Per garantire il “regime di libera concorrenza”, che non vada a svantaggio degli imprenditori privati del settore alberghiero, gli alberghi e i pensionati gestiti da enti religiosi o ‘no profit’a, se vogliono godere di tassazione agevolata, visto che usufruiscono di un beneficio che si tramuta in un “aiuto di Stato”, devono offrire prezzi “significativamente ridotti” rispetto a quelli di mercato.
Lo sottolinea la Corte di Cassazione dando ragione all’Agenzia delle Entrate contraria all’Ires ridotta per l’Istituto delle Rosine di Torino, grande ‘pensionato’ vicino al polo universitario.
L’Agenzia delle Entrate ha fatto ricorso in Cassazione sottolineando che la tassazione ridotta non possa prescindere da una valutazione e ricognizione dell’attività “concretamente svolta” dalle tante strutture ricettive gestite direttamente da enti religiose o da cooperative non profit. “Analogamente a quanto affermato in materia di Ici – sottolinea la Cassazione – lo svolgimento di attività di assistenza o di altre attività equiparate, senza le modalità di una attività commerciale, costituisce il requisito oggettivo necessario ai fini dell’agevolazione e va accertato”.
Per i supremi giudici, hanno colto nel segno le obiezioni avanzate dall’Agenzia delle Entrate, per cui “il pensionato costituiva di fatto un’attività alberghiera, aperta al pubblico, e che avrebbe potuto essere gestita da qualunque imprenditore privato, e che, avuto riguardo ai redditi da fabbricati, gli immobili risultavano locati a privati secondo una logica di mercato”.