La sfida globale che sta impegnando le grandi potenze in un confronto a tutto campo su scala internazionale trova indubbiamente nell’innovazione tecnologica un campo di battaglia privilegiato. Sviluppo e diffusione dell’Intelligenza artificiale rappresentano i più importanti fattori per l’acquisizione del vantaggio competitivo. Usa e Cina sono i campioni in questa gara, mentre l’Europa arranca in seconda fila ma può recuperare. In effetti, se i 28 Paesi europei sviluppassero l’attuale potenziale dell’intelligenza artificiale (AI) e lo diffondessero sul territorio, l’intero continente potrebbe incrementare di circa 2.700 miliardi (+19%) il proprio Pil entro il 2030. E’ una stima contenuta nel rapporto di McKinsey & Company. Secondo gli esperti, l’Europa ha il potenziale per colmare il divario che la separa dai Paesi leader mondiali – in primis Usa e Cina, che sono capofila – nell’implementazione delle tecnologie digitali e nello sviluppo dell’AI.
La digitalizzazione funge da presupposto alla diffusione dell’AI, ma il divario digitale dell’Europa con America e Cina – si legge – non si è ridotto negli ultimi anni. Il contributo del digitale al Pil è pari all’1,7% per l’Europa (in Italia il valore è fermo all’1,2%), contro il 2,2% in Cina e il 3,4% in Usa. Solo due aziende europee sono presenti nella top 30 mondiale delle organizzazioni leader nel digitale, e l’Europa ospita solo il 10% dei cosiddetti “unicorni digitali” del mondo, cioè le startup che valgono più di un miliardo di dollari. E’ vero, però, che l’Europa conta il 25% di startup in ambito AI su scala globale, ma è in ritardo – prosegue il rapporto – sia per quanto riguarda gli investimenti (il capitale investito pro-capite è pari a 220 euro in Usa, mentre in Europa varia dai 3 euro in Italia fino ai 58 euro in Finlandia e ai 123 euro in Svezia), sia per quanto riguarda la diffusione.