Robot, automazione, industria 4.0, sono parole senza senso se non fanno il paio con Intelligenza Artificiale. I Paesi più avanzati sono tutti in corsa per sviluppare sistemi tecnologici sofisticati in questo settore. La gara è aperta e certamente condizionerà gli esiti della competitività economica globale nell’immediato, e soprattutto nel prossimo futuro. La questione è talmente importante che l’Istituto per la Competitività (I-Com) ha stilato una classifica apposita dalla quale risulta che l’Italia è quindicesima in Europa per potenzialità nell’intelligenza artificiale, di poco sopra la media dei Paesi Ue, ma ancora indietro sulle competenze, in particolar modo quelle relative all’analisi e all’utilizzo dei big data. Al top della lista, invece, il Belgio seguito da Olanda, Malta e Danimarca. Sorprende la Germania, generalmente all’avanguardia, che ha ottenuto lo stesso punteggio dell’Italia – 88 punti su 100 – mentre la Francia è quint’ultima con soli 73 punti, ben al di sotto della media europea (85 punti). Questo il quadro complessivo che emerge dal rapporto “Italy of Things. Per cittadini e imprese connessi al futuro”, presentato oggi a Roma nel corso di un evento al quale hanno partecipato oltre trenta relatori tra accademici, esperti, rappresentanti delle istituzioni e del mondo delle imprese. Iniziativa realizzata in collaborazione con Eolo, Eutelsat, Hewlett Packard Enterprise, Open Fiber, Ray Way, Tim e Vodafone.
Curata dal presidente dell’istituto, l’economista Stefano da Empoli e dal direttore dell’area digitale, Silvia Compagnucci – l’indagine analizza in maniera approfondita l’evoluzione dell’intelligenza artificiale in Italia, focalizzandone in particolare le linee tendenziali di sviluppo nel medio periodo. E’ previsto che il mercato crescerà a un tasso medio annuo del 65% nel periodo 2017-2022 fino a raggiungere i 300 milioni di euro nel 2022 da un valore di partenza di 24 milioni nel 2017. Più del 70% delle realtà che si occupano d’intelligenza artificiale nel nostro Paese sono aziende o startup, seguite da università (11%) e centri di ricerca (10%). La maggior parte si trova in Lombardia (21%), Lazio (18%), Emilia Romagna (12%) e Campania (9%). Le tecnologie IA maggiormente diffuse nelle varie realtà nazionali sono il machine learning e il deep learning, seguiti da sistemi di elaborazione del linguaggio naturale e chatbot.
“L’intelligenza artificiale è una delle tecnologie più promettenti dei nostri tempi che contribuirà a risolvere alcuni dei più grandi problemi del secolo: dal trattamento delle malattie croniche alla lotta ai cambiamenti climatici fino all’anticipazione delle minacce cyber”, ha affermato da Empoli, che ha poi sottolineato l’importanza di varare al più presto una definita strategia nazionale in materia: “È difficile immaginare che l’Italia possa diventare un Paese leader nella produzione di hardware o software legati all’intelligenza artificiale, anche se in alcuni ambiti, specie B2B, è doveroso cimentarsi nella sfida internazionale. Quel che è certo è che, se il nostro Paese vuole rimanere sulla frontiera dello sviluppo economico e sociale, deve diventare quantomeno un leader nell’adozione delle tecnologie IA”. In questa prospettiva da Empoli ha anche rimarcato l’importanza dell’iniziativa assunta dal ministero dello Sviluppo economico che recentemente ha pubblicato un bando con l’intento di istituire un gruppo 30 esperti – tra cui rappresentanti d’imprese, associazioni di categoria, organismi e centri di ricerca, think tank, organizzazioni sindacali e associazioni dei consumatori – sul tema dell’intelligenza artificiale per arrivare a predisporre la strategia nazionale in materia. Il rapporto dell’Istituto per la Competitività si concentra, inoltre, sul settore delle tlc e del digitale. Secondo l’I-Com Broadband Index – l’indice elaborato dall’istituto per fotografare il diverso livello di sviluppo della banda ultra larga nei mercati nazionali europei delle telecomunicazioni, fisse e mobili – l’Italia è ventiquattresima nel Vecchio Continente. A guidare la classifica Ue è la Svezia, seguita da Lussemburgo, Danimarca, Olanda e Lettonia.
L’Italia, tuttavia, è il Paese che nell’ultimo triennio ha fatto registrare la crescita maggiore – in totale 9 punti – grazie soprattutto a sensibili incrementi nella diffusione delle infrastrutture, ma ciò non gli ha consentito di salire neppure un gradino della classifica europea, soprattutto per via di una domanda che non cresce a sufficienza. In questo senso devono dunque concentrarsi gli sforzi di Governo e Parlamento per fare in modo che utenti e imprese siano sempre più digitali. “Occorrono politiche di stimolo della domanda”, ha concluso da Empoli.