Nel 2021 più di 600.000 ettari sono andati in fumo nei sei paesi euromediterranei di Italia, Spagna, Portogallo, Francia, Grecia e Turchia, una superficie ben superiore alla media dei decenni precedenti, come già era accaduto nel 2017 e nel 2020. In Italia sono stati inceneriti dalle fiamme circa 170.000 ettari, il 60% in più della media 1980-2018, la maggior parte dei quali nel sud e nelle isole. È quanto emerge dal nuovo report WWF “Spegnere oggi gli incendi di domani. Dalla gestione dell’emergenza a gestione e prevenzione del rischio”, che conferma il trend anche per il 2022, iniziato nel peggiore dei modi. La superficie percorsa dalle fiamme in Europa nei primi mesi del 2022, infatti, è stata ben 5 volte maggiore rispetto alla media del periodo 2006-2021, differenza che ora si è ridotta a “solo” tre volte maggiore, ma che è destinata nuovamente ad aumentare con l’arrivo del picco estivo degli incendi. La differenza con le passate annualità è che nel 2022 la stagione degli incendi è cominciata prima: ondate di calore anticipate (in alcuni Paesi sono stati superati i 40°C già a giugno) e una straordinaria siccità invernale hanno reso la vegetazione più secca e quindi maggiormente infiammabile, creando una condizione perfetta per la combustione. In Europa con la stagione estiva si sono già innescati i primi incendi dilaganti, dovuti alle temperature fuori controllo. I roghi stanno divampando nel sud della Francia e al nord di Spagna e Portogallo, ma anche in Marocco e Grecia si stanno affrontando, già migliaia le persone sfollate. A causa di questo cambiamento del clima, un ulteriore rischio è lo sviluppo degli incendi in regioni solitamente non soggette a questo fenomeno, come al centro e al nord Europa. Oltre a frequenza e intensità, – emerge dal rapporto – anche le dimensioni degli incendi stanno aumentando, dando vita ai cosiddetti “mega-incendi”, responsabili della maggior parte delle superfici bruciate e molto difficili da domare. Una serie di fattori, si legge nel report WWF, contribuisce a rendere il paesaggio più infiammabile e quindi facilita l’innesco e la propagazione degli incendi: fattori climatici e metereologici come ondate di calore e periodi siccitosi più lunghi; fattori socio-economici come l’espansione delle superfici incolte e di quelle edificate con conseguente aumento dell’interfaccia urbano-foresta, dove l’interconnessione tra aree urbane e natura è molto stretta e di conseguenza la probabilità d’innesco d’incendio è maggiore.
“Se gli incendi stanno cambiando, le strategie devono adattarsi per governarli – sottolinea Isabella Pratesi, direttrice Conservazione del WWF Italia- bisogna investire e potenziare tutte la azioni in grado di assicurare la prevenzione del rischio, rendendo il territorio meno infiammabile per limitare di conseguenza l’estensione dell’incendio e rendere così possibile l’eventuale lotta con i mezzi antincendio. È necessaria una gestione attiva del territorio, così come potenziare il coordinamento tra gli enti interessati”. Il numero degli incendi nei paesi euromediterranei aumenta del 20-30% ogni dieci anni. Se la temperatura globale aumentasse di 3°C, ben 15 milioni di cittadini europei in più sarebbero esposti almeno 10 giorni l’anno ad alto, se non estremo pericolo, d’incendio. Il numero degli incendi estremi aumenterebbe così globalmente fino al 14% entro il 2030, del 30% entro la fine del 2050 e addirittura del 50% entro la fine del secolo. Oltre il 97% degli incendi in Europa è riconducibile all’attività umana, la maggior parte dei quali per colpa. Negligenza, imprudenza, inesperienza e disattenzione causano l’ignizione del fuoco senza la volontà di arrecare un danno, ad esempio in seguito a un’errata gestione di pratiche agricole o forestali come abbruciamento di stoppie e potature, incendio di rifiuti, o attività ricreative come barbecue e fuochi pirotecnici. Le principali conseguenze sono solitamente perdita di vite umane, piante o animali, danni alle infrastrutture, degrado del suolo e diminuzione di produttività e funzionalità degli ecosistemi, oltre che emissione in atmosfera d’ingenti quantità di polveri e CO2 con pesanti conseguenze sul riscaldamento climatico già in atto. Da tempo si ritiene che il contrasto degli incendi boschivi basato sulla lotta attiva dell’evento non sia più idonea a fronteggiare efficacemente questo fenomeno. Occorre, dunque, una più appropriata prevenzione del rischio. In altre parole, serve adottare una corretta strategia che affronti il problema prima che si manifesti, attraverso la pianificazione di adeguate strategie di gestione e prevenzione del rischio”, conclude il Wwf.