“Le aree sono alcune decine. E alcune di queste aree sono abbastanza grandi per fare più di un deposito”; il che significa che ci sono “un centinaio di siti in cui farlo: ipotetici ‘100 indirizzi'”. Lo afferma il presidente della Sogin Giuseppe Zollino, nel corso di un convegno sul nucleare alla Camera, parlando della mappa delle aree potenzialmente idonee per la costruzione del deposito nazionale per i rifiuti radioattivi.
“Quando ho cento possibili indirizzi – osserva Zollino – o tiro i dadi o inizio a discutere con le persone. Se qualcuno si candidasse, anche dopo che gliel’abbiamo spiegato, non ha nessun vincolo. In caso di fallimento della trattativa, è previsto dal procedimento che si prendano in considerazione le aree più idonee. Ma è una soluzione da scongiurare perché è molto meglio una negoziazione che un decreto della presidenza della Repubblica” che decida l’area. Per il presidente della Sogin “il problema non è se la Carta (delle aree potenzialmente idonee, ndr) tarda la pubblicazione tre mesi ma se la negoziazione invece che quattro anni ce ne mette quaranta. Avere un deposito nazionale significa avere Paese civilmente evoluto”. Il deposito nazionale, spiega Zollino, è “una struttura intrinsecamente sicura, non è niente di trascendentale, è una infrastruttura statica dove non c’è nessun processo attivo”; ed è “un’opzione preferibile” a depositi regionali. Per il presidente di Sogin occorrerà invece “organizzare bene tutto il sistema dei controlli” e soprattutto “curare la fase del sistema dei trasporti dei rifiuti, che dovrà essere integrato. Sarebbe strano che ogni giorno partissero convogli dagli ospedali d’Italia”. Dovrebbe ospitare “circa 30.000 metri cubi; deposito sarà pieno verso il 2045-2050. Il trasporto richiederà diversi anni. Ospiterà tutto quello prodotto in Italia dalle attività nucleari; il deposito chiuderà il ciclo dell’elettronucleare italiano; a questo si aggiungerà quello ospedaliero e industriale. Poi probabilmente dovrà essere ampliato o dovrà esserne costruito un altro”.
Sereni, trasparenza-informazione sulla gestione dei rifiuti
“La gestione dei rifiuti radioattivi richiede la massima sicurezza delle popolazioni e dell’ambiente, per questo è necessario assicurare un continuo monitoraggio e controlli scrupolosi. Sulle attività e sui processi in corso è necessario che il Parlamento mantenga alta la sensibilità. Il contributo della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e sugli illeciti ambientali ad esse correlati sarà in questo come in altri ambiti fondamentale”. Lo ha detto la Vice presidente della Camera, Marina Sereni, salutando a Montecitorio gli intervenuti al convegno “La gestione dei rifiuti radioattivi e il sistema dei controlli. Esperienze a confronto tra Francia, Spagna e Italia”. “L’Italia – ha ricordato – ha definitivamente abbandonato l’opzione del nucleare con i referendum del 1987 e, da ultimo, del 2011 privilegiando il ricorso ad altre fonti energetiche”. Ma, – ha aggiunto – “le relazioni della Commissione di inchiesta della passata e della presente legislatura hanno messo in evidenza alcune criticità connesse ai ritardi nell’attività di decommissioning, al sistema dei controlli e alla mancanza di un deposito nazionale in cui collocare i rifiuti. Altro nodo da affrontare riguarda la pubblicazione della Carta Nazionale delle aree potenzialmente idonee ad ospitare il deposito nazionale, sul quale sarà avviato l’iter per la definitiva localizzazione e realizzazione del sito, un processo non facile in cui non possiamo escludere l’insorgere di opposizioni locali”. Servono “trasparenza nel processo decisionale, informazione e coinvolgimento”. Infine la Vice presidente ha ricordato che l’Italia ha recepito nel 2014 la direttiva europea, che istituisce un quadro per la gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi. “Non è però ancora operativo l’Ispettorato nucleare per la sicurezza nucleare e la radioprotezione e non è stato definito il programma nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi”. Passi avanti e ritardi da colmare: “L’iniziativa odierna è importante – ha concluso – perché consente di discutere del tema della gestione dei rifiuti radioattivi e del sistema dei controlli anche nel contesto della situazione europea grazie agli interventi del rappresentante della Commissione europea e dei relatori di Francia e Spagna in cui sono in corso esperienze interessanti”.
