Alla crisi dello Stato sociale si risponde con la costruzione del welfare di comunità
Welfare 25 Maggio 2017, di Teresa Bonacci
Lucio Alessio D’Ubaldo, Segretario Generale di Federsanità ANCI, ha introdotto la lectio magistralis di Giuseppe Guzzetti sottolineando che le risposte ai bisogni sociali e lo sviluppo dei servizi alla persona sono demandati agli enti locali primi interlocutori sul territorio
I moderni sistemi di welfare, in particolare quello italiano, faticano a rispondere in modo adeguato ai cambiamenti della società e a comprendere i relativi bisogni, sempre più multiproblematici e complessi. La crisi economico-finanziaria, inoltre, ha acuito la vulnerabilità delle fasce più deboli della popolazione, generando un impoverimento materiale e di prospettive: basta pensare al fenomeno delle nuove povertà, alla difficile condizione dei bambini, dei giovani, delle donne e degli anziani. Questi i temi della Lectio Magistralis tenuta da Giuseppe Guzzetti, Presidente di Acri, l’associazione delle Fondazioni di origine bancaria, e della Fondazione Cariplo, dal titolo “Il Welfare di Comunità”, nell’ambito di un incongtro a Roma promosso da Federsanità ANCI in collaborazione con Ifel, Cittalia e Centro di Documentazione e Studi dei Comuni.
“La riprogettazione del sistema italiano di welfare – ha spiegato Guzzetti – è un’impresa sempre più necessaria. Non solo per ragioni di costo, stante la difficile situazione del bilancio pubblico del nostro paese, ma soprattutto per rendere il sistema italiano dei servizi sociali più capace di affrontare le nuove sfide che si presentano al paese, per tornare a pensare il welfare come un fattore propulsivo del nostro sistema economico e sociale e non come una “zavorra”, un ostacolo per lo sviluppo”.
“Un buon sistema di welfare, invece, favorisce la coesione sociale e questa è la precondizione per una crescita autentica e duratura. I termini della sfida sono ormai chiari. I rischi sociali a cui il sistema di welfare tentano di rispondere – ha aggiunto Guzzetti – sono molto cambiati negli ultimi vent’anni: l’invecchiamento della popolazione, la caduta della natalità, la crescita (seppure ancora insufficiente) della partecipazione femminile al mercato del lavoro, l’impatto della globalizzazione sul mercato del lavoro, la forte immigrazione e altro ancora, sono tutti fattori che hanno contribuito a cambiare le condizioni di rischio sociale”.
Per Guzzetti, bisogna sperimentare nuove modalità di intervento che contribuiscano alla realizzazione di un “welfare di comunità”, un modello di politica sociale che garantisca maggiore soggettività e protagonismo alla società civile, aiutandola nella realizzazione di un percorso di auto-organizzazione e di autodeterminazione fondato sui valori comunitari della solidarietà, della coesione sociale e del bene comune.
“Il tema del ripensamento del welfare – ha ribadito Guzzetti – è un tema molto caro alle Fondazioni di origine bancaria e a Fondazione Cariplo, in particolare. Dal 2004 infatti Fondazione Cariplo ha dato il via a un programma ambizioso che specificatamente per il per il welfare di comunità e l’innovazione sociale negli ultimi tre anni ha messo a disposizione 30 milioni di euro, con l’obiettivo di sostenere sistemi territoriali pubblico/privati che hanno lavorato su percorsi di riprogettazione e di adeguamento delle risposte ai bisogni della comunità. Tale approccio passa attraverso l’innovazione dei servizi, il ripensamento della spesa sociale attuale e la capacità di ricomporre risorse pubbliche e private, la mobilitazione della società civile che partecipa e investe sui valori della solidarietà, della reciprocità e del bene comune”.
I lavori sono stati coordinati da Lucio Alessio D’Ubaldo, Segretario Generale di Federsanità ANCI, che ha sottolineato come “la titolarità delle risposte ai bisogni sociali della popolazione e lo sviluppo dei servizi alla persona sono demandati agli enti locali primi interlocutori sul territorio. Bisogna partire da qui per favorire un rinnovamento del welfare locale che si realizzi attraverso l’innovazione di servizi, dei processi e dei modelli, potenziando i sistemi di governance territoriale”.
“Proprio in relazione alla governance – ha detto D’Ubaldo – i sistemi territoriali, valorizzando ove possibile la programmazione territoriale già attivata, dovrebbero intraprendere azioni volte a realizzare nuove forme di alleanza pubblico/privato (profit e no profit), arricchendo il sistema di programmazione territoriale di attori “non convenzionali” del cosiddetto “secondo welfare” (aziende, associazioni di categoria, fondazioni private e di comunità, ecc..) e riorientare l’utilizzo delle risorse, evitando dispersioni e sprechi”.
Ha chiuso il convegno Giuseppe Fioroni, presidente della commissione d’inchiesta parlamentare sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro, ringraziando Giuseppe Guzzetti per il suo contributo di informazione e proposta e auspicando una sempre maggiore interazione fra enti locali, mondo del volontariato e casse di risparmio, al fine di attuare efficaci politiche di contrasto alla marginalità e alle nuove sofferenze sociali.