Con la sentenza n. 194/2018 del 26 settembre, depositata l’8 novembre 2018, la Corte Costituzionale ha stabilito l’incostituzionalità del criterio di determinazione dell’indennità spettante al lavoratore ingiustamente licenziato ancorato solo all’anzianità di servizio previsto dal d.lgs n. 23/2015 e confermato dal dl n. 87/18 (cd. decreto dignità).
I giudici delle leggi spiegano che il meccanismo di quantificazione “un importo pari a due mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio” rende infatti l’indennità rigida e uniforme per tutti i lavoratori con la stessa anzianità, così da farle assumere i connotati di una liquidazione forfetizzata e standardizzata del danno derivante al lavoratore dall’ingiustificata estromissione dal posto di lavoro a tempo indeterminato.
Pertanto, il giudice, nell’esercitare la propria discrezionalità nel rispetto dei limiti, minimo (4, ora 6 mensilità) e massimo (24, ora 36 mensilità), dell’intervallo in cui va quantificata l’indennità, dovrà tener conto non solo dell’anzianità di servizio – criterio che ispira il disegno riformatore del 2015 – ma anche degli altri criteri “desumibili in chiave sistematica dall’evoluzione della disciplina limitativa dei licenziamenti (numero dei dipendenti occupati, dimensioni dell’attività economica, comportamento e condizioni delle parti).