Il 20 giugno di ogni anno, dal 2001, si celebra la Giornata mondiale del rifugiato, indetta dalle Nazioni Unite, per commemorare l’approvazione nel 1951 della Convenzione sui profughi da parte dell’Assemblea generale dell’Onu.
Lo scorso anno oltre 65 milioni di persone sono state costrette ad abbandonare la propria abitazione per fuggire dall’inferno. Lo racconta “Global Trends 2015”, il rapporto diffuso dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr).
In base al rapporto, la soglia dei sessanta milioni è stata superata per la prima volta, con un netto aumento dai 59,5 milioni del 2014. I rifugiati, persone in fuga dai loro paesi, sono stati 21,3 milioni, i profughi, che hanno lasciato le loro case senza abbandonare il loro paese, 40,8 milioni.
Oltre la metà, il 54 per cento, proveniva da soli tre Paesi: la Siria, al sesto anno di conflitto, con 4,9 milioni di profughi, e Afghanistan e Somalia, con 2,7 e 1,1 milioni, dove invece si combatte incessantemente rispettivamente da quaranta e trent’anni. Dietro questi numeri, ci sono volti e storie di sofferenza
“Sempre più gente viene forzata a lasciare la propria abitazione da guerre e persecuzioni ed è preoccupante di per sé, ma si moltiplicano anche i fattori che mettono a rischio i rifugiati “, dice l’Alto Commissario per i rifugiati Filippo Grandi. “In mare, un numero spaventoso di rifugiati e migranti muore ogni anno. Sulla terraferma, le persone che fuggono dalle guerre trovano la loro strada sbarrata dai confini chiusi”.
Se l’Europa fatica ad accogliere l’oltre un milione di persone che l’anno scorso ha raggiunto le sue coste via mare, più dell’86 per cento dei rifugiati si trova in Paesi a basso e medio reddito. In cima alla classifica dei Paesi ospitanti figurano Turchia, Pakistan e Libano seguiti da Iran, Etiopia e Giordania. Per questo, commenta Grandi, “oggi viene messa alla prova la volontà delle nazioni di lavorare insieme non solo nell’interesse dei rifugiati, ma nell’interesse umano collettivo, ma è lo spirito di unità che deve prevalere”.