu’ bassa la percentuale di chi ritiene che questi servizi innovativi rappresentino un danno per l’economia tradizionale (30,3%) facilitando l’evasione fiscale (40,9%) finendo per creare un ulteriore divario fra chi è in grado di sfruttarli grazie alle proprie competenze digitali e grazie anche all’effettiva disponibilità di beni da “utilizzare”, come seconde case o autovetture di proprietà (38,8%).
In generale, l’offerta dei servizi digitali per l’acquisto di beni o servizi, usufruendo anche di sconti e promozioni speciali, è vista positivamente sia come clienti ma anche, in misura non secondaria, come nuova opportunità di lavoro o business. In particolare questi servizi sono apprezzati maggiormente, anche come mezzo di integrazione del reddito, tra i più giovani, tra i residenti al Sud e nelle Isole e nei centri urbani con più di 30 mila abitanti.