La costruzione delle “Città intelligenti” è ormai un processo globale che investe tutte le aree del pianeta e non soltanto i Paesi tradizionalmente avanzati. Non ne sono esenti neppure gli Stati del MENA (Middle East and North Africa), ossia quelli che occupano la regione che si estende dal Marocco, a ovest, attraversa la fascia nord-occidentale dell’Africa e prosegue verso l’Iran nel sud ovest asiatico. In verità, questa vasta area geopolitica registra negli ultimi tempi, da Casablanca ad Amman, da Dubai a Riyadh, il susseguirsi di progetti di digitalizzazione dei servizi delle principali città. In effetti – come rilevano Valeria Talbot e Tobia Zevi dell’ISPI in un dettagliato articolo – “nuove realtà urbane si collocano oggi in posizione di punta nel mercato globale delle smart cities il cui valore è stimato raggiungere i 2,57 trilioni di dollari nel 2025 (Rapporto Grand View Research)”.
In altre parole, le città puntano a diventare sempre più intelligenti attraverso l’espansioni di reti ad alta connettività. Una tendenza, questa, che risponde a una precisa esigenza: fare fronte alla sostenuta crescita demografica dei paesi dell’area MENA che, secondo l’ONU, vedranno entro il 2050, aumentare la popolazione del 50%, con tassi di urbanizzazione intorno al 70%. Attualmente, le città dell’area MENA raccolgono il 28% della popolazione totale, il 32% della forza-lavoro e circa il 50% della ricchezza prodotta. Le percentuali di urbanizzazione nella regione sono già elevatissime (con una prevalenza nei paesi del Golfo rispetto a quelli del Nord Africa, si pensi al 100% del Qatar e oltre il 90% in Kuwait) e il numero di giovani impressionante, osservano gli autori dell’ISPI. Ciò perchè l’economia basata sul petrolio ha favorito l’immigrazione di milioni di lavoratori, moltiplicando i residenti in vari paesi e città (in testa Qatar ed Emirati Arabi Uniti – EAU). “In prospettiva, dunque- sottolineano i nostri autori – la pressione di trend demografici sulle città sarà ancora maggiore con conseguenze sul sistema dei trasporti, sulla circolazione stradale, sui consumi di energia e sulla gestione delle risorse idriche. Di qui l’opzione smart, divenuta ormai scelta obbligata. Molti Governi dell’area stanno, di conseguenza, investendo ingenti risorse nelle tecnologie digitali. Si stima che nel 2018 la spesa complessiva per questo tipo di tecnologie raggiungerà 1,26 miliardi di dollari (secondo l’International Data Corporation – IDC).
In questo contesto geopolitico le monarchie del Golfo sono le più all’avanguardia nello sviluppo delle smart city. Hanno fatto da volano in tal senso i grandi appuntamenti internazionali – l’Expo di Dubai del 2020 e i Mondali di calcio a Doha del 2022. Il primato delle smart city spetta agli Emirati Arabi Uniti, con Abu Dhabi e Dubai nelle prime due posizioni della classifica della regione MENA contenuta in uno studio di McKinsey Global Institute pubblicato lo scorso giugno. In particolare, proprio Dubai è risultata anche la città più innovativa del Medio Oriente, secondo il rapporto 2018 di 2thinknow, l’agenzia di innovation data che pubblica annualmente il ranking delle città più innovative. Negli ultimi tre anni l’emirato ha investito molto in quella che potrebbe definirsi una smart strategy a tutto tondo. Da segnalare soprattutto le iniziative per potenziare il sistema di trasporti grazie all’introduzione di nuove tecnologie. Tra queste spiccano la Dubai Smart Self-Driving Vision, lanciata nel 2016 con l’obiettivo di automatizzare il 25% del trasporto giornaliero della città, e la Dubai Future Foundation che ha sviluppato una Strategia di trasporto autonomo che dovrebbe generare più di 6 miliardi di dollari di entrate all’anno grazie alla riduzione dei costi di trasporto e delle emissioni di carbone, nonché all’aumento della produttività dei lavoratori per l’abbattimento dei tempi degli spostamenti. Tra i risultati attesi dall’implementazione di questa strategia vi sono anche il taglio dei costi di trasporto del 44% e la riduzione delle emissioni inquinanti del 12%. Accanto ai finanziamenti governativi, pertanto, cresce progressivamente il numero di investitori privati.
Non è da meno l’Arabia Saudita, gigante della regione dalle numerose incognite e al centro di un vasto piano di modernizzazione che sta trasformando le più importanti città del Paese: Gedda, Mecca, Medina e non da ultimo Riyadh. La bussola della trasformazione la dà la Saudi Vision 2030. Meno nota, ma non per questo da sottovalutare, la metamorfosi in atto in Egitto, Giordania, Marocco e Tunisia. In tutta la regione MENA cresce il numero di “città nuove”, cioè progettate a tavolino con modalità dirigistiche e tuttavia assai ambiziose, dalla sostenibilità ambientale alla creazione di posti di lavoro con ricorso alla tecnologia. È il caso di Neom, una mega-smart city sul Mar Rosso completamente digitalizzata e automatizzata, per la cui costruzione l’Arabia Saudita ha annunciato piani da 500 miliardi di dollari, di Lusail in Qatar o della nuova capitale amministrativa dell’Egitto che includerà 20 aree residenziali ospitando una popolazione di 6,5 milioni di persone. Rimarchevole anche il progetto del Governo giordano annunciato a fine 2017, ossia la costruzione di una nuova area urbana con l’obiettivo di decongestionare Amman e Zarqa,ma anche di stimolare l’economia dell’intero Paese e di attrarre investimenti di lungo termine. Nell’ambito di questo fervore progettuale non poteva mancare la “lunga ombra gialla”. I cinesi sono coinvolti nello sviluppo della città costiera di Duqm, in Oman. Va da sé che nei prossimi anni, turbolenze geopolitiche permettendo, l’intera area MENA assisterà a trasformazioni epocali. Dipenderà dalla lungimiranza dell’Occidente se saranno compatibili e complementari con quelle di Europa e Nordamerica oppure in rotta di collisione con esse.