Abbassare le tasse per sostenere la ripresa: è un mantra che tutte le forze politiche reiterano da anni. L’attuale Governo ne fa addirittura un punto d’onore. E, tuttavia, la realtà e la sua rappresentazione spesso non coincidono. Cresce, ad esempio, il peso delle tasse sul lavoro. In particolare, in Italia si allarga il cuneo fiscale sui lavoratori dipendenti: negli ultimi 5 anni, è aumentato di 1,8 punti percentuali, passando dal 47,2% del 2010 al 49% dello scorso anno. Rispetto alla media dei paesi Ocse, che si ferma al 35,9%, il fisco è arrivato a essere del 13,1% più pesante. Negli anni la forbice si è andata allargando di un punto percentuale (nel 2010 era del 12,1%). I dati contenuti nelle ultime tabelle pubblicate dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico mostrano che il Belpaese negli ultimi 5 anni ha conservato il quinto posto su una classifica di 34 paesi. A peggiorare la situazione c’è la differenza di salario, che in Italia risulta inferiore di 3.074 dollari rispetto alla media dei paesi Ocse: 27.808 dollari contro 30.882 dollari. E guardando indietro di cinque anni si scopre che i lavoratori italiani hanno perso costantemente terreno, rispetto all’andamento generale; basta pensare che il reddito percepito nel paese è aumentato di 2.536 dollari lordi, contro i 3.762 dollari della media Ocse. Anche il confronto con le nazioni che superano l’Italia in fatto di tassazione sul lavoro, una volta visti i salari in termini assoluti, mostra una realtà in cui i dipendenti italiani percepiscono quasi sempre meno. Infatti in Belgio, dove la tassazione arriva al 55,3%, il reddito netto arriva a 33.132 dollari; in Austria, dove il cuneo fiscale tocca il 49,5%, il reddito è pari a 34.869 dollari. Mentre in Germania, dove il prelievo è del 49,4%, il salario è di 36.194 dollari. Unica eccezione è l’Ungheria, dove viene applicata una tassazione del 49% che lascia nella busta paga solo 15.922 dollari.