Nel 2020 sono andati persi 41 metri cubi al giorno per km di rete nei capoluoghi di provincia/città metropolitana, il 36,2% dell’acqua immessa in rete (37,3% nel 2018). Sono 236 i litri per abitante erogati ogni giorno nelle reti di distribuzione dei capoluoghi di provincia/città metropolitana. In 11 Comuni capoluogo di provincia/città metropolitana, tutti nel Mezzogiorno, sono state adottate misure di razionamento nella distribuzione dell’acqua. Nel 2021 l’86,0% delle famiglie si dichiara soddisfatto del servizio idrico mentre il 65,9% delle persone di 14 anni e più è attento a non sprecare acqua.
L’acqua e l’insieme dei servizi a essa correlati sono elementi imprescindibili per la sostenibilità ambientale, il benessere dei cittadini e la crescita economica. Tra i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile dell’ONU (Sustainable Development Goals, SDGs), al tema dell’acqua sono dedicati il Goal 6 “Garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico sanitarie” e il Goal 14 “Conservare e utilizzare in modo sostenibile gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile”; a questi si aggiungono, per la natura integrata e indivisibile degli obiettivi, anche altri Goals, tra i quali il Goal 13 “Adottare misure urgenti per combattere il cambiamento climatico e le sue conseguenze”. I cambiamenti climatici e l’inquinamento stanno infatti accrescendo la pressione su corpi idrici e infrastrutture, già fortemente sollecitati dai processi di urbanizzazione e dallo sviluppo economico che hanno avuto, negli anni, un impatto diretto sull’aumento della domanda di acqua. Occorre dunque rafforzare la resilienza del sistema idrico, rendendo i processi più efficienti soprattutto nei territori che presentano una maggiore vulnerabilità a situazioni di criticità idrica. La salvaguardia delle risorse idriche e la gestione efficace, efficiente e sostenibile dei servizi idrici rientra tra gli obiettivi del PNRR. Le politiche per la gestione sostenibile dell’acqua richiedono un monitoraggio continuo e capillare della risorsa attraverso informazioni sempre più aggiornate, aggiornabili e al maggior dettaglio territoriale. Da qui la necessità di consolidare il sistema informativo per rispondere alle esigenze dei diversi stakeholders e costruire un sistema di governance, pianificazione e valutazione. Tra le diverse tipologie di uso della risorsa idrica, il comparto relativo al potabile è un sorvegliato speciale per monitorare la disponibilità e le pressioni sulla risorsa, viste anche le dirette conseguenze sul sistema socio-economico e sul benessere e le abitudini dei cittadini. Per la Giornata mondiale dell’acqua, istituita dalle Nazioni Unite nel 1992 e celebrata ogni anno il 22 marzo, l’Istat pubblica un focus tematico che presenta i risultati provenienti da diverse indagini, elaborazioni e analisi e offre una lettura integrata delle statistiche sulle acque con riferimento agli aspetti legati al territorio e alla popolazione.
