Il virus “smart” sta contagiando tutto e tutti. Si è partiti con le smart city – ossia l’evoluzione “intelligente” dello spazio urbano, caratterizzata dal mix virtuoso tecnologia+sostenibilità +qualità della vita dei cittadini – e rapidamente “l’infezione” si è diffusa agli oggetti, alle abitazioni – tutti rigorosamente smart – per dilagare verso le comunità, allargandosi a macchia d’olio e avvolgendo i quartieri e persino i territori – smart area, smart community e smart land. Ora siamo agli smart landscape, contesti evoluti e superintelligenti che – secondo certi autori – evocherebbero addirittura un nuovo Rinascimento. Ma, al di là delle visioni metafisiche, di che si tratta? Ce ne parla con dovizia critica Riccardo Scarfato su Agenda Digitale. “Infrastrutture; sistemi d’istruzione che producono forza lavoro qualificata; governance locale e nazionale lungimirante; trasporti funzionanti e ambiente sostenibile. Il tutto sotto il cappello della digitalizzazione. Sono questi gli elementi fondanti degli smart landscape”. Aspetti che l’autore propone come estrema sintesi distintiva del concetto, richiamando peraltro le determinazioni contenute nel Piano triennale Agid per l’Informatica nella PA 2019-2021. Documento che, in altre parole, pone al centro della riflessione i limiti della nozione di “città intelligente” – intesa come dimensione riferita esclusivamente al “contesto urbano e sub-urbano, in forte correlazione ai cittadini” – mentre la riprogettazione di sistemi territoriali integrati di grandi estensioni richiede necessariamente paradigmi teorici più sofisticati e supporti tecnologici più complessi. Il ruolo delle imprese, ad esempio, in quest’ottica acquista maggiore centralità, così come diventa essenziale la sinergia pubblico-privato. Una problematica di cui l’Agid sembra essere consapevole. Non a caso, l’art. 20 del D.L. 179/2012 recita: “ Occorre definire strategie e obiettivi, coordinare il processo di attuazione, predisporre gli strumenti tecnologici ed economici per il progresso delle comunità intelligenti; emanare le linee guida recanti definizioni di standard tecnici, compresa la determinazione delle ontologie dei servizi e dei dati delle comunità intelligenti, e procedurali, nonché di strumenti finanziari innovativi per lo sviluppo delle comunità intelligenti; istituire e gestire la Piattaforma nazionale delle comunità intelligenti”. Compiti ambiziosi che, secondo la stessa Agid, impongono di passare dal concetto di Functional Urban Area (Fua), già assunto dalla Commissione europea, a quello di smart landscape. Quest’ultimo, infatti, “introduce una prospettiva nuova, di ricerca, in cui la comunità, in senso lato, e il paesaggio s’identificano con un complesso sistema di relazioni tra tutte le dimensioni smart (economia, mobilità, ambiente, persone e governance). Siamo dunque alla vigilia di un nuovo Rinascimento digitale, alla nascita della Città del Sole del Terzo Millennio, come teorizzato da Tommaso Campanella quasi cinque secoli fa? Forse è una visione troppo ottimistica del prossimo futuro, la realtà è però in rapido movimento e, certamente, città e territori subiranno profonde metamorfosi difficilmente prevedibili. Queste nozioni elaborate dalla comunità scientifica internazionale possono indubbiamente contribuire a indirizzare il cambiamento verso mete di sviluppo, piuttosto che derive di caos e di peggioramento delle condizioni di vita delle moltitudini planetarie.