Le fabbriche stanno cambiando. Sono sempre più digitali e interconnesse. La quarta rivoluzione industriale è cominciata, anche in Italia, che è il secondo Paese manifatturiero d’Europa. Con qualche rischio e molte opportunità. Nel 2016 il Governo ha varato un piano dedicato. L’industria 4.0 scaturisce dalla quarta rivoluzione industriale, il processo che porterà alla produzione industriale del tutto automatizzata e interconnessa.
Dopo una serie di reiterati annunci, il 21 settembre 2016 il presidente del Consiglio Matteo Renzi e il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda hanno presentato l’atteso piano del governo per l’Industria 4.0 contenuto all’interno della legge di Bilancio 2017, approvata definitivamente dal Senato il 7 dicembre 2016. Il piano punta a mobilitare nel 2017 investimenti privati aggiuntivi per 10 miliardi, 11,3 miliardi di spesa privata in ricerca, sviluppo e innovazione con focus sulle tecnologie dell’Industria 4.0, più 2,6 miliardi di euro per gli investimenti privati early stage. Il provvedimento propone un mix di incentivi fiscali, sostegno al venture capital, diffusione della banda ultralarga, formazione dalle scuole all’università con lo scopo ultimo di favorire e incentivare le imprese ad adeguarsi e aderire pienamente alla quarta rivoluzione industriale.
Il 2017 è stato più volte annunciato come l’anno dell’Internet of Things e dell’Industria 4.0. Robot collaborativi e stampanti 3D tutti interconnessi, realtà aumentata a supporto dei processi produttivi ma soprattutto dati da comprendere e sfruttare al meglio per incrementare il business. Sono cresciuti del 9% gli investimenti nell’Industria 4.0 italiana da quando è stato varato il Piano del governo a settembre 2016 ed è aumentato anche il mercato del settore guadagnando un +25% con un valore raggiunto di 1,7 miliardi di euro.
A tratteggiare il quadro è stato il Co-Direttore dell’Osservatorio Industria 4.0 del Politecnico di Milano, Giovanni Miragliotta, intervenendo a “Industry4.0 360 Summit”, il convegno organizzato ieri a Roma dal gruppo Digital360, per delineare un primo bilancio sui risultati delle misure e degli incentivi del piano Industry 4.0. A crescere, ha evidenziato Migliarotta, “è stata anche la consapevolezza” delle imprese, piccole e grandi, e ormai “solo l’8% delle aziende italiane ormai non sa cosa sia, e cosa significhi per l’economia aziendale”, il Piano Industria 4.0 varato dal Governo. Un bel balzo in avanti, ha osservato, visto che nel 2016 era “il 38% delle aziende” nazionali ad ignorare la strada tracciata dall’esecutivo per la rivoluzione digitale aziendale.
“Sul totale degli investimenti industriali, tra gli 8-10 miliardi di euro, -ha indicato Migliarotta- la componente Indusria 4.0 è oggi pari al 15%”. “Il 28% delle aziende ha implementato al 2017 soluzioni 4.0” ha scandito ancora l’esperto degli Osservatori del PoliMi. Questo vuol dire, ha osservato ancora, che “la prima sfida, quella della consapevolezza, è vinta”.
E, a fronte di questo scenario, i protagonisti dell’industria, rappresentanti al summit, tra gli altri, dal presidente di Federmeccanica, Alberto Dal Poz, dal presidente di Confindustria Digitale, Elio Catania, e dal direttore delle Politiche industriali di Confindustria, Andrea Bianchi, hanno guardato in avanti per sondare cosa attendersi in questo fine 2017 e cosa chiedere ancora a Governo e stakeholder perché la trasformazione 4.0 sia una realtà indiscussa in Italia.
Al tavolo del confronto, preso la Camera dei Deputati di Via Campo Marzio, si sono seduti, insieme a rappresentanti delle aziende tecnologiche, anche il Capo della Segreteria Tecnica del ministro Carlo Calenda al Mise, Francesco Maria Cuccia, i deputati dell’Intergruppo Innovazione Stefano Quintarelli e Lorenzo Basso, i docenti della Bocconi Francesco Sacco e del Politecnico di Torino Emilio Paolucci. “Il primo problema che abbiamo verificato nelle aziende è la sicurezza del dato” ha segnalato Marcello Chìfari di Storm Replay. “Il dato -ha detto- è un fattore abilitante della produzione ma al primo posto c’è la sicurezza”.
“Il Cloud e gli Analytics sono i pilastri dell’Industria 4.0 eppure su questi ultimi nelle aziende mancano competenze” per cui “dobbiamo agire sull’utente finale” ha riferito il country sales manager di NetApp Italia, Marco Pozzoni. Il tema delle competenze è ritornato più volte nel confronto fra i relatori. “Una tematica vastissima è quella della formazione che come diritto completa il cerchio della competitività delle imprese” ha indicato il presidente di Federmeccanica, Alberto Dal Poz. “Un bilancio è prematuro, ma le prime indicazioni ci confermano che il Piano ha inciso sul mercato e sull’economia italiana”, ha stigmatizzato il numero uno di Confindustria Digitale, Elio Catania”.
“Non c’è dubbio che la leadership politica e concordata del Piano ha funzionato, ma ora siamo alla fase ‘zero’ e dobbiamo accelerare passando alla attuazione piena del Piano” ha rimarcato Catania. “L’Ocse, proprio oggi, ci segnala il gap digitale dell’Italia”, un Paese che “su 4 milioni di pmi ne vede 800 mila coinvolte nell’Industria 4.0. Ed è questa la vera sfida da cogliere” ha osservato il presidente di Confindustria Digitale. Tre i punti su cui Catania ritiene debbano essere compiuti passi avanti. “Innanzitutto -ha sollecitato Catania- non bisogna abbassare la guardia e l’economia digitale deve essere la priorità. Inoltre bisogna strutturare gli incentivi previsti dal Piano e riconfermati per il 2018 e allargarne il quadro ai progetti. Infine alzare i livelli di formazione portando da 8mila a 24mila i diplomati degli Istituti Tecnici Superiori e raddoppiando il numero degli ingegneri che fanno funzionare l’Industria 4.0”.