Nel 2020 diminuisce la produzione di rifiuti urbani rispetto al 2019, mentre raggiunge il 63% la quota di raccolta differenziata che nel 2019 era pari al 61,3%. Sono più del 90% le famiglie che dichiarano di aver sempre effettuato la raccolta differenziata nel 2021 (91,8% per la carta, 90,8% per la plastica e 91,1% per il vetro). In crescita anche la differenziazione dell’umido/organico (86,7% dall’83,9% del 2018), quella dell’alluminio (81,3% dal 71,3%), la raccolta costante di farmaci (84,8% dal 48,2%) e di batterie (52,8% dal 45,6%).
In calo i rifiuti urbani, rallenta la crescita della differenziata
Nel 2020, i rifiuti urbani prodotti in Italia, rilevati dal catasto rifiuti dell’Ispra, sono stati pari a 28,9 milioni di tonnellate. Dalle elaborazioni effettuate, i rifiuti urbani risultano il 3,6% in meno rispetto al 2019, passando da 502,7 a 487,0 kg per abitantei . Il calo nella produzione dei rifiuti urbani è da attribuire soprattutto alle restrizioni di contrasto ai rischi pandemici che hanno caratterizzato il 2020. La flessione si è verificata in tutte le ripartizioni, in modo più consistente nel Centro (-5,4%), seguono Nord (-3,4%) e Mezzogiorno (-2,6%). La raccolta differenziata raggiunge il 63% del totale dei rifiuti urbani nel 2020, 1,8 punti percentuali in più rispetto al 2019. Tuttavia, la crescita rallenta rispetto all’aumento medio annuo rilevato nel triennio precedente (+2,9 punti percentuali). Nel Nord-est si producono maggiori quantità di rifiuti urbani (540,6 kg per abitante) ma nel contempo si raggiunge la quota più elevata di raccolta differenziata (73,3%). Seguono il Centro (521,7 kg per abitante), il Nord-ovest (478,8), le Isole (443,6) e il Sud (441,2). Oltre al Nord-est, anche il Nord-ovest, con il 68,7%, supera il target del 65% di raccolta differenziata mentre le altre ripartizioni si attestano decisamente al di sotto: il Centro al 59,2%, il Sud al 55,1% e le Isole al 50,3%. In quest’ultimo caso si rileva però l’incremento maggiore (+3,1 punti percentuali in più rispetto all’anno precedente).
Più progressi nella differenziata nelle regioni con meno rifiuti urbani
A livello regionale, la riduzione nella produzione di rifiuti prodotti si è verificata ovunque, tranne in Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste dove la quantità è rimasta stabile. In Calabria e nelle province autonome di Trento e Bolzano-Bozen si rileva il calo più consistente (oltre il 6%). Le regioni con maggiori quantità di rifiuti urbani pro capite sono Emilia-Romagna (639 kg per abitante; e 72,2% di raccolta differenziata), Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (609,2 e 64,5) e Toscana (583,1 e 62,1). La Calabria è la regione con la più bassa quantità di rifiuti urbani per abitante (381,4 kg per abitante; 52,2% di raccolta differenziata, +4,3 punti percentuali nel 2020 sul 2019). A seguire Molise (366,7 kg per abitante) e Basilicata (343,6), dove si raccoglie in modo differenziato rispettivamente il 55,5% e il 56,4% dei rifiuti urbani (+5,1 e +7,0 punti percentuali rispetto all’anno precedente). La quota di raccolta differenziata dei rifiuti urbani aumenta in tutte le regioni, fatta eccezione per la provincia autonoma di Trento (-0,9 punti percentuali rispetto al 2019) e la Valle D’Aosta/Vallée d’Aoste (-0,6 punti percentuali). Nonostante il lieve calo, nella Provincia autonoma di Trento si ha la quota più alta di raccolta differenziata (76,7%) e una produzione di rifiuti urbani pro capite inferiore alla media nazionale (486,4 kg per abitante). A seguire il Veneto (76,1% di raccolta differenziata e 476,1 kg per abitante di rifiuti urbani), la Sardegna (74,5% di raccolta differenziata e 444,4 kg per abitante di rifiuti urbani prodotti) e la Lombardia (73,3 e 467,8).Nel 2020, la popolazione residente nei comuni che hanno raggiunto l’obiettivo del 65% di raccolta differenziata dei rifiuti urbani è pari al 56,7% del totale. Tra le ripartizioni, la percentuale più elevata è nel Nord-est (77,8%), seguono Nord-ovest (67,0%), Centro (49,4%), Isole (40,5%) e Sud (40,4%) La quota scende al 4,5% per i centri di area metropolitana, dei quali soltanto Cagliari e Venezia hanno conseguito l’obiettivo, e si attesta al 67,0% nelle periferie dell’area metropolitana.