Diminuisce di poco l’acqua erogata nelle reti di distribuzione dei capoluoghi
Nel 2020, il servizio di distribuzione dell’acqua potabile nei 109 Comuni capoluogo di provincia/città metropolitana (dove risiedono 17,8 milioni di abitanti, il 30% circa della popolazione italiana) è in carico a 95 gestori. In 100 Comuni (17,2 milioni di residenti) la gestione del servizio è specializzata mentre nei restanti nove (600mila residenti) è prevalentemente in economia. In quest’ultimo caso è il Comune che ha la responsabilità del servizio. La rete di distribuzione dei Comuni capoluogo si sviluppa complessivamente su oltre 57mila chilometri di rete, calcolati per circa l’80% della lunghezza attraverso un sistema informativo territoriale. I gestori hanno complessivamente immesso in rete 2,4 miliardi di metri cubi di acqua (370 litri per abitante al giorno) ed erogato 1,5 miliardi di metri cubi per usi autorizzati agli utenti finali, pari a 236 litri per abitante al giorno, fatturati o forniti ad uso gratuito. I volumi movimentati nelle reti dei capoluoghi storicamente rappresentano il 33% circa dei volumi complessivamente distribuiti sul territorio nazionale. Rispetto al 2018 i volumi immessi in rete si riducono di oltre il 4%, i volumi erogati dell’1,6%. L’intensità dell’erogazione dell’acqua è fortemente eterogenea sul territorio perché legata alle caratteristiche infrastrutturali e socio-economiche dei Comuni. Nei Comuni capoluogo del Nord, dove i volumi erogati raggiungono il massimo (256 litri per abitante al giorno in media), si ha un significativo differenziale tra quelli del Nord-ovest (282 litri) e del Nord-est (220). Il quantitativo erogato si riduce nei capoluoghi del Centro (231 litri), del Sud (221), per poi raggiungere il minimo nelle città delle Isole (194). Tra i 109 capoluoghi, volumi superiori ai 300 litri per abitante al giorno si riscontrano nelle città di Milano, Isernia, Cosenza, L’Aquila, Pavia e Brescia. Di contro, sotto i 150 litri per abitante si trovano Barletta, Arezzo, Agrigento, Andria e Caltanissetta (Figura 1). Le variazioni in serie storica del valore degli indicatori possono dipendere da effettivi cambiamenti nella dotazione idrica, ma anche da modifiche nei criteri di calcolo dei volumi consumati ma non misurati al contatore, oltre che dai cambiamenti demografici. La pandemia da Covid-19 potrebbe aver generato modifiche nei volumi movimentati nel 2020, ma è difficile individuare un rapporto diretto di causa-effetto. In alcuni capoluoghi a forte vocazione turistica, come Rimini e Venezia, si è comunque registrata un’importante riduzione dei volumi erogati di circa il 15%.
Perdite idriche in leggero calo nei capoluoghi di provincia
Non tutta l’acqua immessa viene effettivamente erogata agli utenti finali. Nel 2020 sono infatti andati dispersi 0,9 miliardi di metri cubi, pari al 36,2% dell’acqua immessa in rete (37,3% nel 2018), con una perdita giornaliera per km di rete pari a 41 metri cubi (44 nel 2018). Proseguendo la tendenza già segnata nel 2018, le perdite totali di rete si riducono di circa un punto percentuale. Le perdite totali di rete hanno importanti ripercussioni ambientali, sociali ed economiche, soprattutto per gli episodi di scarsità idrica sempre più frequenti. Sono da attribuire a fattori fisiologici presenti in tutte le infrastrutture idriche, alla vetustà degli impianti, prevalente soprattutto in alcune aree del territorio, e a fattori amministrativi, riconducibili a errori di misura dei contatori e ad allacci abusivi, per una quota che si stima pari al 3% delle perdite. In più di un capoluogo su tre si registrano perdite totali superiori al 45% (Figura 2). Le condizioni di massima criticità, con valori superiori al 65%, sono state registrate a Siracusa (67,6%), Belluno (68,1%), Latina (70,1%) e Chieti (71,7%). All’opposto, una situazione infrastrutturale decisamente favorevole, con perdite idriche totali inferiori al 25%, si rileva in circa un Comune su cinque. In sette capoluoghi i valori dell’indicatore sono inferiori al 15%: Macerata (9,8%), Pavia (11,8%), Como (12,2%), Biella (12,8%), Milano (13,5%), Livorno (13,5%) e Pordenone (14,3%). In nove Comuni, tre del Centro e sei del Mezzogiorno, si registrano perdite totali lineari superiori ai 100 metri cubi giornalieri per chilometro di rete, generalmente superiori al 50% in termini percentuali. Nei Comuni nei quali – in controtendenza con il dato complessivo – peggiora la performance del servizio rispetto al 2018, il gestore attribuisce in alcuni casi il risultato a una più corretta registrazione dei volumi (Belluno e Vicenza, ad esempio), all’eliminazione del minimo impegnato nella bolletta dell’acqua o a cambiamenti nel sistema di contabilizzazione. Dove registrata, la riduzione delle perdite è dovuta principalmente alle attività di distrettualizzazione della rete di distribuzione effettuate negli ultimi anni, che hanno consentito di ridurre le pressioni di esercizio e di rilevare le perdite occulte (come, ad esempio, a Roma e Como).
