Nel 2017 il PIL ha presentato una crescita del 2% in termini nominali e dell’1,6% in termini reali. Circa 41,2 milioni di contribuenti hanno assolto l’obbligo dichiarativo, direttamente attraverso la presentazione dei modelli di dichiarazione “Redditi Persone Fisiche” e “730”, o indirettamente attraverso la dichiarazione dei sostituti d’imposta (Certificazione Unica – CU).
Il numero totale dei contribuenti è aumentato di circa 340.000 soggetti (+0,83%) rispetto all’anno precedente. Sono 20,7 milioni le persone fisiche che hanno utilizzato il modello 730, con un aumento di oltre 500.000 contribuenti rispetto all’anno precedente; 9,7 milioni di soggetti hanno presentato invece il modello “Redditi Persone Fisiche”, mentre i dati dei restanti 10,8 milioni di contribuenti, non tenuti a presentare direttamente la dichiarazione, sono stati acquisiti tramite il modello CU compilato dal sostituto d’imposta.
Il reddito complessivo totale dichiarato ammonta a circa 838 miliardi di euro (-5 miliardi rispetto all’anno precedente, -0,6%) per un valore medio di 20.670 euro, in flessione dell’1,3% rispetto al reddito complessivo medio dichiarato l’anno precedente. Il calo del reddito complessivo totale e medio è dovuto in parte agli effetti transitori dell’introduzione del regime per cassa per le imprese in contabilità semplificata e in parte al calo del reddito da lavoro dipendente.
L’analisi territoriale conferma che la regione con reddito medio complessivo più elevato è la Lombardia (24.720 euro), seguita dalla Provincia Autonoma di Bolzano (23.850 euro), mentre la Calabria presenta il reddito medio più basso (14.120 euro); anche nel 2017, quindi, rimane cospicua la distanza tra il reddito medio delle regioni centro-settentrionali e quello delle regioni meridionali.
I redditi da lavoro dipendente e da pensione rappresentano circa l’84% del reddito complessivo dichiarato, nello specifico, il reddito da pensione rappresenta circa il 30% del totale del reddito complessivo. Il reddito medio più elevato è quello da lavoro autonomo, pari a 43.510 euro, mentre il reddito medio dichiarato dagli imprenditori (titolari di ditte individuali) è pari a 22.110 euro. Il reddito medio dichiarato dai lavoratori dipendenti è pari a 20.560 euro, quello dei pensionati a 17.430 euro. Infine, il reddito medio da partecipazione in società di persone e assimilate risulta di 18.380 euro. Si ricorda che la quasi totalità dei redditi da capitale è soggetta a tassazione sostitutiva e non rientra pertanto nell’Irpef.
E’ opportuno ribadire che per “imprenditori” nelle dichiarazioni Irpef si intendono i titolari di ditte individuali, escludendo pertanto chi esercita attività economica in forma societaria; inoltre la definizione di imprenditore non può essere assunta come sinonimo di “datore di lavoro” in quanto la gran parte delle ditte individuali non ha personale alle proprie dipendenze. Sarebbe pertanto improprio utilizzare i dati sopra riportati per confrontare i redditi degli “imprenditori” con quelli dei “dipendenti”.
L’analisi dell’andamento dei redditi medi delle singole categorie di contribuenti evidenzia che, in confronto al 2016, crescono in misura significativa i redditi medi da lavoro autonomo (+4,2%) e d’impresa (+3,8%, al netto dei soggetti in perdita)[7], anche per effetto delle crescenti adesioni al regime forfetario: la fuoriuscita dalla tassazione ordinaria di imprenditori e lavoratori autonomi di piccole dimensioni, che dichiarano normalmente redditi bassi, determina infatti un aumento del reddito medio dichiarato soggetto a Irpef ordinaria. Cresce anche il reddito medio da partecipazione (+2,2%).
Il reddito medio da pensione mostra una crescita dell’1,5%, confermando il trend degli anni precedenti, mentre il reddito medio da lavoro dipendente accusa una leggera flessione (0,6%). Tuttavia, se si includono nel reddito medio da lavoro dipendente i premi di produttività, tassati separatamente ad aliquota agevolata, per i quali nel 2017 sono state rivisti ammontare e soglie di fruibilità, la variazione risulta inferiore (-0,4%). In tale ambito, va evidenziato l’aumento del numero di lavoratori con contratti a tempo determinato (+14,7%), presumibilmente a causa del venir meno della decontribuzione per le nuove assunzioni, previste per due anni dal “jobs act” che ha determinato una ricomposizione delle assunzioni a favore di forme contrattuali temporanee. Inoltre, si registrano oltre 294.300 soggetti (1,3% del totale lavoratori dipendenti, con una crescita del 38,4% rispetto al 2016) che hanno richiesto la liquidazione mensile del TFR, per un ammontare di circa 238 milioni di euro (valore medio annuo di 808 euro).