Centri di area metropolitana: più rifiuti urbani e meno raccolta differenziata
Nel 2020, i comuni centro di area metropolitanaiv hanno risentito di più delle restrizioni pandemiche, come emerge dal calo del 9,2% dei rifiuti urbani. Malgrado ciò è proprio in questa tipologia di comuni che si registra il valore pro capite più alto di rifiuti prodotti rispetto alla media nazionale (521,5 kg per abitante) e quello più basso di raccolta differenziata (che scende da 44,4% nel 2019 a 43,7%). Nei comuni della periferia dell’area metropolitana, i rifiuti urbani prodotti sono invece pari a 451,9 kg pro capite (-1,1% sul 2019) e la quota di raccolta differenziata è del 67,3% (era 65,9% nel 2019). Riguardo ai comuni fuori delle aree metropolitane, al crescere della dimensione demografica aumenta la quantità di rifiuti urbani prodotti per abitante. Nei piccoli comuni (fino a 2mila abitanti) si ha la più bassa quantità pro capite (451,9 kg), anche se in aumento rispetto all’anno precedente (+2,2%). I comuni medio-piccoli (da 2.001 fino a 10mila abitanti) producono 459,7 kg per abitante di rifiuti urbani e raggiungono il 70,2% di differenziata, per quelli di media dimensione (da 10.001 a 50mila abitanti) i valori sono pari rispettivamente a 497,3 kg per abitante e 68,3%. Infine, nei grandi comuni (da 50.001 abitanti e più) i rifiuti urbani ammontano a 517,9 kg per abitante mentre la raccolta differenziata si attesta al 60,9%
Target di differenziata raggiunto in oltre la metà dei comuni capoluogo
Il 31,9% della produzione nazionale di rifiuti urbani proviene dai 109 comuni capoluogo (9,2 milioni di tonnellate), dove risiede il 30% della popolazione. La quota di raccolta differenziata nei capoluoghi raggiunge il 52,5%, con una crescita di 0,8 punti percentuali sul 2019, nettamente inferiore alla crescita media annua registrata nel triennio precedente (+2,5 punti percentuali). Nel 2020, 56 capoluoghi hanno superato il target del 65% (51 nel 2019 e 17 nel 2015). Tra questi svettano Treviso, Ferrara e Pordenone con oltre l’87%. In 37 capoluoghi si registra una quota di raccolta differenziata inferiore rispetto all’anno precedente; il calo più consistente si rileva a Catania, che passa da 14,5% a quota 9,7% di raccolta differenziata. In sei capoluoghi si registra invece un incremento di oltre 10 punti percentuali: ad esempio a Siracusa e Messina.
In costante miglioramento il comportamento delle famiglie
Nel 1998v l’Istat inizia a rilevare i comportamenti e le opinioni delle famiglie sulla raccolta differenziata. Da allora, la percentuale di famiglie che dichiarano di effettuare “sempre” la differenziazione di tutti i tipi di rifiuti ha registrato un aumento costante, per effetto sia dei provvedimenti normativi sia della crescente sensibilità ambientale. In particolare, le famiglie che dichiarano di differenziare sempre i contenitori in plastica passano dall’87,1% del 2018 al 90,8% del 2021. Invece quelle che differenziano sempre i contenitori in vetro sono il 91,1% nel 2021 dall’85,9% del 2018, una quota da sempre più alta rispetto agli altri tipi di rifiuti e in costante crescita. Per la carta l’andamento è simile a quello del vetro: 91,8% nel 2021 da 86,6% nel 2018. In decisa crescita nel tempo anche la raccolta di batterie esauste (dal 45,6% nel 2018 al 52,8% nel 2021) e di farmaci scaduti (dal 48,2% al 54,6%). Ma la crescita più sostenuta nei tre anni considerati si registra per la raccolta dei contenitori in alluminio (dal 71,3% all’81,3%) (Figura 2). Sul territorio la quota di famiglie che differenziano costantemente i rifiuti è più alta al Nord ma la distanza con le altre zone del Paese si è ridotta nel tempo grazie alla progressiva diffusione di buone prassi, come il servizio di raccolta porta a porta attivato in molti comuni italiani.
