La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12929 del 14 maggio 2025, ha stabilito un importante principio in materia di ordinanze sindacali contingibili e urgenti per la bonifica di siti inquinati.
Il caso e la decisione della Cassazione
Il fulcro della pronuncia riguarda il diritto di regresso del proprietario che ha ottemperato all’ordine di bonifica e messa in sicurezza, nei confronti degli altri comproprietari che erano anch’essi destinatari del medesimo provvedimento.
Nello specifico, quando un’ordinanza contingibile e urgente – emessa dal Sindaco ai sensi dell’art. 54 del D.Lgs. n. 267/2000 (TUEL) e rivolta a tutti i proprietari di luoghi inquinati – non viene impugnata, essa diventa definitiva. In questa situazione:
- L’obbligo di eseguire le opere di bonifica è considerato unitario e fungibile.
- Il debitore (proprietario) che esegue l’intera opera adempiendo all’ordine ha il diritto di chiedere il rimborso delle spese sostenute agli altri comproprietari.
Il fondamento giuridico
La Suprema Corte ha chiarito la ragione di questa decisione: l’obbligo di fare, specifico e non frazionabile, imposto dall’ordinanza, da un lato, legittima il singolo comproprietario ad agire sull’intero bene per evitare conseguenze legali e ambientali, a prescindere dal consenso degli altri. Dall’altro lato, tale situazione fa scattare l’applicazione diretta della disciplina in tema di spese relative alla comunione.
Di conseguenza, chi ha sostenuto i costi necessari “nell’interesse di tutti” i comproprietari ha il diritto di recuperare la quota di spesa di pertinenza dei contitolari non adempienti.
In breve: chi paga per intero una bonifica imposta da un’ordinanza urgente non impugnata, ha diritto a essere rimborsato pro quota dagli altri proprietari.
Fonte: Rassegna mensile della
giurisprudenza civile della
Corte di cassazione