Un gruppo multidisciplinare di microbiologi, geologi, chimici e bioclimatologi della Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige, Istituto di Biometereologia del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibimet-Cnr), Università di Firenze, di Venezia e di Innsbruck, hanno studiato la carica microbica di uno dei più intensi eventi di trasporto di polveri sahariane che ha raggiunto le Alpi già nel 2014, pubblicandone ora i risultati sulla rivista specializzata Microbiome.
Questa grande tempesta ha depositato grandi quantità di polvere sahariana sulle Alpi dolomitiche, che è stata poi sigillata tra diversi strati di neve “pulita”. Questo ha permesso una determinazione particolare di microrganismi associati alla deposizione. Nei campioni di neve raccolti sulla Marmolada e Latemar, i ricercatori hanno trovati evidenze scientifiche riguardo al fatto che le grandi tempeste di polvere possono muovere non solo frazioni, ma intere comunità microbiche (batteri e funghi) dalle aree sahariane all’Europa e che questo microbiota contiene molti organismi estremamente resistenti e in grado di sopravvivere in diversi ambienti.
“L’idea di studiare un eccezionale evento invernale – hanno spiegato i ricercatori – ha consentito di scoprire quasi intere comunità di microbi sahariani trasportate dal vento e congelate in uno strato di neve rosa, isolato sotto lo zero dagli strati precedenti e da quelli successivi”.
L’analisi delle firme genetiche dei batteri, dei funghi congelati e delle comunità microbiche dei suoli ha consentito di verificare che alcuni di questi microbi sahariani sopravvivono anche dopo lo scioglimento delle nevi, con molta probabilità perché numerosissimi. Quanto scoperto suggerisce che il cambiamento climatico e l’aumentata frequenza di questi eventi possa cambiare in modo significativo le comunità microbiche dei suoli, trasportando intere comunità in posti assai lontani tra loro. Questo studio è stato realizzato grazie alle moderne e sofisticate strumentazioni di ricerca: la metagenomica e biologia computazionale di Fem.
“Da quando tecniche di sequenziamento di ultimissima generazione hanno dato all’uomo la possibilità di vedere microrganismi senza coltivarli su piastra, ma identificandoli direttamente dalla firma del DNA, è stato scoperto che i batteri e i funghi sono in tutti gli ambienti, inclusa l’aria, le nubi e il vento – concludono i ricercatori”. Il team interdisciplinare che ha condotto lo studio è guidato da Tobias Weil (Fem), Duccio Cavalieri dell’Università di Firenze e da Franco Miglietta (Ibimet-Cnr, Foxlab), che hanno coordinato esperti in geologia, ambiente, metereologia, microbiologia e bioinformatica della Fondazione Edmund Mach, Consiglio nazionale delle ricerche, Università di Firenze, Innsbruck e di Venezia.
Accettando la sfida lanciata dalle Nazioni Unite per l’implementazione delle azioni di monitoraggio e protezione in materia di tempesta di sabbia e polvere dovute al trasporto di lungo raggio, gli autori della ricerca indicano con la stessa metodologie rapide ed efficaci per monitorare i rischi associati alla fusione di neve e ghiacciai contaminati da popolazioni microbiche che arrivano da lontano. Una strada per giungere a sistemi efficaci di prevenzione e allerta.