Gli arenili italiani sono giardini di rifiuti piuttosto che di sabbie d’oro? E’ proprio così secondo l’indagine di Legambiente Beach Litter 2018. Su 78 spiagge monitorate (22 in Campania, 15 in Sicilia, 7 in Calabria, 7 nelle Marche, 6 in Puglia, 4 nel Lazio, 4 in Basilicata, 3 in Sardegna, 3 in Toscana, 2 in Veneto, 2 in Molise, una in Emilia-Romagna, Abruzzo e Friuli-Venezia Giulia, per un totale di oltre 400mila metri quadri, sono stati trovati una media di 620 rifiuti ogni 100 metri. Quattro per ogni passo compiuto sulle dune. Nell’80% dei casi, si tratta di rifiuti di plastica, seguono vetro o ceramica (7,4%), metallo (3,7%), carta e cartone (3,4%). Per lo più, i rifiuti sulle nostre spiagge sono frammenti di plastica, anelli e tappi di plastica e infine i cotton fioc, che salgono quest’anno al terzo posto della top ten. I rifiuti plastici usa e getta, come bottiglie, stoviglie e buste, sono stati rinvenuti nel 95% delle spiagge monitorate. Perché questa situazione allarmante? La cattiva gestione dei rifiuti urbani resta la causa principale della presenza dei rifiuti sulle spiagge italiane (il 42% degli oggetti è riconducibile a essa). Poi, influisce anche la carenza dei sistemi depurativi, unita con la pessima abitudine di usare il wc e gli scarichi domestici come una pattumiera in cui gettare bastoncini cotonati, blister di medicinali, contenitori delle lenti a contatto, aghi da insulina, assorbenti o applicatori e altri oggetti di questo tipo che poi ci ritroviamo sulle spiagge (il 10% dei rifiuti). Infine, pesca e acquacoltura, responsabili del 6% degli oggetti registrati, in particolare reti e lenze.
“Chiediamo all’Europa di essere ancora più ambiziosa nella sua strategia anti plastica, definendo nuove misure legislative per contrastare l’usa e getta”, dice il presidente di Legambiente, Stefano Ciafani, che sottolinea: “E’ anche urgente avviare la rimozione dei rifiuti dai fondali marini, con la messa a sistema del ‘fishing for litter’ e con la raccolta e il riciclo di quelli plastici presenti sulle spiagge”. Il marine litter, oltre al devastante impatto sull’ambiente, ha anche drammatiche conseguenze sugli esseri viventi: l’ingestione dei rifiuti di plastica è stata documentata in oltre 180 specie marine. Senza contare che, secondo uno studio commissionato ad Arcadis dall’Unione europea, costa all’Europa 478 milioni di euro all’anno solo per i settori di turismo e pesca, mentre per pulire tutte le spiagge europee il costo stimato è di 412 milioni di euro. Ma preoccupante è anche ciò che non si vede, ovvero le microplastiche: i rifiuti infatti non spariscono, ma si degradano e si frammentano in pezzi sempre più piccoli che hanno così una via facilitata per entrare nella catena alimentare e contaminarla.