Nero su bianco la bozza di testo che riscrive molte parti del Codice dell’amministrazione digitale, favorendo la transizione verso la PA 2.0: un documento che ad oggi comprende 58 articoli e che probabilmente verrà discusso in Consiglio dei Ministri il 15 gennaio.Ma guardiamo in sintesi le novità che partiranno dal 1° luglio 2016. Quest’anno troverà applicazione il domicilio digitale, rimasto sulla carta da quasi tre anni. Una novità che introduce un recapito elettronico, come un indirizzo e-mail, consentendo di comunicare con le diverse amministrazioni. Verrà utilizzata principalmente la Posta elettronica certificata, ma allo studio del governo sono anche altri canali, visto che il sistema è tra quelli finora “non decollati”. Stando all’ultima bozza di decreto, le PEC dovranno essere registrate attraverso il sistema digitale dell’anagrafe che, entro il 2018, sostituirà le 8.000 esistenti.
Con la riforma, inoltre, cittadini e imprese avranno diritto all’assegnazione di un’identità digitale con cui potranno accedere ed utilizzare i servizi. Attraverso lo Spid, o Pin unico (che dovrebbe entrare a regime nei prossimi mesi), si potranno consultare on-line la Carta d’Identità elettronica e quella nazionale dei servizi. Ma non è tutto: inserendo un codice telematico, infatti, si potranno pagare le tasse o scaricare referti medici. Con il tempo poi verrà meno anche l’obbligo di conservare i documenti informatici, se questi sono già in possesso di un ufficio (con la possibilità di chiederne l’accesso in qualsiasi momento). Multe e bollette si pagheranno con gli sms. Con la riforma verrà aumentato anche il numero di connessioni internet negli uffici, nelle scuole, negli ospedali e nei luoghi turistici.
Le pubbliche amministrazioni dovranno condividere con utenti esterni la parte di banda non utilizzata attraverso un sistema di autenticazione. Ed un capitolo del decreto è dedicato al rafforzamento della cyber-security. Con l’aumento della mole di dati che passerà per la rete, gli Enti pubblici dovranno dedicare molta più attenzione alla loro gestione e archiviazione. La conduzione dei files nei pc passerà attraverso un sistema di catalogazione più efficiente e sicuro rispetto a quelli utilizzati fino ad oggi (che dovrà permettere anche un agevole reperimento delle informazioni). Ogni Pubblica amministrazione affiderà ad un unico ufficio dirigenziale, guidato da un capo hi-tech, la “transizione alla modalità operativa digitale”. L’ufficio sarà diretto da un dirigente con competenze tecnologiche e manageriali rispondente direttamente al vertice politico. L’hi-tech, infatti, proporrà a quest’ultimo i necessari adeguamenti dell’amministrazione per la transizione digitale. Saranno quattro gli esperti in materia di innovazione e digitalizzazione che andranno a comporre la Conferenza permanente per l’innovazione tecnologica che dovrà elaborare indirizzi e fornire consulenza al premier.
Con la riforma della pubblica amministrazione viene sottolineato che i documenti informatici potranno essere liberamente valutati in giudizio se immodificabili e sicuri, dunque avranno validità ai fini delle prove. Sarà l’Agenzia per l’Italia digitale a coordinare l’intero processo informatico delle amministrazioni statali, regionali e locali. E sarà sempre l’Agid che emanerà regole, standard e guide tecniche per la riduzione dei costi. All’Agenzia sarà assegnata, inoltre, facoltà di vigilanza (anche sanzionatoria) sull’intero processo di digitalizzazione.