La quinta sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 8292/2023, ha stabilito che In materia di rinnovo o proroga dei contratti pubblici di appalto di servizi non vi è alcuno spazio per l’autonomia contrattuale delle parti.
In particolare, i giudici di Palazzo Spada hanno spiegato che in materia di rinnovo o proroga dei contratti pubblici di appalto di servizi non vi è alcuno spazio per l’autonomia contrattuale delle parti in quanto vige il principio inderogabile, fissato dal legislatore per ragioni di interesse pubblico, in forza del quale, salve espresse previsioni dettate dalla legge in conformità della normativa eurounitaria, l’amministrazione, una volta scaduto il contratto, deve, qualora abbia ancora la necessità di avvalersi dello stesso tipo di prestazioni, effettuare una nuova gara pubblica. Al riguardo, all’affidamento senza una procedura competitiva deve essere equiparato il caso in cui all’aggiudicazione della gara segua, dopo scadenza dell’appalto, un regime di proroga diretta che non trovi fondamento nel quadro normativo: le proroghe dei contratti affidati con gara, infatti, sono consentite se già previste ab origine e comunque entro termini determinati, mentre una volta che il contratto scada e si proceda ad una proroga non prevista originariamente, o oltre i limiti temporali consentiti (ovvero senza limiti predeterminati ed espliciti), la stessa proroga dovrebbe essere equiparata ad un affidamento senza gara. La proroga, nella sua accezione tecnica, ha carattere di temporaneità e di strumento atto esclusivamente ad assicurare il passaggio da un regime contrattuale ad un altro; una volta scaduto un contratto, quindi, l’amministrazione, qualora abbia ancora necessità di avvalersi dello stesso tipo di prestazione, deve effettuare una nuova gara: si tratta pertanto di un istituto ammissibile ove ancorato al principio di continuità dell’azione amministrativa (ex art. 97 Cost.) e comunque nei soli limitati ed eccezionali casi in cui (per ragioni obiettivamente non dipendenti dall’amministrazione) vi sia l’effettiva necessità di assicurare precariamente il servizio nelle more del reperimento di un nuovo contraente.
Il rinnovo di un contratto pubblico rappresenta per l’amministrazione “non già un obbligo, quanto una facoltà di scelta da parte del soggetto pubblico; in particolare, è stato rilevato che anche quando una disposizione normativa o una previsione dei precedenti atti di gara consentano la proroga o rinnovazione del contratto con il contraente originario, proprio in quanto possibilità derogatoria di un divieto generale, si tratta di mera facoltà; con la conseguenza che, se l’Amministrazione ritiene non conveniente rinegoziare la prosecuzione del rapporto oltre la scadenza, ben può procedere ad espletare una procedura di evidenza pubblica per la scelta del nuovo contraente”. In ogni caso, nel caso di specie, anche laddove l’amministrazione avesse ritenuto coerente con l’interesse pubblico disporre il rinnovo del contratto, non sarebbe comunque stata obbligata a farlo alle medesime condizioni del precedente, posto che il Comune aveva espressamente subordinato la sottoscrizione del rinnovo ad una modifica (sub specie di delimitazione dell’oggetto) delle pattuizioni originarie.