Di questi tempi si fa un gran parlare di automazione e di robot che sostituiranno il lavoro vivo all’interno dei processi produttivi. Del resto, banda ultra larga e industria 4.0 sono i due assi strategici su cui puntano anche gli investimenti del Governo per rilanciare la crescita anemica del nostro Paese. Scelte necessarie, ma non prive di controindicazioni, soprattutto sul versante dell’occupazione. Diversi osservatori, infatti, prevedono la perdita di parecchi posti di lavoro nei prossimi anni proprio a causa del crescente impiego dell’intelligenza artificiale. La questione è controversa, tuttavia. La società di ricerca Gartner, ad esempio, è di diverso parere: “Nel 2020 l’intelligenza artificiale creerà più posti di lavoro di quanti ne farà perdere – 2,3 milioni contro 1,8 milioni a livello globale – con un saldo positivo di 500 mila impieghi”. Il numero di posti colpiti varierà ovviamente in base al settore. Fino al 2019 l’assistenza sanitaria, il settore pubblico e l’istruzione vedranno una domanda di lavoro in continua crescita, mentre la produzione sarà l’area che soffrirà maggiormente. A partire dal 2020, sottolineano gli analisti, la creazione di occupazione legata all’intelligenza artificiale entrerà in territorio positivo, e nel 2025 si conteranno 2 milioni di posti in più. Qual è oggi, comunque, nel nostro Paese lo stato dell’arte effettivo dei processi innovativi legati all’adozione di modelli di automazione da parte del sistema industriale?
L’Intelligenza Artificiale (AI) è poco sfruttata dalle imprese italiane. Il 56% di esse ha avviato progetti, una soluzione su quattro riguarda le chatbot, cioè dei programmi a risposta automatica che simulano conversazioni reali, usati per offrire servizi veloci. Sono i risultati della ricerca dell’Osservatorio Artificial Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano che ha analizzato oltre 700 imprese. “La velocità di diffusione dell’Intelligenza artificiale nei diversi ambiti non sarà omogenea, ma dipenderà da fattori tecnologici e di conoscenza. Le imprese italiane stanno ponendo grande attenzione, serve un grande investimento da parte dell’impresa, non solo in termini economici”, avvertono i dirigenti dell’Osservatorio Artificial Intelligence. E anche a livello internazionale le cose non procedono così velocemente come si vorrebbe far credere.
La ricerca ha studiato 469 casi globali di utilizzo d’intelligenza artificiale, rivelando che soltanto il 38% delle iniziative di AI individuate nel mondo è a regime, “una su cinque, il 21%, è in corso di implementazione”. I principali campi di applicazione riguardano l’Intelligent Data Processing (35%), che utilizzano algoritmi per estrarre informazioni e avviare azioni basate sulle informazioni estrapolate e i Virtual Assistant o Chatbot (25%).