Il dl 148/2017 ospita in sede di conversione una norma dell’ultima ora che sbaraglia la concorrenza nel settore dei servizi a favore di quei pochi operatori economici che presentano il requisito dell’iscrizione all’albo per l’accertamento e la riscossione delle entrate degli enti locali. L’articolo inserito nel maxiemendamento prevede che, “per la tutela dell’integrità dei bilanci pubblici e delle entrate degli enti territoriali, nonché nel rispetto delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, le funzioni e le attività di supporto propedeutiche all’accertamento e alla riscossione delle entrate degli enti locali e delle società da essi partecipate sono affidate a soggetto iscritti all’albo previsto dall’articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446”.
Il testo racchiude nel binomio “funzioni e attività” gran parte dei servizi che possono essere svolti a favore degli enti locali per la gestione delle entrate, nucleo che si sviluppa nella fase della riscossione (spontanea e coattiva) e dell’ accertamento. Il binomio di per sé si pone in contrasto con l’articolo 52 del d lgs 446/97 che, essendo catalogato come norma fondamentale dell’ordinamento giuridico, può essere derogato solo in forma espressa. La norma per questo non agisce sulle funzioni che l’articolo 52 affida, non solo agli iscritti all’albo, ma anche alle società pubbliche con affidamento in house senza il requisito di iscrizione all’albo. La stesse attività propedeutiche risultano esperibili per le società pubbliche che, in quanto ammesse all’esercizio di funzioni, certamente non sono escluse per le attività propedeutiche finalizzate alla funzione dei Comuni.
La norma si rivolge dunque a tutti gli operatori economici che forniscono ai Comuni, agli enti locali in genere e alle società dei Comuni, attività di supporto propedeutiche all’accertamento e alla riscossione, cercando di superare in tal modo le analisi dei giudici amministrativi che da diverso tempo sentenziavano a favore dell’apertura massima alla concorrenza. Da ultimo si richiamano le parole del Consiglio di Stato 380/2017 In tal senso va richiamata la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (cfr., in particolare, Cons. Stato, sez. V, 24 marzo 2014, n. 1421), che ha chiarito che il requisito di cui agli artt. 52 e 53 d.lgs. n. 446 del 1997 (e la inerente garanzia di affidabilità patrimoniale che esso sottende), in tanto si giustifica, in quanto oggetto dell’affidamento sia il maneggio del denaro di pertinenza dell’ente pubblico che contraddistingue la posizione dell’agente (o concessionario) della riscossione delle entrate. La sentenza citata ha chiarito che, mancando l’attribuzione del maneggio del denaro pubblico, il requisito in questione non solo non è necessario, ma la sua eventuale previsione da parte del bando, risulterebbe illegittima, perché irragionevole e sproporzionata.
E’ del tutto evidente che l’interpretazione più complessa è relativa al principio di proporzionalità. Se la finalità della norma è la tutela dell’integrità dei bilanci pubblici e delle entrate, si tratta di individuare quale occasione rivela il pericolo che vuole evitare il legislatore: non è la stampa di un bollettino, non è l’analisi del territorio per misurare la potenzialità di gettito, non è l’assistenza specialistica per la soluzione di casi complessi, non è la fornitura di un’applicazione o di un software, non è il controllo sui residui non riscossi, non è il ricorso a un esperto o a un legale per la soluzione di casi e problematiche. Se la norma avesse voluto comprendere tutto, avrebbe creato un ostacolo all’erogazione diretta di quelle piccole attività che gli stessi iscritti all’albo devono acquisire da altri. E non è certamente pensabile che il legislatore abbia inteso creato una barriera all’ingresso (accordarsi con gli iscritti all’albo) per poter lavorare con gli enti locali. Sarà quindi importante comprendere quale insieme di attività propedeutiche all’accertamento e alla riscossione possano mettere in pericolo le entrate dei comuni al punto di dover ricorrere in via esclusiva a un iscritto all’albo della riscossione, sulla base delle soglie di valore del capotale versato che guardano alla dimensione del comune (1 milione per gestioni di comuni con popolazione fino a 10.000 abitanti e comunque per un massimo di 100.000 abitanti onnicomprensivi; 5 milioni di euro nei comuni con popolazione fino a 200.000 abitanti; 10 milioni di euro per comuni di maggiori dimensioni). Un insieme di attività che mirano alla gestione completa degli uffici da parte di terzi che, a tenore del testo, non potranno che essere affidate agli iscritti all’albo ma che non comprendono singole fasi del processo, esperibili da diversi operatori specializzati. Evidentemente la norma vuole garantire agli iscritti all’albo quegli affidamenti che i comuni, dopo l’obbligo dell’incasso su conto proprio, non vogliono più affidare in concessione ma gestire direttamente con l’ausilio di operatori esterni in grado di coprire la fase della riscossione ovvero dell’accertamento. L’entità di ciò che si intende affidare sarà determinante per comprendere se trovi applicazione il nuovo testo normativo.