Appalti e pagamenti ai fornitori sono – tradizionalmente si potrebbe impropriamente dire – due ambiti particolarmente delicati e critici per il sistema degli enti locali. Di qui gli interventi normativi e organizzativi messi in campo negli ultimi anni per migliorare una situazione complessiva largamente insoddisfacente, tanto per usare un eufemismo. Nel 2012, ad esempio, il debito accumulato dalla Pa locale nei confronti dei fornitori ammontava alla cifra record di 91 miliardi. Da allora qualcosa si è fatto per accelerare i tempi. Com’è, dunque, la situazione attuale? Al quesito – non certamente banale, perchè va a toccare uno dei fattori decisivi per il rilancio della crescita nel Paese, ossia la liquidità delle imprese che lavorano con il sistema pubblico allargato – risponde il nuovo rapporto di Fondazione Etica «Rating pubblico dei Comuni» che ogni anno misura efficienza, trasparenza e anticorruzione dei Comuni italiani. Dall’indagine emerge, purtroppo, che le cose non sono sostanzialmente cambiate da sei anni a questa parte: il 62% degli enti paga strutturalmente in ritardo rispetto alla scadenza scritta nella fattura, con una media che va dai 41 ai 55 giorni. Alcuni Comuni, tuttavia, sono particolarmente virtuosi e pagano prima della scadenza come Trento e Cuneo (due settimane di anticipo) o Udine e Brescia (rispettivamente otto e cinque giorni prima). «Il legislatore — spiega Paola Caporossi, direttrice di Fondazione Etica — non chiede mai la trasparenza fine a se stessa, prima non c’era neanche l’obbligo di pubblicare i tempi di pagamento dei fornitori. Ma oggi – fatto positivo da segnalare – nel pubblicare questi dati, i Comuni hanno cominciato a voler migliorare la loro performance».
L’altro capitolo di particolare interesse del report, presentato ieri a Milano, affronta il tema della gestione degli appalti e degli affidamenti diretti da parte dei Comuni, monitorando in maniera approfondita il livello di trasparenza in questa attività da parte di Ciascun ente. «Ricorrere alla procedura di affidamento diretto di una fornitura o prestazione è, ovviamente, più facile e veloce per una Pa — precisa Caporossi — ma proprio per questo può essere occasione di episodi di corruzione. Questo non vuol dire, naturalmente, che i Comuni che fanno maggiormente ricorso agli affidamenti diretti siano più corrotti degli altri, ma, anche in questo caso, serve a individuare alert, da monitorare nel tempo». Fatto sta che la percentuale degli affidamenti diretti sul totale degli appalti supera il 90% a Siracusa e Frosinone, mentre scende sotto il 50% solo a Treviso, seguita da Brindisi (53%) e Potenza (59%). È comunque altissima in molti Comuni, dal Sud (Olbia 75%, Salerno 77%) al Centro (Teramo 77%) fino ad arrivare al Nord (Brescia 85%, Ancona 84%, Imperia 88%). «Confermando che il tema degli affidamenti diretti è un fenomeno trasversale — precisa il direttore della Fondazione — che sfata anche il luogo comune per cui le cattive abitudini siano radicate principalmente al Sud».