Il settore dell’Intelligenza artificiale è in piena espansione a livello globale, ricevendo circa 93,5 miliardi di dollari di investimenti privati nel 2021, più del doppio degli investimenti privati totali nel 2020. Si prevede che la dimensione del mercato globale dell’IA crescerà a un tasso del 42,2% nel periodo 2020-2027. Secondo l’Osservatorio del MIP, in Italia il mercato è cresciuto del +27% nel 2021, raggiungendo quota 380 milioni di euro, un valore raddoppiato in appena due anni. In un rapporto del 2020 della Brookings Institution si evidenzia che l’Italia ha il piano di sviluppo più completo al mondo, è seguita da Francia, Germania, Nuova Zelanda e Stati Uniti. Nonostante ciò, Francesco Amendola, uno degli autori della ricerca della Rome Business School “L’Italia tra digitalizzazione e intelligenza artificiale. Il ruolo del PNRR nel costruire l’Italia del futuro”, afferma che “le tecnologie più innovative e che possono apportare i maggiori vantaggi competitivi per le aziende, non trovano i giusti presupposti e finanziamenti nell’ambito del PNRR: in particolare Blockchain e Intelligenza Artificiale”.
La ricerca comunque evidenzia che l’Italia rimane tra i leader a livello mondiale in ambito IA. Attualmente, le università italiane offrono più di 200 curriculum in IA distribuiti e non solo, l’Italia nel 2021 ha lanciato uno dei più grandi e ambiziosi dottorati in intelligenza artificiale a livello mondiale chiamato Dottorato Nazionale in “Intelligenza Artificiale”. Inoltre, ospita diverse infrastrutture di ricerca di alto livello, è uno dei membri fondatori della Global Partnership on Artificial Intelligence (GPAI) e i ricercatori italiani partecipano a tutte le principali reti di ricerca internazionali sull’IA, comprese le reti UE più prestigiose, come CLAIRE ed ELLIS. Non mancano, comunque, diversi punti di debolezza quali: frammentarietà della ricerca, insufficiente attrazione di talenti, significativo divario di genere (solo il 19% dei ricercatori di IA sono donne), e limitata capacità brevettuale. Dal punto di vista dell’ecosistema imprenditoriale, tuttavia, l’Italia registra un numero crescente di start-up con competenze IA. Esistono oltre 110 spin-off universitari o start-up collegate a centri di ricerca nel 2020 e, secondo una ricerca condotta dalla School of Management del MIP, il 53% delle imprese medio-grandi italiane dichiarava di aver avviato almeno un progetto di IA. I settori che mostrano la maggiore diffusione di progetti pienamente operativi sono il manifatturiero (22% del totale dei progetti iniziati), bancario-finanziario (16%) e le assicurazioni (10%).
Secondo l’Indice di digitalizzazione dell’economia e della società della Commissione Europea (DESI) 2021, l’Italia si trova al ventesimo posto rispetto ai 27 Stati membri dell’UE. Attualmente, la trasformazione digitale rappresenta un mercato che incide per oltre il 4% del PIL e ha una tendenza crescente: il 67% delle aziende italiane nel 2021 ha messo in atto tecnologie digitali, rispetto al 58% dell’anno precedente (Confindustria, 2021). Nonostante ciò, in Italia permangono diversi fattori a ostacolare l’andamento di questa trasformazione come il digital divide e la minaccia degli attacchi cyber. Secondo un rapporto Auditel-Censis, circa il 10% delle famiglie italiane non ha alcuna connessione ad Internet, circa il 30% ha solo una connessione mobile e una famiglia su 4 ha solo uno smartphone per collegarsi ad Internet. Inoltre, secondo l’ISTAT, oltre il 25% delle famiglie ritiene che Internet non sia utile o interessante e quasi il 60% delle famiglie non sa utilizzare affatto Internet. Per quanto riguarda le conseguenze della pandemia sull’istruzione, si evidenzia che nel 2020 l’8% deli studenti è rimasto escluso da una qualsiasi forma di didattica a distanza (DAD), quota che sale al 23% se si considerano i soli studenti disabili. Un punto critico assai impattante è il continuo aumento degli attacchi cyber a livello mondiale.
