La commissione europea ha presentato a gennaio al Parlamento europeo, riunito in Plenaria a Strasburgo, il piano finanziario per attuare gli obiettivi dell’European Green Deal, già annunciato lo scorso dicembre, fra cui, prima di tutto, la neutralità climatica entro 2050. Il piano, in discussione all’assemblea, chiarisce come si intende procedere nella distribuzione dei fondi, a quali regioni saranno destinati e le cifre messe a disposizione.
Lo stanziamento provvisorio di 7,5 miliardi di euro, il Fondo per la giusta transizione – introdotto nell’ambito del Green deal europeo – andrà ai territori economicamente più dipendenti dalle fonti combustibili fossili per riconvertire la propria industria nell’ottica della sostenibilità ambientale. Della quota di finanziamenti spettante all’Italia, da usare nei prossimi sette anni, beneficeranno in particolar modo due aree del Belpaese. Si tratta della zona di Taranto, in Puglia, e del Sulcis-Iglesiente, in Sardegna.
La Commissione Ue lo scrive a chiare lettere nei country report pubblicati ieri: l’Italia deve indirizzare verso la riconversione ‘verde’ dell’area di Taranto e le zone carbonifere del Sulcis-Iglesiente, in Sardegna, i 364 milioni che, dal 2021, saranno messi a disposizione dal nuovo Fondo europeo per la transizione equa. Secondo i calcoli di Bruxelles, il nuovo strumento da 7,5 mld mobiliterà in Italia 4,868 miliardi d’investimenti. Sul tema partirà ora una discussione con le autorità italiane.
L’area di Taranto “ospita una delle più grandi acciaierie d’Europa e una delle tre più grandi centrali elettriche a carbone in Italia”, ricorda la Commissione. Decine di migliaia di posti di lavoro “sono a rischio”, avverte l’esecutivo, che vede una “sfida imponente riguardante la decarbonizzazione e richiede un grande sforzo nel supportare una strategia per la transizione integrata, e accompagnare Taranto verso un passaggio a lungo termine verso alternative economiche e ulteriori sviluppi del cluster dell’acciaio”. In particolare, il Fondo per la transizione dovrebbe spingere gli investimenti nello “sviluppo di tecnologie e infrastrutture per energia pulita e prezzi accessibili, efficienza energetica e rinnovabili, compreso nei siti industriali”; ma anche nella “rigenerazione e bonifica dei siti”, nella “creazione di nuove aziende” e nella formazione dei lavoratori.
Per quanto riguarda il Sulcis-Iglesiente, Bruxelles ricorda che l’ultima miniera a carbone italiana, quella di Monte Sinni, dovrebbe essere chiusa gradualmente entro il 2025 e impiega 350 persone. “L’area è già caratterizzata da un’alta percentuale di abitanti anziani, pochi laureati e un’alta percentuale di disoccupazione giovanile (35.7%), un basso reddito pro capite e una generale bassa qualità della vita”, scrive la Commissione, “questo pone sfide legate alla transizione e al bisogno d’investimenti”. Il nuovo Fondo europeo dovrebbe quindi concentrarsi sulla “rigenerazione e la bonifica dei siti”, “l’economia circolare”, “pmi e startup”, ma anche politiche di formazione e inclusione occupazionale.