Continua il razionamento dell’acqua nei capoluoghi del Mezzogiorno
Nel 2020, ben 11 Comuni capoluogo di provincia/città metropolitana, localizzati tutti nel Mezzogiorno, hanno fatto ricorso a misure di razionamento nella distribuzione dell’acqua potabile, disponendo la riduzione o sospensione dell’erogazione idrica (Figura 3). Ciò a seguito della forte obsolescenza dell’infrastruttura idrica, dei problemi di qualità dell’acqua per il consumo umano e dei sempre più frequenti episodi di riduzione della portata delle fonti di approvvigionamento, che rendono scarsa o addirittura insufficiente la disponibilità della risorsa idrica in alcune aree del territorio. Rispetto al 2019 il numero di Comuni interessati da misure di razionamento è aumentato di due unità, ma è rimasto sostanzialmente invariato il numero di giorni oggetto di misure emergenziali volte ad assicurare la distribuzione dell’acqua ai cittadini. Misure di razionamento sono state adottate in quasi tutti i capoluoghi della Sicilia (tranne a Messina e Siracusa), in due della Calabria (Reggio di Calabria e Cosenza), in un capoluogo abruzzese (Pescara) e in uno campano (Avellino).
Ad Agrigento e Trapani le misure più restrittive di erogazione dell’acqua
In quattro capoluoghi le restrizioni nella distribuzione dell’acqua potabile sono state estese a tutto il territorio comunale: Enna, dove l’erogazione dell’acqua è stata sia sospesa che ridotta (32 giorni); Pescara, dove il servizio è stato ridotto solo in alcune ore della giornata, specialmente nelle ore notturne o nelle prime ore mattutine (74 giorni); Cosenza e Reggio di Calabria, dove le misure sono state adottate per fascia oraria e a giorni alterni (rispettivamente per 366 e 77 giorni). L’adozione di misure di razionamento solo per una parte del territorio comunale ha coinvolto sette capoluoghi di provincia (a parte Avellino, tutti situati in Sicilia); due casi in più rispetto all’anno precedente. Le misure restrittive hanno interessato circa 227mila residenti, soprattutto siciliani (13,9% della popolazione residente nei capoluoghi della regione). A Catania la distribuzione dell’acqua è stata ridotta per fascia oraria per sei giorni nel mese di luglio. Ad Avellino e Palermo l’erogazione dell’acqua è stata sospesa nell’arco dell’anno, rispettivamente per 11 e 183 giorni, per fascia oraria, soprattutto nelle ore notturne, per consentire il riempimento delle vasche di alimentazione della rete di distribuzione, coinvolgendo rispettivamente il 18,8% e l’11,1% dei residenti. A Caltanissetta il 20,8% dei residenti è stato sottoposto a una riduzione o sospensione nell’erogazione dell’acqua per complessivi 211 giorni. A Ragusa si è fatto ricorso a turni di erogazione o sospensione dell’acqua per 75 giorni in alcune zone della città, interessando il 13,9% dei residenti. Le situazioni più critiche ad Agrigento e Trapani, dove l’erogazione dell’acqua è stata sospesa o ridotta in tutti i giorni dell’anno, con turni diversi di erogazione estesi a tutta la popolazione residente.
