Sono 11 le città già fuorilegge per aver superato il limite di 35 giorni all’anno con concentrazioni medie di Pm10 superiori a 50 microgrammi per metro cubo. In testa alla classifica dei superamenti si piazzano Lodi (centralina di viale Vignati) con 57 giorni, seguita da Torino (Rebaudengo) con 56, Milano (Senato) con 47, Padova (Arcella) con 44, Alessandria (D’Annunzio) e Venezia (V. Tagliamento) con 41, Frosinone (Scalo) con 40, Asti (Baussano) e Pavia (Piazza Minerva) con 39, Cremona (Fatebenefratelli) con 37 e Reggio Emilia (Timavo) con 36. Lo riferisce Legambiente sottolineando che nonostante le piogge, e quindi le condizioni favorevoli alla dispersione dell’inquinamento, lo smog nelle città italiane non sembra dare tregua. Anzi verosimilmente da qui alla fine dell’anno molte altre città supereranno la soglia dei 35 giorni.
Nemmeno i mesi estivi, meno colpiti dalle concentrazioni delle polveri, hanno mostrato segnali positivi: l’ozono troposferico, un inquinante secondario spesso sottovalutato perché si forma nelle zone rurali, ha superato in Emilia Romagna il limite di 25 giorni con una media mobile sulle 8 ore superiore al valore di 120 microgrammi/metro cubo nell’85% delle stazioni di monitoraggio regionali (29 su 34): Piacenza (Monte Cucco) con 80 giorni, Parma (Cittadella) con 67, Modena (Parco Ferrari) con 66, Reggio Emilia (S. Lazzaro) con 55 e Bologna (Giardini Margherita). Sono 39 i capoluoghi di provincia oltre i limiti di legge e appare grave anche la situazione della Lombardia, dove tutti i capoluoghi di provincia hanno superato almeno in una stazione i 25 giorni di tolleranza per questo inquinante. Brescia è la città con la situazione peggiore della regione – secondo le elaborazioni di Legambiente Lombardia realizzate a partire dai dati delle stazioni ufficiali di monitoraggio – con 101 giorni di superamento, seguita da Monza (92), Lecco (88), Bergamo (85) e Varese (77).
Non si conosce la situazione per il Veneto e il Piemonte, vista la mancanza di dati riassuntivi – rileva l’associazione – sui siti delle relative Agenzie regionali. Secondo i dati pubblicati nel report ‘Air quality in Europe 2018′ dell’Agenzia europea per l’ambiente (Eea) – prosegue Legambiente – circa il 74% della popolazione urbana dell’Ue è stata esposta a concentrazioni di molto superiori a quelle previste dalle linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità (più rigide rispetto a quelle adottate dai Paesi membri) per quanto riguarda le polveri sottili (Pm2,5), responsabili di circa 422 mila morti premature in 41 Paesi europei nel 2015. Di questi decessi, circa 79 mila sono riconducibili anche alle elevate concentrazioni di biossido di azoto. Per quanto riguarda l’ozono troposferico, circa il 98% della popolazione europea è stato esposto a livelli molto superiori ancora a quelli considerati dalle linee guida dell’Oms, con la morte prematura di circa 17.700 persone in 41 Paesi europei nel 2015.
A livello italiano, le morti premature per polveri sottili (Pm2,5) sono state 60.600, di cui 20.500 riconducibili al biossido di azoto, mentre 3.200 sono legate ad alte concentrazioni di ozono. Una delle principali fonti di inquinamento atmosferico è il trasporto su strada, soprattutto per quanto riguarda l’emissione di biossido di azoto e il particolato (Pm). Non vanno però sottovalutate anche altre fonti quali la produzione di energia, l’industria, l’agricoltura e il riscaldamento domestico, che contribuiscono in maniera comunque determinante all’inquinamento atmosferico. Pm, biossido di azoto e ozono troposferico rappresentano una delle cause antropiche maggiormente responsabili dei danni alla salute delle persone.
Di inquinamento atmosferico e delle sue conseguenze sociosanitarie ed economiche si è parlato oggi a Milano, nell’ambito della prima delle due giornate di lavoro per la conclusione del progetto ‘Captor – Inquinamento atmosferico e citizen science’. Captor, finanziato dal programma Horizon2020 dell’Ue, ha messo insieme partner tecnici, scientifici e reti della società civile per testare dei sensori low per il monitoraggio dell’ozono troposferico. Il partenariato è guidato dall’università Politecnica di Catalogna e composto da Consejo Superior de Investigaciones Cientificias, Università di Clermont-Ferrand, Centro per l’innovazione sociale austriaco, network Guifi.net e le 3 associazioni Ecologistas en Accion, Global 2000 e Legambiente. Nei 3 anni di progetto sono state realizzate 3 campagne di monitoraggio della qualità dell’aria, con un focus sull’ozono troposferico, a cui i cittadini hanno partecipato concretamente ospitando gli strumenti di rilevazione nelle loro case. Il monitoraggio è avvenuto durante le stagioni estive in alcune aree rurali di Spagna (Catalogna, l’area a nord-ovest di Barcellona), Austria (la zona suburbana di Vienna) e in Pianura Padana, considerata la zona in Europa con le maggiori concentrazioni di ozono, con rilevamenti nelle zone suburbane e nelle provincie di Cuneo, Bergamo, Piacenza e Vicenza.