Pubblicato sul sito dell’Agenzia delle Entrate il rapporto “Statistiche catastali 2019”, giunto alla quattordicesima edizione. Realizzato dall’ufficio Statistiche e Studi della direzione centrale Servizi estimativi e Osservatorio del mercato immobiliare, con la collaborazione della direzione centrale Servizi catastali, cartografici e di pubblicità immobiliare, lo studio fornisce su scala nazionale un quadro completo del numero, della consistenza, della rendita e della natura giuridica degli intestatari dell’intero panorama delle unità immobiliari censite in catasto. Venendo al merito dell’indagine, risulta che al 31 dicembre 2019, le unità immobiliari ammontano complessivamente a quasi 76 milioni, oltre l’80% delle quali comprese nelle sole categorie A e C; più di 65 milioni, l’80% circa, presentano una rendita catastale, appartenendo alle categorie A, B, C, D ed E, mentre le restanti 10 milioni circa fanno parte della categoria F (unità censite al solo scopo inventariale), dei cosiddetti Beni comuni non censibili (ovvero unità di proprietà comune) e di una componente residuale di unità ancora in lavorazione (poco più di 80 mila).
Considerando le unità con rendita e le F, ovvero le categorie oggetto di particolare approfondimento nel rapporto, si è registrata nel 2019 una crescita aggregata di poco più di 350 mila unità rispetto all’anno precedente (+0,5%), dinamica abbastanza in linea con quanto osservato negli ultimi anni.
Per quanto riguarda gli intestatari, si conserva una netta prevalenza (intorno al 90%) delle persone fisiche nella categoria A (escluse le A/10, ovvero gli uffici), nella categoria C e, in proporzione leggermente minore, nella categoria F (poco meno dell’80%), una prevalenza assai meno marcata nelle A/10 (56% circa) e un rapporto ribaltato nelle restanti categorie.
In termini di rendite, escludendo dunque dal ragionamento gli immobili appartenenti alla categoria F, a fronte di un tasso aggregato di espansione sostanzialmente analogo, aumenta il peso relativo delle categorie E, B e soprattutto D (che rappresentano oltre il 25% del totale).
In particolare, le abitazioni (gruppo A, esclusa la categoria A/10) risultano pari a poco più di 35 milioni, con un fisiologico incremento dello 0,3% rispetto al 2018. Tale incremento ha riguardato le categorie A/2 (Abitazioni di tipo civile, +0,7%), A/3 (Abitazioni di tipo economico, +0,3%), A/7 (Villini, +1,0%) e A/11 (Abitazioni e alloggi tipici dei luoghi, appena +0,2%), mentre le altre risultano in calo. Dinamiche simili possono essere osservate in relazione alle rendite, che ammontano complessivamente a oltre 17miliardi di euro.
La superficie media delle abitazioni si conferma, infine, pari a 117 m2, con valori crescenti in funzione della qualità delle diverse categorie (dai 58 m2 delle A/5, abitazioni di tipo ultrapopolare, ai 662 m2 delle A/9, castelli e palazzi di pregio).
A completamento del quadro relativo al gruppo A, la categoria A/10 (uffici) per il quarto anno consecutivo risulta in calo, sia in termini di numero di unità immobiliari (poco più di 657 mila, -0,5% rispetto al 2018), sia in termini di rendita (poco più di 1 miliardo e mezzo di euro, -0,6%).
Le categorie catastali del gruppo B (immobili a uso collettivo) sono poco più di 208 mila, +0,9% rispetto al 2018, con le sole B/3 (prigioni e riformatori, -0,1%) e B/8 (magazzini sotterranei per depositi di derrate, -0,9%) in calo; il quadro delle relative rendite si presenta analogo, per quanto con un tasso aggregato di crescita inferiore (+0,5%). Relativamente agli intestatari, prevalgono nettamente in questo caso, a differenza che nelle A, le persone non fisiche, sia in termini di stock (83% circa), sia, soprattutto, in termini di rendita (oltre il 97%).
Il gruppo C contiene immobili a destinazione commerciale e varia, per un totale di quasi 28milioni di unità, detenute per oltre l’88% da persone fisiche. Oltre il 96% del totale risulta in realtà concentrato in tre delle sette categorie: C/6 (prevalentemente box e posti auto), C/2 (prevalentemente cantine e soffitte) e C/1 (negozi). La rendita complessiva si rivela superiore ai 6miliardi di euro, con un maggior peso della quota d’intestatari persone non fisiche rispetto a quanto visto per lo stock (oltre un quarto del totale).
Il Report si dedica poi a illustrare la situazione del gruppo D (immobili a destinazione speciale), cui appartengono oltre 1,6 milioni di unità (+1,2% rispetto al 2018), per lo più concentrate nelle categorie D/1 (opifici, 504 mila circa), D/10 (edifici a uso agricolo, 432 mila circa), D/7 (edifici a uso industriale, 301 mila circa) e D/8 (edifici a uso commerciale, 247 mila circa). La categoria D/10 è l’unica nella quale prevalgano, come intestatari, le persone fisiche, (oltre il 90%); il dato più significativo, tuttavia, come accennato già in precedenza risulta quello della rendita, che supera i 10,5 miliardi di euro (oltre un quarto del totale nazionale), in crescita dello 0,9% rispetto alla precedente rilevazione.
Gli immobili del gruppo E (a destinazione particolare), infine, confermano uno stock di poco superiore alle 100mila unità e una tendenza aggregata all’espansione (+2,1% rispetto al 2018). Le categorie più consistenti restano la E/3 (edifici per speciali esigenze pubbliche, con oltre 43mila unità) e la E/9 (categoria residuale, con quasi 33mila unità), mentre anche la rendita aggregata (che ormai sfiora gli 800miliardi di euro) risulta in crescita rispetto al 2018 (+1,7).