Carta, vetro e plastica: Sud e le Isole in ritardo
Nel 2021 la percentuale di famiglie che differenziano costantemente la carta supera o eguaglia la media nazionale nel Nord-ovest (94,8%), nel Nord-est (93,5%) e al Centro (91,9% nel 2021). In coda il Sud (89,5%, +5 punti percentuali sul 2018) e le Isole (85,3%, +15 punti percentuali) ma le distanze vanno progressivamente attenuandosi. Il vetro, da sempre uno dei rifiuti maggiormente differenziato, è raccolto costantemente dal 94,6% delle famiglie del Nord-ovest, mentre il valore minore, ma in decisa crescita, si rileva nelle Isole (84,9% di famiglie). Analoga situazione per la raccolta dei contenitori in plastica (rispettivamente 93.3% e 84,9%). Nel 2021 rimane stabile a livello nazionale la quota di famiglie che effettuano la raccolta differenziata dei rifiuti organici (umido), ma le regioni del Sud e delle Isole recuperano lo svantaggio degli anni precedenti e per tutte le ripartizioni il valore si attesta a circa l’86%. Questo incremento può essere collegato alla diffusione della raccolta porta a porta che obbliga alla separazione dei rifiuti organici. Per farmaci scaduti e batterie esauste si evidenzia un forte aumento in tutte le ripartizioni del numero di famiglie che li differenziano tra il 2018 e il 2021.
Sempre più famiglie servite dalla raccolta porta a porta
Nel 2021 poco più del 73% delle famiglie dichiara di essere servita dal servizio di raccolta dei rifiuti porta a porta (66% nel 2018). In media il livello di soddisfazione del servizio è buono e stabile negli ultimi anni. Infatti, si definiscono molto soddisfatte il 25,7% delle famiglie (circa il 29% nel Nord-ovest, il 31% nel Nord-est, il 25,9% al Centro, il 21,7% nel Sud e il 18,1% nelle Isole) (Figura 3). Nei centri di piccole dimensioni i livelli di soddisfazione sono più alti: le famiglie molto soddisfatte sono il 32,0% nei centri con meno di 2mila residenti contro il 17,0% di quelle che risiedono nei centri dell’area metropolitana.
Sempre meno gli insoddisfatti per il costo della raccolta dei rifiuti
Nel 2021 il 58,6% delle famiglie reputa elevato il costo dei rifiuti (in diminuzione dal 2018 quando erano il 68,2%), il 37,2% lo definisce adeguato e solo lo 0,9% lo giudica basso. Nelle aree dove non c’è ancora una diffusione ottimale dei vari servizi di raccolta differenziata dei rifiuti il costo del servizio è giudicato meno soddisfacente. Le famiglie residenti nelle Isole sono le più insoddisfatte del costo della raccolta e smaltimento dei rifiuti, ben il 70,9% lo giudica elevato ma la quota è in diminuzione di circa 10 punti percentuali rispetto al 2018. Nel Nord-ovest le famiglie sono meno critiche, dà un giudizio di costi elevati il 50,9% delle famiglie, circa 9 punti percentuali sotto la media nazionale. Considerando la dimensione demografica, nei comuni sotto i 2mila abitanti una famiglia su due percepisce come adeguato il costo del servizio contro il 27,6% nei centri di grandi dimensioni. In Sicilia e in Umbria supera il 70% la quota di famiglie critiche sul costo della raccolta dei rifiuti, definito adeguato da circa il 49% delle famiglie sia della Provincia Autonoma di Trento che della Lombardia; seguono Molise (47,6%) e Friuli Venezia-Giulia (42,4%). Tranne il Molise, le regioni del Sud mostrano la percentuale più bassa di famiglie che ritengono adeguato il costo del servizio di raccolta rifiuti toccando il minimo del 23,2% in Sicilia (33,2% la media nazionale).
