Nella sentenza 496/2018 pubblicata il 21 febbraio la terza sezione del Tar Lombardia ribadisce che la presenza di pannelli fotovoltaici sulla sommità degli edifici “non deve più essere percepita soltanto come un fattore di disturbo visivo, ma anche come un’evoluzione dello stile costruttivo accettata dall’ordinamento e dalla sensibilità collettiva, purché non sia modificato l’assetto esteriore complessivo dell’area circostante, paesisticamente vincolata”.
In termini generali, i giudici amministrativi lombardi hanno rammentato che “l’autorizzazione paesistica deve essere congruamente motivata, esponendo le ragioni di effettiva compatibilità delle opere da realizzare con gli specifici valori paesistici dei luoghi. Difatti, il paesaggio è un valore costituzionale primario e, pertanto, l’autorità amministrativa deve operare un giudizio in concreto circa il rispetto da parte dell’intervento progettato delle esigenze connesse alla tutela del paesaggio stesso. La determinazione dell’autorità competente al rilascio dell’autorizzazione de qua non può essere affidata a criptiche clausole di stile che nulla espongono circa i concreti elementi di fatto e di diritto (cfr. ex plurimis Consiglio di Stato sez. II 9 novembre 2016 n. 2321)”.
La motivazione dell’autorizzazione paesaggistica “deve consentire il riscontro dell’idoneità dell’istruttoria, dell’apprezzamento di tutte le rilevanti circostanze di fatto e della non manifesta irragionevolezza della scelta effettuata sulla prevalenza di un valore in conflitto con quello tutelato in via primaria. Ne discende che l’autorità che esamina una domanda di autorizzazione paesaggistica deve manifestare la piena consapevolezza delle conseguenze derivanti dalla realizzazione delle opere, nonché della visibilità dell’intervento progettato nel più vasto contesto ambientale e non può fondarsi su affermazioni apodittiche, da cui non si evincano le specifiche caratteristiche dei luoghi e del progetto. Deve verificare se la realizzazione del progetto comporti una compromissione dell’area protetta, accertando in concreto la compatibilità dell’intervento con il mantenimento e l’integrità dei valori dei luoghi (T.A.R. Napoli sez. VII 10 ottobre 2016 n. 4650)”.
Secondo un orientamento che il Collegio condivide pienamente “la sola visibilità di pannelli fotovoltaici da punti di osservazione pubblici non configura ex se un’ipotesi di incompatibilità paesaggistica, in quanto la presenza di impianti fotovoltaici sulla sommità degli edifici – pur innovando la tipologia e morfologia della copertura – non è più percepita come fattore di disturbo visivo, bensì come un’evoluzione dello stile costruttivo accettata dall’ordinamento e dalla sensibilità collettiva (T.A.R. Veneto, sez. II, 13 settembre 2013 n. 1104; id., 25 gennaio 2012, n. 48)”.
Gli stessi giudici precisano che “il favor legislativo per le fonti energetiche rinnovabili richiede di concentrare l’impedimento assoluto all’installazione di impianti fotovoltaici in zone sottoposte a vincolo paesistico unicamente nelle “aree non idonee” espressamente individuate dalla regione (nel caso di specie, come già rilevato l’edificio non rientra affatto nella zona A1 Nucleo Antico del PGT del Comune), mentre negli altri casi, la compatibilità dell’impianto fotovoltaico con il suddetto vincolo deve essere esaminata tenendo conto del fatto che queste tecnologie sono ormai considerate elementi normali del paesaggio (T.A.R. Brescia, sez. I, 17 dicembre 2010 n. 904)”.