La Corte costituzionale, con la sentenza n. 194 depositata oggi (redattore Giovanni Amoroso), ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 186, comma 2-bis, del codice della strada, ritenendo che la sanzione accessoria della revoca della patente di guida costituisca una misura sanzionatoria non sproporzionata rispetto alla gravità intrinseca dell’illecito commesso.
La disposizione censurata, nel prevedere il reato di guida in stato di ebbrezza, contempla anche la sanzione accessoria automatica della revoca della patente per l’ipotesi più grave consistente nell’aver provocato un incidente stradale in ragione di uno stato di alterazione psico-fisica con tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l.
La Corte ha evidenziato che nell’impianto sanzionatorio del reato vi è una progressione crescente, graduata sulla base del livello del tasso alcolemico con la previsione della sospensione della patente di guida per un periodo di durata via via più esteso.
Al culmine di questa progressione vi è la condotta più grave di tutte, per la quale è prevista la revoca della patente: è quella di chi si mette alla guida in stato di ebbrezza con tasso alcolemico superiore all’1,5 g/l, in una condizione tale da compromettere il controllo dell’autovettura provocando così un incidente stradale. Ciò costituisce un comportamento altamente pericoloso per la vita e l’incolumità delle persone, anche quando l’incidente stradale non provochi lesioni alle persone o il decesso delle stesse. È quindi sempre giustificata la revoca della patente per la maggiore pericolosità di tale condotta rispetto alle ipotesi non parimenti aggravate.
La revoca della patente di guida – osserva la Corte – non costituisce un automatismo sanzionatorio indifferenziato, bensì una misura coerente con la finalità preventiva della sanzione, perché evita che si ricrei tale situazione di pericolo per un congruo periodo di tempo. Essa persegue una finalità deterrente, perché sollecita una maggiore consapevolezza della gravità del comportamento, ed ha una funzione rieducativa, perché impone al condannato di sostenere nuovamente l’esame che lo abilita alla guida, attivando così un processo virtuoso di correzione tramite una utile formazione finalizzata alla prevenzione.
Fonte: Corte Costituzionale