Nel 2017 l’ammontare del reddito da fabbricati soggetto a tassazione ordinaria ammonta a 27,1 miliardi di euro, con una riduzione dell’1,6% rispetto all’anno precedente, a causa dell’aumento della tassazione sostitutiva. Come già anticipato, la nuova disciplina della tassazione sostitutiva dei premi di produttività, introdotta nel 2016, prevede un innalzamento della soglia del reddito da lavoro dipendente da 50.000 euro a 80.000 euro e dell’ammontare del premio soggetto a tassazione agevolata che passa da 2.000 euro a 3.000 euro e sale a 4.000 euro per le aziende che coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro e se i contratti collettivi aziendali o territoriali sono stati stipulati fino al 24 aprile 2017. Nel 2017 tale agevolazione ha interessato oltre 2,1 milioni di soggetti, ossia un dipendente su dieci, per un ammontare di circa 2,7 miliardi di euro di retribuzione (+35,4% rispetto al 2016). L’agevolazione consiste nella tassazione ad aliquota agevolata del 10% su questa parte di retribuzione.
La Legge di Bilancio 2017 ha introdotto un regime fiscale speciale (disciplina dei neo-residenti) riservato alle persone fisiche che trasferiscono la residenza fiscale in Italia e prevede l’applicazione di un’imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero e calcolata in via forfetaria nella misura di 100.000 euro per ciascun periodo d’imposta in cui risulta valida l’opzione. Dalle dichiarazioni risultano poco meno di 100 soggetti ad aver fruito dell’agevolazione, per un’imposta versata pari a circa 8 milioni di euro.
Per i redditi da locazione è stata estesa la cedolare secca ai comodatari e affittuari che locano gli immobili per periodi non superiori a 30 giorni (cd. locazione breve) e inoltre se i contratti sono conclusi con l’intervento di soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, anche attraverso la gestione di portali on-line, è prevista l’applicazione di una ritenuta del 21%. I soggetti che hanno fatto ricorso a tale agevolazione sono oltre 7.200 per un ammontare di 44,4 milioni di euro. Per l’anno in esame la tassazione sostitutiva ha interessato circa 2,4 milioni di soggetti (+11,5% rispetto al 2016), per un ammontare d’imponibile di 14,4 miliardi di euro (+8,1% in caso di aliquota ordinaria e +21,4% in caso di aliquota ridotta per canone concordato) e un’imposta dichiarata di 2,6 miliardi di euro (di cui l’83% derivante da aliquota al 21%).
L’imposta netta totale dichiarata è pari a 157,5 miliardi di euro, (+0,9% rispetto all’anno precedente). Al netto degli effetti del bonus 80 euro, l’imposta netta Irpef risulta pari in media a 5.140 euro e viene dichiarata da circa 30,7 milioni di soggetti, pari a circa il 75% del totale dei contribuenti. Oltre 10,5 milioni di soggetti hanno un’imposta netta pari a zero. Si tratta prevalentemente di contribuenti con livelli reddituali compresi nelle soglie di esenzione, ovvero di coloro la cui imposta lorda si azzera per effetto delle detrazioni riconosciute dal nostro ordinamento. Inoltre, considerando i soggetti la cui imposta netta è interamente compensata dal bonus “80 euro”, i soggetti che di fatto non versano l’Irpef salgono a circa 12,9 milioni.
Analizzando i contribuenti per fasce di reddito complessivo si osserva che il 45% dei contribuenti, che dichiara solo il 4% dell’Irpef totale, si colloca nella classe fino a 15.000 euro; in quella tra i 15.000 e i 50.000 euro si posiziona circa il 50% dei contribuenti, che dichiara il 57% dell’Irpef totale, mentre solo il 5,3% dei contribuenti dichiara più di 50.000 euro, versando il 39,2% dell’Irpef totale. Si rammenta che i soggetti con un reddito complessivo maggiore di 300 mila euro non sono più tenuti al pagamento del contributo di solidarietà del 3% sulla parte di reddito eccedente tale soglia.