Secondo un rapporto di Clusit (2021) gli attacchi sono aumentati del 10% rispetto all’anno precedente e sono stati sempre più gravi. In Italia, si è registrata una percentuale di compromissione dei server di quasi il 60% in più rispetto il 2020: i settori più colpiti sono Finance/Insurance e la Pubblica Amministrazione, per un totale di circa il 50% dei casi, mentre è il settore dell’Industria quello che ha presentato l’aumento più significativo, passando dal 7% del 2020 al 18% del 2021. Un rapporto ISTAT del 2021 evidenzia che in Italia solo il 20% delle imprese ha un elevato livello di adozione dell’ICT e solo il 30% delle imprese ricorre a processi produttivi ‘intelligenti’ e a dispositivi IoT. L’Italia si posiziona molto indietro nella classifica europea per sviluppo digitale, ciò è dovuto in particolare alla carenza di capitale umano: l’86% dei lavoratori italiani non ha le competenze digitali necessarie alle aziende (Salesforce, 2021). Rispetto ai 27 stati UE, l’Italia, è al 17mo posto per “fattori abilitanti della trasformazione digitale”, al 18º per digitalizzazione della PA, 23º per digitalizzazione e addirittura 25º per diffusione delle competenze digitali. In testa alla classifica delle economie digitali più avanzate dell’UE si trovano Danimarca, Finlandia, Svezia e Paesi Bassi, mentre Romania, Bulgaria sono i fanalini di coda.
L’Unione punta a far sì che entro il 2030 l’80% dei cittadini possieda competenze digitali di base, ma dal 2015 si è registrato un tasso di crescita annuo pari solamente allo 0,9%. Per raggiungere questo obiettivo strategico occorre che il tasso di crescita triplichi. Nonostante il ritardo nella digitalizzazione che l’Italia presenta rispetto agli altri stati europei, s’intravede un futuro promettente. Gli autori della ricerca hanno analizzato i dati di accesso ai principali servizi digitali evidenziando come in Italia il percorso di Trasformazione Digitale risulti ben intrapreso grazie allo sviluppo di piani aggiornati e per lo stanziamento di nuovi fondi, specialmente per quanto riguarda l’offerta di servizi digitali ai cittadini. A oggi, al servizio digitale PagoPA ha aderito finora il 99,4% dei Comuni italiani, l’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR) comprende tutti i Comuni del territorio nazionale, la Carta d’Identità Elettronica (CIE) fa segnare 22 milioni di accessi digitali, SPID conta 30 milioni d’identità digitali erogate e 570 milioni di accessi, l’App “IO” è stata scaricata da oltre 25 milioni di cittadini italiani, e il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) ha oltre 350 milioni di referti digitalizzati accessibili. A livello territoriale, rimane forte il divario Nord-Centro e Sud del Paese. L’Osservatorio Agenda Digitale del MIP nota che al primo posto per quanto riguarda la crescita digitale spicca la Provincia Autonoma di Trento con 57,5 punti, seguita dalla Lombardia con 56,2 e dalla Provincia Autonoma di Bolzano (56,1). A chiudere la classifica ci sono Basilicata, Calabria e Molise. Per far fronte al bisogno di digitalizzare del Paese, il PNRR prevede degli investimenti dedicati alla digitalizzazione della PA e alla formazione digitale del personale, così come il miglioramento della sicurezza online, lo sviluppo d’infrastrutture di cloud computing e punta a garantire una connettività a 1 Gbps per tutti e la piena copertura 5G delle aree popolate entro il 2026, con 4 anni d’anticipo rispetto all’obbiettivo UE. Sarà anche significativo l’investimento per l’espansione dei dottorati di ricerca e dottorati innovativi, specie considerando che: attualmente il numero di dottorati di ricerca conseguiti in Italia è tra i più bassi nella UE; circa il 20% delle persone che completano un dottorato di ricerca si trasferisce all’estero; chi, pur avendo completato il dottorato rimanga in Italia, soffre di un profondo disallineamento tra l’alto livello di competenze avanzate acquisite e il basso contenuto professionale che incontra sul luogo di lavoro.