“Fare sistema” è la chiave per lo sviluppo di città intelligenti in grado di migliorare la qualità della vita dei cittadini. Obiettivo, per il quale le Pubbliche Amministrazioni, le aziende e il mondo della ricerca sono chiamati a collaborare attivamente in sinergia. Questo il messaggio che emerge dalla seconda edizione del convegno I-CiTies 2016 – organizzato dal Laboratorio Nazionale Smart Cities del CINI (Consorzio Interuniversitario Nazionale per l’informatica) – svoltosi presso l’Università del Sannio a Benevento. All’evento hanno partecipato rappresentanti dell’Accademia, delle aziende e delle Pubbliche Amministrazioni che si sono confrontati sui principali progetti in corso e su come accelerare il processo di costruzione delle smart city. Una città intelligente è basata su tre componenti fondamentali. Una rete di comunicazione capillare per collegare sensori, attuatori e altri dispositivi intelligenti dispiegati sul territorio (secondo il paradigma dell’Internet of Things); una piattaforma (in Cloud) capace di ospitare ed elaborare la grande mole di dati prodotta dai sensori e dai dispositivi personali e di rendere tali dati (o una loro sintesi) disponibili sotto forma di open data; una moltitudine di servizi per supportare gli amministratori nelle loro decisioni, le utilities nella gestione on-demand delle risorse e per migliorare la qualità della vita dei cittadini.
Presenti al convegno anche Dirigenti dell’Agenzia per l’Italia Digitale, di Ministeri, Agenzie governative e dell’ANCI (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani) che hanno illustrato l’agenda digitale italiana nel settore delle smart cities e i progressi fatti fino a questo punto. Dalla discussione è emersa la necessità di giungere alla definizione di una piattaforma nazionale italiana allo scopo di favorire la replicabilità dei progetti e il riuso delle soluzioni. «Attualmente – spiega il professore Giuseppe Anastasi, Professore di Ingegneria Informatica nell’Università di Pisa e Direttore del Laboratorio Nazionale Smart Cities del CINI – la maggior parte dei progetti nelle città italiane è sviluppata secondo un approccio “verticale”, per cui si hanno tanti sottosistemi indipendenti, anche tecnologicamente avanzati, che non comunicano fra loro. Occorre invece – continua Anastasi – passare a un approccio “orizzontale” in cui i dati prodotti dai vari sottosistemi cittadini (traffico, illuminazione, gestione dei rifiuti, monitoraggio della qualità dell’aria, …) vengano raccolti da una piattaforma unica (o da un insieme di piattaforme interoperabili) e resi disponibili, in forma di open data, per sviluppare servizi smart per i cittadini e gli amministratori. Di qui la necessità di lavorare per la definizione di una “piattaforma” nazionale che possa essere adottata come riferimento dalle varie città italiane. Questo – conclude il professore Anastasi – permetterebbe di focalizzare gli sforzi di ricercatori accademici e industriali e le azioni strategiche di agenzie ed enti governativi verso soluzioni condivise, riducendo al contempo i costi e limitando il “vendor lock-in”».