L’addizionale regionale Irpef ammonta nel 2017 a circa 11,9 miliardi di euro (invariata rispetto al 2016). L’addizionale regionale media è pari a 410 euro. Il valore più alto si registra nel Lazio (610 euro), il valore più basso si rileva in Basilicata (270 euro).
L’addizionale comunale ammonta invece complessivamente a 4,8 miliardi di euro, in aumento dello 0,8% rispetto al 2016, con un importo medio pari a 190 euro, che varia dal valore massimo di 250 euro nel Lazio, al valore minimo di 60 euro nella Provincia autonoma di Bolzano.
Da questa annualità la pubblicazione dei dati delle dichiarazioni ai fini IVA viene anticipata al mese di marzo, a seguito dell’anticipo della scadenza per la presentazione della dichiarazione IVA.
Sono circa 4,8 milioni i contribuenti che hanno presentato la dichiarazione Iva per l’anno d’imposta 2017, in calo rispetto all’anno precedente (-2,8%), a causa principalmente della mancata presentazione della dichiarazione da parte dei soggetti che hanno aderito al regime forfetario.
Le operazioni imponibili dichiarate per l’anno d’imposta 2017 sono pari a 2.103 miliardi di euro (+0,9% rispetto al 2016), mentre il volume d’affari dichiarato è pari a 3.417 miliardi di euro, in aumento del 4,3%.
Per l’anno d’imposta 2017, l’Iva di competenza stimata è risultata pari a 88,8 miliardi di euro. Il dato non risulta confrontabile con quello dell’anno precedente[8], in quanto il procedimento di calcolo è stato oggetto di importanti affinamenti, per accogliere le importanti modifiche normative intervenute nel 2017.
L’anno di imposta in esame ha visto, infatti, a partire dal 1° luglio 2017, l’estensione del meccanismo dello split payment anche alle operazioni effettuate nei confronti delle società controllate da pubbliche amministrazioni centrali e locali, nonché delle società quotate incluse nell’indice FTSE MIB. Dalle dichiarazioni relative all’anno d’imposta 2017, sono 505.855 i contribuenti (+51 % rispetto al 2016) che hanno effettuato operazioni in split payment per un ammontare di 198,3 miliardi di euro (+68%). Da un’analisi per settore economico si può osservare che il 54% dell’ammontare è concentrato in quattro settori: energetico (16,3%), manifatturiero (15%), costruzioni (11,3%) e commercio (11,3%).
Uno degli effetti dell’estensione dello split payment, che determina per i fornitori il mancato incasso dell’Iva sulle cessioni, non consentendo le compensazioni con i crediti generati dall’Iva pagata sugli acquisti, è stato l’incremento delle posizioni creditorie dei contribuenti. Il “Totale Iva a credito” passa dai 42,851 miliardi di euro del 2016 ai 48,841 miliardi di euro del 2017, con un incremento del 14%, l’ammontare complessivo del “Credito da computare in detrazione e/o in compensazione nell’anno successivo” è risultato pari a 40,733 miliardi, incrementandosi, quindi, del 12,3%; il rimborso annuale richiesto è stato pari a 7,8 miliardi con un incremento del 13,8%, mentre il rimborso infrannuale utilizzato ammonta a 4,4 miliardi, incrementandosi del 15,4%. Come rilevato in una precedente analisi statistica disponibile sul sito del Dipartimento delle Finanze, è inoltre aumentata la rapidità dei rimborsi IVA da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Le sopracitate situazioni creditorie sono collegate anche all’applicazione del meccanismo del “reverse charge”. I settori di attività più interessati dall’applicazione di tale meccanismo risultano quello energetico, per il quale si rilevano gli importi più elevati (operazioni per circa 112 miliardi di euro) e il subappalto edile per il quale si registra il numero più elevato di operatori coinvolti (oltre 250.000 soggetti). Con l’anno d’imposta 2017 è stata introdotta la “Comunicazione delle liquidazioni periodiche IVA”, da presentare entro l’ultimo giorno del secondo mese successivo a ogni trimestre con l’obiettivo di agevolare la verifica tempestiva dell’adeguatezza dei versamenti effettuati.
In armonia con tale innovazione, il modello di dichiarazione annuale è stato modificato in modo da non consentire più la traslazione nel versamento annuale di Iva periodicamente dovuta e non versata. Dalle dichiarazioni IVA/2018 emerge un incremento di 1,7 miliardi di versamenti effettuati alla loro corretta scadenza periodica.