Ancora troppi residenti senza servizio di depurazione nei capoluoghi di regione
Nei 21 Comuni capoluogo di Regione e Provincia autonoma (dove vivono 9,7 milioni di abitanti) il 94,7% della popolazione residente risulta allacciata alla rete fognaria pubblica, indipendentemente dalla disponibilità di successivi impianti di trattamento delle acque reflue urbane. Il servizio pubblico di fognatura è assente per 514mila residenti nei capoluoghi. In questi casi le acque reflue urbane vengono convogliate generalmente verso sistemi autonomi di smaltimento, quali ad esempio vasche Imhoff private, soprattutto nelle aree con case sparse e zone difficilmente raggiungibili. A livello di ripartizione territoriale si nota un divario nella copertura del servizio in termini di residenti: la presenza del servizio è maggiore nei capoluoghi di regione del Nord (98,2%), si riduce nel Mezzogiorno (96,0%), per raggiungere il minimo al Centro (89,7%). Una copertura del servizio pubblico di fognatura pari ad almeno il 95% dei residenti si riscontra in 15 capoluoghi di regione (Figura 4). Nei restanti sei Comuni le percentuali sono comprese tra il 94,9% di Ancona e l’87,8% di Catanzaro. Una presenza quasi completa del servizio si registra a Bologna, Cagliari, Torino e Trento, con percentuali pari ad almeno il 99%. Non tutti i reflui collettati dalla rete fognaria pubblica sono convogliati verso impianti di depurazione delle acque reflue urbane, infrastrutture indispensabili per ridurre l’inquinamento dei corpi idrici superficiali e sotterranei. Nel 2020 si stima che il 93,7% della popolazione residente nei Comuni capoluogo di regione e provincia autonoma usufruisca del servizio pubblico di depurazione delle acque reflue urbane. Sono circa 605mila i residenti privi del servizio, che in parte utilizzano sistemi privati di smaltimento e trattamento dei reflui oppure sono collegati a una rete fognaria pubblica che convoglia le acque di scarico direttamente in corsi d’acqua superficiale o a mare tramite condotta sottomarina. Le città del Nord, con il 98,2%, raggiungono la copertura maggiore del servizio, con circa 70mila residenti non serviti, mentre il Mezzogiorno si attesta al 94,0% (circa 138mila residenti non serviti) e il Centro all’88,4% (circa 397mila residenti). La percentuale di popolazione servita è inferiore al 90% nei Comuni di Perugia (85,7%), Campobasso (87,4%), Roma (87,5%) e Catanzaro (87,8%).
Soddisfatte del servizio idrico quasi nove famiglie su 10
Nel 2021, l’86,0% delle famiglie allacciate alla rete idrica comunale si ritengono molto o abbastanza soddisfatte del servizio. Il livello di soddisfazione varia sul territorio in misura piuttosto marcata: sono molto o abbastanza soddisfatte il 92% circa delle famiglie residenti al Nord, l’84,1% di quelle del Centro e l’82,4% nel Sud; nelle Isole la percentuale scende al 69,8%. A livello regionale, anche per il 2021 si confermano significativi livelli di insoddisfazione in Sicilia (30,2% le famiglie poco o per niente soddisfatte), Sardegna (29,8%), Calabria (28,9%) e Abruzzo (23,1%) (Figura 5). Il giudizio espresso dalle famiglie riguardo ai diversi aspetti del servizio di fornitura di acqua potabile nelle abitazioni (regolarità della fornitura, livello di pressione, odore, sapore, limpidezza dell’acqua, frequenza della lettura dei contatori e della fatturazione e comprensibilità delle bollette) esprime, nel 2021, complessivamente non piena soddisfazione. Poco meno del 90% delle famiglie italiane si dichiara molto o abbastanza soddisfatto per l’assenza di interruzioni nella fornitura; Calabria, Sicilia, Abruzzo e Sardegna presentano le quote regionali più alte di famiglie poco o per niente soddisfatte (rispettivamente 33,6%, 31,3%, 21,8% e 18,5%). Le famiglie residenti nelle regioni del Mezzogiorno e del Centro si dichiarano mediamente più insoddisfatte del livello di pressione dell’acqua rispetto alla media nazionale (15,4%), con quote di insoddisfazione più elevate in Sicilia (28,6%), Calabria (26,3%), Abruzzo (23,2%) e Lazio (21,4%).
