“Valorizza, gestisci, ripristina, ama le zone umide”: è questo lo slogan lanciato dalla campagna globale 2022, in occasione della Giornata Mondiale delle Zone umide (World Wetlands Day). Ricorrenza che si celebra il 2 febbraio per ricordare l’anniversario della “Convenzione sulle zone umide di importanza internazionale”, firmata a Ramsar (Iran) nel 1971 e sottoscritta finora da 170 Paesi, che comprende una lista di circa 2.435 zone di importanza strategica internazionale, 66 in Italia.
La tutela e la valorizzazione delle zone umide rappresenta un impegno costante per Legambiente che presenta il Report sugli Ecosistemi Acquatici con una mappa di 15 best practices, citando una serie di progetti di successo nella gestione degli ambienti umidi e degli ecosistemi acquatici in tutta la Penisola: dalla tutela della trota mediterranea, al centro visite sulla lontra nel Parco nazionale del Gran Paradiso, al monitoraggio del fenicottero rosa del Parco nazionale del Gran Sasso, fino al censimento in Sicilia delle zone umide delle isole del Mediterraneo.
Buone pratiche che ci ricordano l’importanza delle aree acquitrinose, paludi, torbiere oppure zone naturali o artificiali d’acqua, permanenti o transitorie, comprese zone di acqua marina (con meno di 6 m. di profondità). Ecosistemi con alto grado di biodiversità che accolgono e conservano una diversità biologica di piante, uccelli, mammiferi, rettili, anfibi, pesci e invertebrati e significativi per il raggiungimento degli obiettivi europei e mondiali al 2030 nella stabilizzazione delle emissioni di gas serra e nella mitigazione degli impatti dei cambiamenti climatici. Quest’anno oltre 45 gli appuntamenti organizzati nella Penisola da Legambiente, che si aprono il 2 febbraio con la presentazione del Report dal titolo “Conservazione degli ecosistemi acquatici, pianificazione del territorio e coinvolgimento: una strategia per la tutela della biodiversità” in diretta sui canali social di Legambiente.
“La scelta di presentare quest’anno il Report sugli Ecosistemi Acquatici e una mappa delle buone pratiche è importante, dichiara Antonio Nicoletti, Responsabile nazionale aree protette e biodiversità di Legambiente. Nella strategia d’azione del cigno verde a tutela delle zone umide è fondamentale la condivisione della conoscenza, esempi di successo che contribuiscono alla valorizzazione di questi ambienti ricchi di biodiversità ma estremamente fragili e diffusi in tutto il territorio nazionale che devono aumentare ancora per contribuire a raggiungere l’obiettivo del 30% di territorio protetto entro il 2030: ampliare l’estensione delle zone umide protette (includendo le 1.520 inventariate dal PMWI), restaurare le aree degradate, integrare la conservazione della natura nei settori produttivi, ridurre le minacce ed i rischi naturali e combattere gli effetti del climate change, una partita in cui queste aree giocheranno un ruolo decisivo”.
L’Italia custodisce uno dei patrimoni più ricchi di biodiversità d’Europa, con circa il 37% del totale della fauna euromediterranea e una flora costituita da oltre 6.700 specie di piante vascolari. Una ricchezza messa a rischio dai fenomeni come l’inquinamento diffuso, l’urbanizzazione, l’agricoltura intensiva, l’eccessivo sfruttamento delle risorse, i crescenti impatti delle specie aliene invasive e i cambiamenti climatici che, secondo l’ONU, hanno già avuto un impatto globale negativo sul 47% dei mammiferi terrestri e il 23% degli uccelli. Secondo l’IPBES (Intergovernmental Platform on Biodiversity and Ecosystem Services) in Europa la perdita di biodiversità continua a un ritmo allarmante: il 39% delle valutazioni delle specie di uccelli selvatici e il 63% delle valutazioni delle altre specie protette sono in uno stato scadente, mentre solo il 15% delle valutazioni degli habitat protetti mostrano un buono stato di conservazione. Secondo i dati della prima Lista Rossa Europea degli Habitat, su 490 habitat (terrestri e marini) catalogati in 35 paesi europei, oltre un terzo degli habitat terrestri sono attualmente in pericolo di scomparsa.