La Quinta Sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 6754 del 30 luglio 2025, è intervenuta su aspetti cruciali in materia di appalti pubblici e concessioni, focalizzandosi in particolare sulla partecipazione dei consorziati, sugli oneri dichiarativi relativi agli illeciti antitrust e sulla durata delle concessioni dei servizi museali.
La legittimazione delle consorziate e i requisiti
Il Collegio ha ribadito che, nonostante il consorzio di cooperative sia un soggetto giuridico autonomo, le consorziate designate possono partecipare alle gare in modo distinto e autonomo. Ai fini della dimostrazione della capacità tecnico-professionale, le consorziate possono spendere i requisiti maturati per le attività svolte in qualità di esecutrici designate. Ciò che rileva, in sostanza, non è la titolarità formale del contratto, ma l’effettiva esecuzione del servizio. Le attività svolte dalle consorziate, operando quali “interna corporis” del consorzio, sono dunque pienamente valorizzabili.
L’onere dichiarativo per l’Antitrust
In merito agli illeciti in materia di concorrenza, la sentenza chiarisce che l’illecito antitrust può rappresentare una causa di esclusione da una gara d’appalto solo se sanzionato con una decisione definitiva dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM). L’esistenza di comportamenti restrittivi della concorrenza deve, infatti, essere giuridicamente qualificata e provata dall’Autorità. Di conseguenza, finché l’AGCM non adotta un provvedimento sanzionatorio – e in pendenza del relativo procedimento – l’operatore economico non ha alcun onere di dichiarare un potenziale illecito in corso.
La durata delle concessioni museali
Un altro punto dirimente riguarda la durata delle concessioni per i servizi museali. La sentenza stabilisce che l’art. 6 del D.M. 29 gennaio 2008, che prevedeva una durata di quattro anni rinnovabili per altri quattro, non è più applicabile. La norma, infatti, attuava una previsione di legge (art. 14, comma 2, D.L. n. 159/2007) che è stata successivamente abrogata.
La disciplina primaria di riferimento è ora l’art. 178 del Codice dei contratti pubblici, il quale stabilisce che la durata della concessione “è limitata ed è determinata dall’ente concedente in funzione dei lavori o servizi richiesti al concessionario”. In un caso di specie, pur esaminando il merito, il Consiglio di Stato ha ritenuto una doglianza sulla durata inammissibile per difetto di interesse da parte del ricorrente non aggiudicatario.
Centralità dei servizi aggiuntivi
Infine, la decisione sottolinea un principio cardine in caso di gestione integrata dei servizi museali. L’integrazione, ovvero la possibilità prevista dall’art. 117, comma 3, del Codice dei beni culturali, non deve far perdere la centralità ai servizi di assistenza culturale e di ospitalità (i cosiddetti servizi aggiuntivi). Questi servizi, fondamentali in una concessione, devono prevalere sul servizio accessorio e strumentale di biglietteria. In sostanza, i servizi aggiuntivi non possono diventare, né formalmente né sostanzialmente, accessori.
Fonte: www.giustizia-amministrativa.it