Poco comprensibile la bolletta dell’acqua per una famiglia su tre
Stabile nel 2021 a livello nazionale la quota di famiglie che si ritengono molto o abbastanza soddisfatte rispetto all’odore, al sapore e alla limpidezza dell’acqua: sono più di tre su quattro (il 76,2%), ma la quota è ben al di sotto della media nazionale in Sicilia (59,7%), Sardegna (62,9%), Calabria (68,8%) e Campania (70,5%). La frequenza di lettura dei contatori è molto o abbastanza soddisfacente per quasi otto famiglie su 10 ma, anche in questo caso, la quota di famiglie poco o per niente soddisfatte (il 22,8% in media nazionale) presenta un forte divario territoriale, con elevate percentuali di bassa soddisfazione soprattutto in Sicilia (39,7%), Calabria (38,9%), Abruzzo (35,5%) e Basilicata (34,7%). Rispetto al giudizio sulla frequenza della fatturazione, la percentuale di famiglie molto o abbastanza soddisfatte si mantiene oltre l’80% del totale. In Calabria la percentuale di famiglie poco o per niente soddisfatte raggiunge il 34,7%, in Sicilia il 33,4% e in Sardegna il 31,0%. La comprensibilità delle bollette è l’aspetto della fornitura dell’acqua nelle abitazioni che meno soddisfa le famiglie; quelle molto o abbastanza soddisfatte sono circa il 66,5%. Molto al di sopra della media nazionale le famiglie insoddisfatte nelle regioni del Mezzogiorno (Sicilia 48,1%; Abruzzo 45,1% e Sardegna 43,3%).
Stabile l’irregolarità nell’erogazione dell’acqua
La quota di famiglie che lamentano irregolarità nel servizio di erogazione dell’acqua nelle loro abitazioni è pari al 9,4% nel 2021 e si presenta pressoché stabile nell’ultimo triennio (Figura 6). Il disservizio investe in percentuali molto diverse tutte le regioni e interessa 2,4 milioni di famiglie residenti, di cui 1,5 milioni nel Mezzogiorno (63,9%). Più esposte ai problemi di erogazione dell’acqua Sicilia e Calabria. Critica la situazione in Sicilia, dove non solo si registra la quota più elevata di famiglie che lamentano irregolarità nel servizio di erogazione dell’acqua (29,0%), ma anche un sensibile peggioramento rispetto all’anno precedente, di poco più di sette punti percentuali. In Calabria il 28,8% delle famiglie lamenta irregolarità del servizio ma la quota è in calo di circa 10 punti percentuali rispetto al 2020. Di contro, quote esigue si registrano al Nord-ovest (3,1%) e al Nord-est (3,5%), mentre nel Centro Italia meno di una famiglia su 10 dichiara che il servizio di erogazione è irregolare. Le valutazioni delle famiglie confermano che le criticità del servizio hanno un carattere stagionale: l’irregolarità nell’erogazione dell’acqua è un problema avvertito durante tutto l’anno dal 34,0% delle famiglie, dal 33% solo nel periodo estivo, mentre per il 32% si tratta di un evento sporadico. Oltre la metà delle famiglie (55,1%) considera adeguati i costi sostenuti per l’erogazione dell’acqua, ma il 38,1% li giudica elevati. Alti livelli di insoddisfazione per l’entità della spesa si registrano nelle Isole (51,9%), al Centro (42,4%) e al Sud (42,0%); molto più contenuti nel Nord-ovest (30,8%) e nel Nordest (31,7%).
Fonte: ISTAT