Nessuna paura: al centro della transizione digitale c’è sempre e solo l’uomo. Nasce, infatti, per rispondere ai bisogni delle persone, aiuta il lavoro dell’uomo (e non lo sostituisce) e porta a una crescita globale delle imprese e della società. Questa in sintesi la strada indicata da economisti, professionisti, innovatori e accademici che si sono confrontati al convegno 2017 di Inaz: la società milanese, specializzata in software e servizi per la gestione delle risorse umane, sotto la guida scientifica dell’economista Marco Vitale, ha scelto il tema “Il percorso dell’impresa nell’era digitale” per fare il punto sullo stato dell’arte italiano in materia di innovazione, sulle paure e sulle storture che la rivoluzione tecnologica si porta dietro, ma anche e soprattutto sulle opportunità che il futuro riserva alle imprese e ai lavoratori: «La digitalizzazione sta cambiando il mondo e inevitabilmente anche il lavoro e le imprese –ha dichiarato in apertura Linda Gilli, presidente e amministratore delegato di Inaz–. La nostra convinzione è che tutte le imprese, sia private che pubbliche, debbano percorrere con forza e determinazione questa strada per crescere e durare nel tempo».
Se è vero, come hanno ribadito gran parte dei relatori, che ci si trova di fronte a una vera e propria rivoluzione culturale, allora la scelta di Linda Gilli, presidente e ad di Inaz, di far dialogare su questo tema accademici, professionisti e diverse generazioni di imprenditori, ha contribuito a tracciare quella strada.
L’87% degli italiani è, dunque, ottimista sugli effetti della digitalizzazione e l’85% dei lavoratori disposto ad aggiornarsi. «Non siamo un Paese innovativo. Ma siamo un Paese di innovatori», ha fatto notare l’economista Marco Vitale in apertura dei lavori. La conferma è arrivata dai numeri commentati da Virginio Cantoni, professore di sistemi per l’elaborazione delle informazioni all’Università di Pavia. Se è vero che l’Italia è al 25° posto nella classifica UE della digitalizzazione, che mancano 33mila specialisti in tecnologia e che siamo solo quarantesimi al mondo per punteggio GTCI (Global Talent Competitive Index), è però sorprendente notare che l’87% degli italiani si dichiara ottimista sugli effetti della digitalizzazione e l’85% dei lavoratori si dichiara disponibile a investire tempo libero per aggiornarsi.
Insomma, gli italiani sono pronti ad affrontare le sfide dell’innovazione. Ai nostri governanti il compito di pianificare interventi a lungo termine (il Piano Industria 4.0 va nella giusta direzione, ma non basta) per non far perdere all’Italia questo treno.