Si è aperto oggi il principale simposio dei donatori per la Siria e i territori circostanti 2019. La conferenza ribadirà il sostegno politico e finanziario della comunità internazionale ai Paesi confinanti con la Siria, in particolare, Libano, Giordania e Turchia. La giornata odierna e quella di domani saranno dedicate al dialogo, con la partecipazione di centinaia di rappresentanti di organizzazioni non governative e della società civile siriane, regionali e internazionali, per uno scambio con la comunità internazionale al Parlamento europeo. Il 14 marzo, invece, la parte della conferenza dedicata ai ministri degli Esteri riunirà partecipanti da oltre 85 Paesi e organizzazioni regionali a livello ministeriale per discutere dei principali aspetti politici e umanitari della crisi siriana. La conferenza cercherà di mantenere vivo l’impegno internazionale volto a fornire assistenza alla popolazione colpita e alle comunità ospitanti. Intanto il direttore generale dell’Unicef, Henrietta Fore, in un comunicato sottolinea come nel 2018 in Siria siano stati uccisi oltre 1.100 bambini, il bilancio più pesante da quando è iniziata la guerra, nel marzo 2011. “Questi sono solo i numeri che l’Onu è in grado di verificare, ma le cifre reali sono probabilmente molto più alte – sottolinea”.
In Siria le mine rappresentano attualmente la principale minaccia, con 434 bambini morti o feriti a causa di ordigni inesplosi. Il 2018 ha fatto registrare 262 attacchi armati contro strutture scolastiche e sanitarie, anche questo un triste record in 8 anni di guerra. Oggi è diffusa l’idea che il conflitto in Siria sia vicino alla conclusione: si tratta di un equivoco. In diverse aree del Paese i bambini rimangono esposti a pericoli analoghi a quelli di qualsiasi altro momento durante gli otto anni di conflitto. E’ inoltre diffusa l’idea che il conflitto in Siria sia vicino alla conclusione, ma non è così. In diverse aree del Paese i bambini rimangono esposti a pericoli analoghi a quelli di qualsiasi altro momento durante gli otto anni di conflitto. I bimbi e le famiglie nelle “terre di nessuno” continuano a vivere nel limbo. La situazione dei nuclei familiari di Rukban, vicino al confine giordano, continua ad essere disperata, con un accesso quasi nullo a cibo, acqua, riparo, assistenza sanitaria e istruzione. “Sono allarmata – ha detto il direttore generale dell’Unicef – dal peggioramento delle condizioni del campo di Al Hol, nel nord-est del Paese, dove vivono più di 65.000 persone, tra cui si stima che ci siano 240 bambini non accompagnati o separati. Da gennaio di quest’anno, quasi 60 bambini sono morti lungo i 300 chilometri di cammino da Baghouz al campo. Il destino dei bambini dei foreign fighters in Siria rimane inoltre poco chiaro – ha aggiunto Henrietta Fore -. L’Unicef esorta gli Stati membri ad assumersi la responsabilità per i minori che sono loro cittadini o nati da loro cittadini e ad adottare misure per evitare che i piccoli diventino apolidi. Nel frattempo, i Paesi limitrofi alla regione ospitano 2,6 milioni di bimbi rifugiati siriani che, nonostante il sostegno dei governi ospitanti, delle Nazioni Unite e della comunità internazionale, devono affrontare le proprie sfide. Molte famiglie non possono mandare i propri figli a scuola e, con poche opportunità di guadagno, stanno scegliendo soluzioni negative, tra cui il lavoro minorile e il matrimonio infantile, per farcela”. All’inizio del nono anno di guerra, l’Unicef ricorda ancora una volta alle parti in conflitto e alla comunità globale che sono i bambini a soffrire di più. Bambini ai quali viene tolta la vita, l’infanzia, il sorriso.