Frequenza della raccolta dei rifiuti e sgravi fiscali punti critici per le famiglie
Nel 2021 le famiglie servite dal servizio di raccolta dei rifiuti porta a porta si dichiarano insoddisfatte soprattutto per la frequenza della raccolta dei rifiuti (57,3%). Nell’ordine seguono problemi legati agli odori dei rifiuti organici non raccolti (40,3%), agli orari (32,3%) e alla gestione dei sacchetti/contenitori destinati alla raccolta (28,0%). Quasi tre famiglie su 10 non sono convinte che i rifiuti vengano separati adeguatamente una volta raccolti e una quota del 17,2% non è soddisfatta delle informazioni ricevute. La frequenza e gli orari di raccolta sono avvertiti come problema soprattutto dai residenti nei comuni centro dell’area metropolitana (69,9% e 41,2% di famiglie insoddisfatte) mentre nei comuni con meno di 2mila abitanti le quote sono decisamente più basse (52,9% e 23,6%). Il maggiore scetticismo rispetto alla reale separazione dei rifiuti dopo la raccolta è emerso tra le famiglie residenti nelle regioni del Sud (33,0% rispetto al 27,0% della media nazionale). Secondo le famiglie la presenza di detrazioni o agevolazioni fiscali migliorerebbe in termini sia quantitativi che qualitativi la partecipazione alla raccolta differenziata (88,8%); inoltre sarebbero di ausilio maggiori garanzie di un effettivo riciclo (69,9% delle famiglie interessate) e la presenza di sanzioni /multe per chi non differenzia i rifiuti (61,7%). Al Sud e nelle Isole (in particolare in Sicilia, Calabria e Campania), che in alcuni casi mostrano ancora un ritardo nella diffusione della raccolta differenziata (sia porta a porta sia tramite cassonetti o stazioni ecologiche), quote maggiori di famiglie esprimono l’esigenza del servizio porta a porta, di disponibilità di contenitori vicino alle abitazioni, di maggiori garanzie di riciclo dei rifiuti. Si osserva anche una quota più elevata, insieme alle regioni del Centro, di famiglie che considerano utili le detrazioni o le agevolazioni fiscali e tariffarie per aumentare la partecipazione alla raccolta differenziata.
Stazioni ecologiche usate soprattutto per apparecchi elettrici e rifiuti ingombranti Nel 2021 le stazioni ecologiche, presenti in modo eterogeneo sul territorio, sono utilizzate da circa il 54% delle famiglie residenti in Italia, valore in crescita rispetto agli anni precedenti (49,2% nel 2018). Forte il differenziale territoriale: conferiscono i rifiuti nelle stazioni ecologiche il 68,5% delle famiglie del Nord-est, il 63,9% di quelle residenti nel Nord-ovest e il 53,9% delle famiglie del Centro. Nel Sud e nelle Isole conferiscono rifiuti nelle stazioni ecologiche, rispettivamente, il 35,2% e il 39,8% delle famiglie. I rifiuti che vengono più frequentemente conferiti sono gli apparecchi elettrici ed elettronici (54,9%), seguiti dai rifiuti ingombranti (50,3%). Poco utilizzate le stazioni ecologiche per pneumatici, rifiuti tossici, farmaci scaduti, materiali inerti. Stabile, rispetto al 2018, il conferimento di olii esausti, batterie usate e legno.
Unione europea sempre alla guida per le buone pratiche sui rifiuti
Al fine di disaccoppiare ciclo economico e pressione ambientale dovuta ai rifiuti, favorendo l’approdo all’economia circolare, l’Unione europea (Direttiva 2008/98/CE) mette al primo posto la prevenzione e la riduzione dei rifiuti attraverso buone pratiche e riuso, seguite dalla preparazione al riutilizzo e riciclaggio, da altri tipi di recupero (ad es. energetico) e, infine, dallo smaltimento di rifiuti non riciclabili. La gestione dei rifiuti in ogni sua fase deve essere, quindi, orientata al rispetto della sostenibilità, al fine di ridurre i danni alla salute umana e all’ambiente. Le amministrazioni comunali rivestono un ruolo di particolare importanza nell’applicazione di politiche di prevenzione, riduzione e riciclo dei rifiuti urbani e di servizi per favorirne il corretto conferimento. Nel 2020vi , considerando il numero complessivo di azioni poste in essere dai 109 comuni capoluogo(quelle esaminate sono 30), le città che attuano il maggior numero di politiche e servizi (almeno 18) sono 26, quasi tutte al Nord. Tra queste, i comuni centro dell’area metropolitana di Torino, Genova, Milano, Venezia e Bologna. Sono invece 47 i capoluoghi che adottano circa la metà delle iniziative considerate (da 14 a 17), soprattutto al Nord e nel Mezzogiorno (40,4%) e meno al Centro (19,1%). Infine, i restanti 35 comuni applicano da quattro a 13 tra politiche e servizi; questi comuni sono concentrati soprattutto nel Mezzogiorno (54,3%); seguono il Centro (25,7%) e il Nord (20,0%).
