Con la pronuncia n. 8 del 21 maggio scorso l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha risolto la questione rimessa da Cons. St., sez. III, 5 febbraio 2019, n. 882: “Gli appalti di servizi ad alta intensità di manodopera ai sensi degli artt. 50, comma 1, e 95, comma 3, lett. a), del codice dei contratti pubblici sono comunque aggiudicati con il criterio del miglior rapporto qualità/prezzo, quand’anche gli stessi abbiano anche caratteristiche standardizzate ai sensi del comma 4, lett. b), del medesimo codice”.
Ha chiarito l’Alto consesso che in questo senso va composto il contrasto di giurisprudenza venutosi a creare per effetto delle pronunce richiamate dalla Sezione rimettente, in particolare per effetto della sentenza della III Sezione del 13 marzo 2018, n. 1609, che pure per un servizio di vigilanza antincendio a favore di un’azienda sanitaria locale, aveva invece affermato la prevalenza del criterio del massimo ribasso ai sensi dell’art. 95, comma 4, lett. b), del codice dei contratti pubblici (peraltro supponendo che: «la tipologia di cui alla lett. b) del comma 4 dell’art. 95 attiene ad un ipotesi ontologicamente del tutto differente sia dall’appalto “ad alta intensità di manodopera” di cui all’art.95 comma 3 lett. a) che concerne prestazioni comunque tecnicamente fungibili»; e non già all’esito di un’analisi del rapporto strutturale tra le due diverse disposizioni di legge).
Richiamato il principio poc’anzi espresso, va quindi ribadito che le caratteristiche di servizio ad alta intensità di manodopera della vigilanza antincendio non consentono che lo stesso sia aggiudicato con il criterio del massimo ribasso, benché caratterizzato anche da una forte standardizzazione dello attività in esso comprese.
Ha affermato che il comma 3 dell’art. 95 del Codice dei contratti si pone ad un punto di convergenza di valori espressi in sede costituzionale e facoltà riconosciute a livello europeo ai legislatori nazionali, per la realizzazione dei quali nel codice dei contratti pubblici il miglior rapporto qualità/prezzo è stato elevato ad criterio unico ed inderogabile di aggiudicazione per appalti di servizi in cui la componente della manodopera abbia rilievo preponderante.
Sulla base dell’analisi normativa interna ed europea, e della cornice indirizzo politico-legislativo ad esse presupposta, si può dunque pervenire a definire il rapporto tra i commi da 2 a 5 dell’art. 95 in esame nel senso seguente: – ai sensi del comma 2 le amministrazioni possono aggiudicare i contratti di appalto pubblico secondo il criterio (ora denominato in generale) dell’offerta economicamente più vantaggiosa, individuata dal miglior rapporto qualità/prezzo o che abbia a base il prezzo o il costo, seguendo un criterio di comparazione costo/efficacia; – in attuazione della facoltà riconosciuta agli Stati membri dalla direttiva 2014/24/UE di escludere o limitare per determinati tipi di appalto il solo prezzo o il costo (art. 67, par. 2, ultimo cpv., sopra citato), e in conformità ai criteri direttivi della legge delega n. 11 del 2016, il comma 3 pone invece una regola speciale, relativa tra l’altro ai servizi ad alta intensità di manodopera, derogatoria di quella generale, in base alla quale per essi è obbligatorio il criterio del miglior rapporto qualità/prezzo; – per i servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate si riespande invece la regola generale posta dal comma 2, con il ritorno alla possibilità di impiegare un criterio di aggiudicazione con a base l’elemento prezzo, e precisamente il «minor prezzo», purché questa scelta sia preceduta da una «motivazione adeguata».
Nell’ipotesi in cui un servizio ad alta intensità di manodopera abbia contemporaneamente caratteristiche standardizzate ai sensi del comma 4, lett. b), del medesimo art. 95, come nel caso che ha dato origine alla rimessione a questa Adunanza plenaria, vi è un concorso di disposizioni di legge tra loro contrastanti, derivante dal diverso ed antitetico criterio di aggiudicazione rispettivamente previsto per l’uno o l’altro tipo di servizio e dal diverso grado di precettività della norma. Si pone quindi un conflitto (o concorso apparente) di norme, che richiede di essere risolto con l’individuazione di quella prevalente. Il conflitto così prospettato non può che essere risolto a favore del criterio di aggiudicazione del miglior rapporto qualità/prezzo previsto dal comma 3, rispetto al quale quello del minor prezzo invece consentito in base al comma 4 è subvalente.
La soluzione ora espressa (di recente riaffermata dalla V Sezione di questo Consiglio di Stato, con sentenza 24 gennaio 2019, n. 605) è infatti conseguenza diretta di quanto rilevato in precedenza, e cioè del carattere speciale e derogatorio di quest’ultima regola rispetto a quella generale, laddove il criterio del minor prezzo ai sensi del comma 4 ne segna invece il ritorno, con la riaffermazione della facoltà di scelta discrezionale dell’amministrazione di aggiudicare l’appalto secondo un criterio con a base il (solo) prezzo. Il ritorno alla regola generale incontra tuttavia un ostacolo insuperabile nella deroga prevista nel comma 3, che impone alle amministrazioni un obbligo anziché una mera facoltà, per cui per effetto di essa in tanto è possibile aggiudicare i contratti di appalto di servizi con caratteristiche standardizzate al massimo ribasso in quanto il servizio non abbia nel contempo abbia caratteristiche di alta intensità di manodopera.