Sono trascorsi tre anni dalla mattina del 3 ottobre 2013, quando un barcone carico di migranti si inabissò a poche decine di metri dall’isola dei Conigli, a Lampedusa. Nella tragedia morirono 368 persone. Proprio in occasione di questa drammatica ricorrenza, con un legge voluta dal Parlamento e promulgata dal Presidente della Repubblica il 21 marzo 2016, “al fine di conservare e di rinnovare la memoria di quanti hanno perso la vita nel tentativo di emigrare verso il nostro Paese per sfuggire alle guerre, alle persecuzioni e alla miseria”, è stata indetta la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione.
Quello di tre anni fa è uno dei disastri più grandi nella storia dell’immigrazione, il più grande per quanto riguarda l’arcipelago delle Pelagie che ormai da decenni fa i conti con un flusso migratorio inarrestabile. Di quella tragedia è ancora vivo il ricordo delle centinaia di bare allineate all’interno dell’hangar dell’aeroporto. Vittime che diedero un determinate slancio all’istituzione dell’operazione “Mare nostrum”, che negli anni ha salvato migliaia di migranti. Il capitano dell’imbarcazione, un tunisino di 35 anni, risultò essere stato precedentemente espulso dall’Italia, e fu posto in arresto per il sospetto di aver causato l’affondamento dell’imbarcazione e accusato di omicidio colposo. I superstiti del naufragio furono indagati e accusati di reato di clandestinità per essere entrati illegalmente in Italia, secondo le leggi sull’immigrazione vigenti al momento del disastro.
Si calcola che in tre anni siano stati oltre 270.000 i migranti salvati nel Canale di Sicilia, mentre il numero dei morti, è calcolato in circa 11.500.