Prevenzione e riduzione dei rifiuti urbani, meglio i capoluoghi del Nord Le politiche di prevenzione e riduzione dei rifiuti urbani più diffuse nel 2020 riguardano le buone pratiche in uffici, scuole e nidi comunali , come la riduzione dell’uso di carta o plastica, e le iniziative per promuovere l’approvvigionamento di acqua potabile di qualità in spazi pubblici, come le “casette dell’acqua”, attuate rispettivamente dal 67,6% e 65,7% dei capoluoghi, di cui circa la metà si trova al Nord. Tra i comuni centro di area metropolitana, Torino, Milano, Venezia e Firenze le attuano entrambe, oltre a Padova tra i comuni con più di 200mila abitanti . Particolarmente diffuse sono anche le campagne di sensibilizzazione in tema di prevenzione, svolte dal 54,6% dei capoluoghi, dei quali il 54,2% al Nord, il 28,8% nel Mezzogiorno e il 16,9% al Centro. Meno praticati l’uso di stoviglie biodegradabili o lavabili in sagre o eventi (nel 47,2% dei capoluoghi, 54,9% del Nord, 23,5% al Centro e 21,6% nel Mezzogiorno) e la diffusione di mercatini dell’usato, punti di scambio o centri di riuso, presenti nel 41,7% dei capoluoghi, soprattutto nelle città del Nord (60,0%), meno al Centro e nel Mezzogiorno (20,0%). Le azioni per ridurre gli sprechi alimentari interessano invece solo il 33,3% dei capoluoghi: il 75,0% di quelli del Nord (tra cui i comuni centro dell’area metropolitana di Torino, Genova, Milano e Venezia) e, rispettivamente, il 13,9% e l’11,1% di quelli del Mezzogiorno e del Centro. Il 30,6% delle città applica riduzioni tariffarie alle utenze non domestiche che devolvono in beneficienza generi alimentari non deteriorati o prodotti dismessi.
Riduzione della tariffa l’incentivo più diffuso per il compostaggio domestico
In tema di riciclo, una politica largamente attuata dai comuni capoluogo, senza differenze territoriali, riguarda la pratica del compostaggio, processo che trasforma i rifiuti organici in fertilizzante. Nel 2020, l’81,5% dei capoluoghi (tra cui tutti i comuni centro di area metropolitana, ad eccezione di Torino e Milano) applica agevolazioni alle utenze domestiche che lo effettuano. L’incentivo più diffuso è la riduzione della tariffa alle utenze domestiche che praticano il compostaggio domestico, prevista nel 75,0% dei capoluoghi (il 17,3% dei quali la prevede anche per le utenze non domestiche). La distribuzione gratuita della compostiera si ha nel 48,1% dei casi mentre il 10,2% dei capoluoghi offre corsi di compostaggio domestico. Il 51,9% dei capoluoghi prevede riduzioni tariffarie alle utenze non domestiche che avviano al riciclo i loro rifiuti urbani, soprattutto al Nord. Sono numerosi i servizi offerti dalle città per incentivare il corretto conferimento dei rifiuti. Alcuni sono diffusi in oltre il 90% dei capoluoghi, come i servizi di raccolta di rifiuti abbandonati, il ritiro su chiamata, la raccolta porta a porta , i centri di raccolta e la raccolta differenziata nelle scuole. Uno strumento per incentivare il corretto conferimento dei rifiuti urbani riducendo la quota degli indifferenziati è la tariffazione puntuale. Nel 2020, il 38,0% dei capoluoghi è dotato di un servizio di raccolta idoneo alla tariffazione puntuale (35,2% nel 2019) ma soltanto il 41,5% di questi comuni l’ha applicata, nessuno tra quelli metropolitani.
Molto diffusa la gestione ecosostenibile nelle istituzioni dei comuni capoluogo
In termini di gestione sostenibile delle proprie strutture, nel 2020xv tutti i comuni capoluoghi effettuano la raccolta differenziata all’interno di almeno una delle unità locali dell’amministrazione comunale per determinate categorie di rifiuti e la raccolta differenziata di carta e toner presso almeno una delle proprie sedi. La raccolta differenziata di plastica e vetro è invece effettuata nel 98,2% dei capoluoghi, quella del vetro nel 96,3%. Il 90,1% dei capoluoghi attua la raccolta differenziata di metallo, pile e apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee) in almeno una delle proprie sedi. Raccolgono contemporaneamente carta, plastica e toner presso tutte le unità locali dell’amministrazione comunale 18 capoluoghi, tra cui Milano. Sono 44 quelli che lo fanno in più dell’80% delle proprie sedi, tra cui Torino, Venezia e Bologna. Confrontando questi ultimi indicatori sulla gestione interna delle unità locali con la quota di raccolta differenziata del 2020, le politiche di prevenzione e i servizi per il corretto conferimento dei rifiuti urbani, emerge che tutti i comuni capoluogo, con il 65% e oltre di differenziata, raccolgono separatamente, in almeno una delle loro sedi, non meno di quattro tipologie di rifiuti tra quelle considerate e la maggior parte di essi (70,1%) adotta almeno 14 tra politiche e servizi in esame (in tutto 30) volti alla gestione sostenibile dei rifiuti urbani.
Fonte: ISTAT