Ogni giorno si parla di tagli alla sanità e di identificare modalità diagnostiche o terapeutiche che, a minor costo, mantengano la stessa efficienza. In effetti il mondo della sanità è così variegato che a volte sfugge l’attenzione alle piccole cose attuabili per aspirare a una sanità virtuosa.
Dai farmaci biosimilari, ad esempio, potrebbe arrivare una boccata d’ossigeno per le casse del sistema sanitario nazionale. Grazie ai farmaci biosimilari, secondo le stime di Assogenerici, per il 2020, il risparmio annuo potrà arrivare a 500 milioni di euro. Complessivamente, le aziende sanitarie risparmierebbero il 4% circa sull’attuale spesa complessiva destinata ai medicinali.
Cifre che Federsanità Anci ha messo nero su bianco nel Position Paper sui farmaci biosimilari, già presentato lo scorso anno in Aifa, e ieri, 1 marzo 2017, discusso con gli operatori del settore nell’ambito del convegno dal titolo “Il valore dei farmaci biosimilari nella governance della spesa”, organizzato da Federsanità Anci, in collaborazione con Sifeit presso il Centro Congressi Frentani a Roma.
Informazione, sostituibilità e intercambiabilità: questi i temi su cui si è incardinato il dibattito, solo in apparenza da ‘addetti ai lavori’, che coinvolge in realtà migliaia di pazienti con patologie croniche e oncologiche che possono essere trattate con questa tipologia di farmaci.
Il continuo sviluppo farmaceutico, negli ultimi anni, ha visto il consolidarsi di una crescente offerta di farmaci biologici che risponde a target terapeutici sempre più circoscritti e puntuali. Lo sviluppo di questa tipologia di prodotti ha aperto nuove frontiere nei percorsi di cura, ma ha – nel contempo – reso più problematica la governance del settore stesso. Il farmaco biologico implica infatti una grande attenzione sia nella somministrazione, sia nella gestione. Attualmente la presenza, sempre più ampia, sul mercato dei farmaci biosimilari, pur se complessi come i biologici nella loro gestione rappresenta una delle principali opportunità per il nostro SSN.
“Federsanità ANCI ha lavorato sul tema dei farmaci biosimilari nella convinzione che sia una delle strade per garantire la sostenibilità del servizio sanitario nazionale. Ancora oggi – ha detto Angelo Lino Del Favero Presidente di Federsanità ANCI – nonostante i risultati incoraggianti nell’utilizzo nelle strutture sanitarie per la cura di alcune patologie, c’è ancora un muro di pregiudizi di abbattere. Dobbiamo lavorare per promuovere le tre “p” che devono caratterizzare la sanità italiana ovvero la medicina predittiva, la personalizzazione delle cure e la partecipazione dei pazienti. L’erogazione attraverso le strutture pubbliche di farmaci biosimilari deve essere uno degli strumenti per garantire questi obiettivi”. Obiettivo dell’incontro anche quello di costituire un’alleanza, fra i vari interlocutori competenti, proprio per favorire un impiego corretto e consapevole dei farmaci biosimilari.
“Nel nostro Paese – ha sottolineato Giuseppe Assogna Presidente SIFEIT – Società Italiana per Studi di Economia ed Etica sul Farmaco e sugli Interventi Terapeutici – abbiamo una domanda di salute in continuo aumento e abbiamo per fortuna molti nuovi farmaci, in particolare quelli cosiddetti innovativi, che consentono e consentiranno in futuro di ottenere risultati clinici un tempo assolutamente non ipotizzabili. I farmaci biologici rappresentano una risorsa terapeutica essenziale per il trattamento di diverse malattie gravi, come ad esempio l’artrite reumatoide, la psoriasi, le malattie infiammatorie croniche dell’intestino e alcuni tipi di tumore, ma il loro costo incide in modo non trascurabile sul SSN. I farmaci biosimilari, utilizzati in modo appropriato, possono svolgere un ruolo fondamentale, sia offrendo una più ampia opportunità di accesso ai farmaci biologici, sia liberando risorse da destinare all’innovazione terapeutica, rendendola sempre più accessibile”.
L’ingresso dei biosimilari sul mercato europeo, dieci anni fa, ha trasformato le cure più innovative e costose da privilegio per pochi a diritto per migliaia di pazienti. “Ma perché questi prodotti possano esprimere al massimo le proprie potenzialità – ha spiegato Manlio Florenzano Coordinatore IBG (Italian Biosimilar Group)-Assogenerici – sono essenziali regole più chiare e condivise di accesso al mercato, maggiore informazione scientifica indirizzata ai clinici e un maggiore coinvolgimento dei pazienti. Le nuove norme per le procedure pubbliche d’acquisto introdotte con la Legge di Bilancio 2017 – che rappresentano un importante passo avanti verso l’omogeneizzazione dell’utilizzo dei biosimilari – dovrebbero garantire nei prossimi tre anni una minore spesa di oltre 500 milioni di euro. Si tratta di una chance irrinunciabile sia per il Ssn che per il comparto industriale nel suo complesso, nell’ottica della sostenibilità complessiva, a patto che le risorse generate dal mercato dei biosimilari vengano reinvestite fino all’ultimo centesimo per garantire ai pazienti l’accesso ai farmaci innovativi. Questo traguardo può essere raggiunto solo attraverso un dialogo condiviso con le istituzioni e tutti gli stakeholder del settore, con l’obiettivo della piena comprensione del valore di questa risorsa terapeutica al fine di proteggere i pazienti, specie i più deboli, dal rischio di un mancato accesso alle migliori cure ”.
Garantire l’accesso alle cure uniformemente sul territorio è in ogni caso la chiave di volta per intraprendere percorsi terapeutici adeguati: “È sempre più urgente la ricerca di nuovi modelli in grado di assicurare ai pazienti i farmaci di cui hanno bisogno, garantendo libertà prescrittiva del clinico, continuità terapeutica e sostenibilità. Oggi le Regioni– ha dichiarato il Segretario Generale di Federsanità ANCI Lucio Alessio D’Ubaldo – si muovono in ordine sparso: alcune hanno imposto ai clinici l’uso dei farmaci biosimilari per ragioni di sostenibilità, altre hanno individuato sistemi di approvvigionamento più flessibili garantendo la disponibilità sia di originator, sia di biosimilari. Sarebbe importante armonizzare il sistema territoriale e quello ospedaliero ed evitare, per esempio, che un paziente in trattamento con un farmaco distribuito a livello territoriale non possa riceverlo in ospedale in caso di ricovero e debba essere sottoposto a uno switch obbligato, attualmente non raccomandato. In ogni caso è importante tutelare il bisogno di salute della popolazione attraverso la garanzia clinica del percorso terapeutico diagnostico”.