Le lotte per l’emancipazione femminile – dopo i primi movimenti per l’uguaglianza delle donne nati durante la rivoluzione francese – hanno segnato un passo in avanti nel XIX secolo, in particolare, grazie al coraggio delle Suffragette inglesi (1869) che, oltre che il diritto di voto, hanno rivendicato di essere “pari agli uomini” politicamente (poter partecipare alla vita politica), giuridicamente (avere uguali diritti e doveri, ma soprattutto uguali trattamenti), socialmente (poter avere accesso agli impieghi fino a quel momento riservati agli uomini, come insegnare nelle scuole superiori) ed economicamente (sottopagate e dipendenti dal marito volevano poter essere indipendenti).
Successivamente, nel lontano 1908, a New York, 129 operaie dell’industria tessile “Cotton” scioperarono per protestare contro le terribili condizioni in cui erano costrette a lavorare. La ribellione si protrasse per alcuni giorni finché, l’8 marzo, il proprietario Mr. Johnson bloccò tutte le porte della fabbrica per impedire alle operaie di uscire dallo stabilimento. Ci fu un incendio doloso e le 129 operaie prigioniere all’interno dello stabilimento morirono arse dalle fiamme. Da allora, l’8 marzo è stata proposta come giornata di lotta internazionale, a favore delle donne. La commemorazione – americana – delle vittime è stata poi accolta in tutto il mondo come la giornata simbolo del riscatto femminile. L’iniziativa di celebrare la giornata internazionale della donna fu presa per la prima volta nel 1910 da Clara Zetkin a Copenaghen durante la Conferenza internazionale delle donne socialiste.
Da allora, la condizione delle donne (in alcune parti del mondo più che in altre) è in parte migliorata. Tuttavia, la parità di genere resta – tuttora – un’opera incompiuta, in settori quali la partecipazione al mercato del lavoro, l’indipendenza economica, le retribuzioni e le pensioni, l’eguaglianza nelle posizioni dirigenziali, la lotta alla violenza di genere e la parità di genere nell’azione esterna.
La parità di genere e l’impegno UE – Il principio dell’uguaglianza tra donne e uomini (principio che figura tra i principi fondamentali sanciti dal diritto comunitario) l’Unione europea – che ha tra l’altro creato l’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere – segue un duplice approccio che associa Azioni specifiche e Gender mainstreaming. Il tema ha anche assunto una forte dimensione internazionale, in termini di lotta contro la povertà, di accesso all’istruzione e ai servizi sanitari, di partecipazione all’economia e al processi decisionale, nonché di diritti delle donne in quanto diritti umani. D’altra parte, un nuovo articolo (1bis) del Trattato di Lisbona relativo ai valori su cui l’Unione si fonda precisa: “questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini”.
La “Strategia per la parità tra donne e uomini (2010-2015)” – preceduta da cinque programmi e Strategie quadro (2001-2005) e (2006-2010) – ha individuato cinque settori d’intervento prioritari:
· pari indipendenza economica per donne e uomini
· pari retribuzione per lavoro di pari valore
· parità nel processo decisionale
· dignità, integrità e fine della violenza nei confronti delle donne
· parità tra donne e uomini nelle azioni esterne.
Negli ultimi anni sono stati fatti passi in avanti, quali ad esempio, il più alto tasso di occupazione femminile mai registrato (64% nel 2014 – contro 75% di occupazione maschile) e la crescente partecipazione delle donne ai processi decisionali in campo economico. Tuttavia, questa tendenza al miglioramento è controbilanciata da persistenti disparità in altri ambiti, ad esempio in termini di retribuzioni e redditi.
Circa i posti dirigenziali, e la politica, sono riscontrabili alcuni miglioramenti (il più delle volte dovuti a misure di carattere legislativo). Tuttavia, le donne rappresentano solo il 21% dei membri dei Consigli di direzione delle più grandi imprese quotate in Borsa; e la percentuale di donne nei parlamenti e nei governi nazionali (in costante aumento) è passata rispettivamente dal 22% e 21% alla fine del 2004 al 29% e 27% nel 2015. Il divario nei redditi complessivi tra donne e uomini in età attiva ha raggiunto il 41%; e il 40% nelle pensioni. Circa la violenza, donne e ragazze rappresentano – anche – la maggioranza delle vittime della tratta di esseri umani (68% donne, 17% uomini, 12% ragazze e 3% ragazzi). A livello mondiale , le donne continuano a vedere violati i loro diritti fondamentali e sono vittime di discriminazioni nell’accesso all’istruzione, al lavoro, alla protezione sociale, alla successione, ai beni economici, alle risorse produttive, nonché alla partecipazione ai processi decisionali e alla società in senso lato.
Qualcosa è stato fatto. E, tra l’altro, non bisogna scordarsi – come ben precisava Simone de Beauvoir – “che basta una crisi politica, economica e religiosa perché i diritti delle donne siamo rimessi in questione. Questi diritti non sono mai acquisiti una volta per tutte. Dovete restare vigili durante la vostra vita”. Ma molto va ancora fatto: soprattutto in Paesi del resto del mondo rispetto all’Unione.
E ora: che fare? – Da una recente consultazione pubblica (che ha ricevuto quasi 5000 risposte) emerge che la stragrande maggioranza (94%) delle organizzazioni che hanno risposto considera le priorità dell’attuale strategia ancora valide per un impegno futuro. Questa opinione è stata confermata dagli Stati membri, che riconoscono altresì l’importanza di un intervento a livello europeo per istituire un quadro di riferimento.
Pertanto – come stabilito nel Programma di lavoro per il 2016 – la Commissione proseguirà iniziative concrete volte a promuovere la parità di genere, continuando a porre l’accento su tutti e cinque i settori prioritari, esistenti:
· accrescere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro e garantire pari indipendenza economica per donne e uomini;
· ridurre il divario di genere in termini di retribuzioni, introiti e pensioni e combattere quindi la povertà delle donne;
· promuovere la parità tra donne e uomini nel processo decisionale;
· lottare contro la violenza di genere e proteggere e sostenere le vittime;
· promuovere la parità di genere e i diritti delle donne in tutto il mondo.
“L’impegno strategico a favore della Parità di genere 2016-2019” – cui si rinvia (http://ec.europa.eu/justice/gender-equality/document/files/strategic_engagement_it.pdf) – che, costituendo un Quadro di riferimento per un maggiore impegno a tutti i livelli (europeo, nazionale, regionale o locale) contribuisce al Patto europeo per la parità di genere (2011-2020), per ciascuno di questi settori indica (complessivamente) 30 “Azioni chiave” (con rispettivi termini e indicatori di monitoraggio) per realizzare i loro obiettivi. Non resta che agire,