Ispra, non si possono usare depositi temporanei
”Non è possibile pensare di continuare a usare i depositi temporanei, sia pure nella massima garanzia di sicurezza” ha detto il direttore dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) Stefano Laporta. ”L’Italia è un Paese – continua Laporta parlando dei rifiuti radioattivi e del deposito nazionale – che può affrontare, gestire e risolvere la situazione: dal punto di vista tecnico scientifico ci siamo”. Laporta annuncia che ”dal 26 al 28 ottobre ospiteremo la riunione dei capi delle Autorità di regolazione dei Paesi occidentali”; e che nella ”seconda decade di novembre ospiteremo la visita dell’Agenzia atomica internazionale” che periodicamente viene fatta ”per fare il punto della situazione nel Paese membro: stiamo preparando al meglio l’appuntamento, ma sono certo che alcuni nodi verranno al pettine”.
Bratti, al più presto inizi processo scelta deposito
“Dobbiamo gestire una quantità importante di rifiuti a bassa e media attività nella maniera che prevede la normativa europea. Per questo abbiamo la necessità di costruire un deposito unico in Italia” e “per questo dobbiamo partire al più presto con la discussione complessa e difficile” realtiva “al processo di scelta del luogo dove costruire il deposito” ha avvertito il presidente della commissione Ecomafie Alessandro Bratti ricordando che già “da qualche mese la commissione ha consegnato alla Camera e al Senato” una relazione in cui vengono messi “in evidenza quali siano i problemi”. Tra le difficoltà del sistema dei rifiuti radioattivi in Italia, ci sono quelli della “gestione, la lentezza del decommissioning degli impianti nucleari”, e i “problemi legati al fatto che non esiste ancora una struttura di controllo definita”; anche se in realtà c’è ma è “all’interno di un organismo più ampio come Ispra”, eppure “abbiamo scelto un altro percorso” a cui “non abbiamo ancora dato le gambe” tipo l’Isin, l’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione.
Anci, coinvolgere comuni in disattivazione siti
Tra i temi irrisolti nella politica italiana sul nucleare c’è anche il mancato coinvolgimento dei Comuni nella disattivazione dei siti attuali: lo segnala il coordinatore della Consulta Anci dei Comuni sede di servitù nucleari, Alessandro Portinaro, ricordando come nei giorni scorso la Regione Piemonte, “nell’iter di revisione del piano regolatore di Saluggia, abbia applicato per la prima volta quanto previsto dall’art. 24 della legge 27/2012, che autorizza la realizzazione di interventi per lo smantellamento, anche in contrasto con quanto previsto dai piani regolatori, togliendo quindi ai Comuni un ulteriore strumento di governo del proprio territorio”. “Speriamo quindi – auspica Portinaro – che il governo riprenda in mano il dossier nucleare e faccia ripartire il processo: pubblicazione della Cnapi, programma nazionale, Isin e un intervento sulla governance di Sogin, che da mesi vive in una situazione difficile. Abbiamo bisogno di un’azienda di Stato seria e che possa svolgere il suo compito bene, evitando di accumulare ritardi e di rendersi protagonista di pagine da dimenticare, come la recente costruzione del D2 di Saluggia (uno dei nuovi depositi che Sogin sta costruendo sui siti attuali) che, prima ancora di entrare in funzione – conclude l’esponente Anci – presenta già crepe e ossidazioni, come puntualmente rilevato da Ispra”.